“Carrie” di Stephen King compie 50 anni. Il tabù delle mestruazioni, il bullismo e la violenza: storia di un libro ancora disturbante
Una madre fanatica, cattolica bigotta e visionaria, che considera la propria figlia come un peccato terreno poiché in possesso di un “dono particolare” e quindi nata nell’impurità. Un’adolescente soggiogata alla volontà della stessa, incapace di vivere la propria vita e privata del libero arbitrio. Carrie White, dolce sognatrice, è vittima delle sue naturali debolezza e, per questo, bullizzata ed emarginata nel modo più violento, immorale e mortificante. Un romanzo angosciante e claustrofobico, che proietta il lettore nei panni della sua protagonista e lo costringe a empatizzare con lei fino a provare emozioni fortissime: compassione o scherno che sia, la giovane Carrie non resta indifferente all’anima di chi ne legge le tristi vicisittudini.
“Carrie“, libro d’esordio di Stephen King, pubblicato il 5 aprile del 1974, compie cinquant’anni e, ora come allora, sa ancora essere profondamente disturbante. Un esordio letterario dove la speranza viene sacrificata sull’altare del dolore, in cui il lieto fine viene solo assaporato ed dove le perversioni della psiche umane si riflettono sull’innocenza di una teenager, Carrie White, diversa dalle sue coetanee ed emarginata dall’ambiente che la circonda, isolata nella giungla emotiva dell’età adolescenziale e sopraffatta dalle opprimenti inquietudini della madre.
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Lo scrittore del Maine non sapeva che avrebbe fatto centro né immaginava che il suo primo romanzo avrebbe suscitato tanto clamore anche per i temi trattati tra le sue righe: il tabù delle mestruazioni, l’esclusione sociale, il bullismo scolastico, il paranormale, la telecinesi. King è riuscito a fondere questi elementi in uno scritto che gli ha spalancato le porte del mondo fino a renderlo tra gli autori viventi più celebrati in assoluto: opinione pubblica, critica, colleghi, cineasti e sceneggiatori, tutti concordi nel rivendicare la centralità della sua opera letteraria nell’universo horror. Le incursioni nel mondo del soprannaturale e del thriller hanno contribuito a fortificare uno stile che ha generato numerosi proseliti, nessuno dei quali in grado di poter realmente competere con il Re. Non a caso il suo nome è spesso affiancato a quello di mostri sacri del genere come E.A. Poe o H.P. Lovecraft. “Carrie“, per King, è stato il Big Bang dal quale tutto, o quasi, è nato.
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Carrie è a scuola, sotto la doccia dopo l’ora di educazione fisica. Vede scorrere un rivolino di sangue tra le cosce, ma non conosce l’origine di quell’emorragia. Si spaventa ed entra nel panico. La madre non le aveva mai parlato del ciclo mestruale, tenendola volutamente all’oscuro di tutto, rendendola ignara di cosa fosse e in cosa consistesse. In quel preciso momento diventa donna, ma la felicità per il naturale evento cede il passo alle riprovevoli prese in giro delle sue compagne di classe che la deridono, l’avviliscono, la prendono di mira tirandole assorbenti interni. Lei è alienata nel corpo e nella mente, è marginalizzata dalle altre ragazze e si sente drammaticamente incompresa. Non ha amicizie, passioni da poter condividere e relazioni sociali da portare avanti.
L’unica fonte di dialogo è la madre Margaret che, al tempo stesso, è l’origine di gran parte dei suoi mali. Ma non è diversa solo perché ostaggio di una genitrice tiranna e vessatrice quanto anche, e soprattutto, perché si accorge di avere poteri di telecinesi che svilupperà fino a farli diventare la sua corazza, la sua arma di difesa e offesa. Fino a provocare uno dei peggiori disastri che la città di Chamberlain (luogo dove la storia è ambienta, ndr) abbia mai vissuto. Nel rispetto di chi non ha ancora letto il libro eviteremo di dettagliare la trama, non fosse altro per invogliare, invece, alla lettura.
Stephen King ha sempre dichiarato che il merito del successo del romanzo va attribuito alla moglie, Tabitha. Egli, infatti, al momento della genesi del lavoro non era pienamente convinto della sua validità e così, in un momento di sconforto, lo cestinò. Fu lei a raccoglierlo, a leggerlo, a suggerire spunti e modifiche per strutturare una storia convincente che attingesse anche dalla realtà e dai malesseri di un’adolescente imprigionata negli anni d’oro della sua vita. L’intervento di Tabitha, decisivo per le sorti della carriera del marito, risultò prezioso anche nell’ottica di concedere allo stesso una proiezione femminile sulla storia su una ragazza che fatica a trovare il proprio posto nel mondo. Il resto lo fece la passione dello scrittore per il soprannaturale e, come rivelò in seguito, l’aggancio con la telecinesi avvenne dopo aver letto un articolo della rivista Life che parlava di poltergeist. Tema, quest’ultimo, che ricorrerà anche in alcune delle sue opere successive.
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Il resto dell’ispirazione avvenne nella Brunswick High School mentre era intento a rimuovere macchie di ruggine dalle pareti delle docce negli spogliatoi femminili. Notò delle cassette metallica che contenevano assorbenti. “L’episodio mi riaffiorò alla mente un giorno mentre lavoravo in lavanderia e cominciai a visualizzare la scena d’apertura di un racconto: ragazze che fanno la doccia in uno spogliatoio dove non ci sono tende di plastica rosa e non c’è privacy. Una di loro comincia in quel momento il suo ciclo mestruale. Solo che non sa di che cosa si tratta e le altre ragazze, disgustate, orripilate, divertite, cominciano a bombardarla di assorbenti”, affermò in una vecchia intervista.
“Carrie” è un romanzo violento e crudele in cui, facendo le dovute e ovvie proporzioni, chiunque abbia subito bullismo nella vita potrà ritrovarcisi. Gli stati emotivi dell’isolamento e dell’incomprensione sono propri di quest’opera, esattamente come la rabbia e la tristezza che si provano nel leggere cosa la giovane è costretta a subire. Ma è anche un libro in cui vengono affrontate le difficoltà adolescenziali (tema che ricorre spesso nella letteratura di King) e il fanatismo religioso, spesso dannoso e disturbante. Le conseguenze, in chi è vittima di abusi e violenze, spesso sono letali e, pur attenzionando i poteri soprannaturali di Carrie, l’attenzione dello scrittore è tutta rivolta alla sfera emotiva della ragazza. Insomma, un romanzo horror con una componente psicologica assolutamente dominante.
Dal libro, i cui riferimenti sono sparsi qua e là tra musica, cinema, teatro e fumetti, sono stati tratti anche alcuni adattamenti cinematografici. Il primo, “Carrie”, di Brian De Palma, è del 1976 ed ha per protagonista Sissy Spacek (interpretazione che le valse la candidatura all’Oscar) e Piper Laurie. Il film è entrato nell’immaginario collettivo ed ha guadagnato molto bene al momento della sua uscita sul grande schermo. Il secondo, “Carrie 2 – la furia” con Emily Bergl, è del 1999 e il terzo, “Carrie, lo sguardo di Satana“, con Chloë Grace Moretz e Julianne Moore, è del 2013