Carlo Verdone ricorda gli anni della Dolce Vita di fronte la serranda abbassata del Café de Paris: “C’era vita, ci si divertiva”
Si è lasciato trasportare dai ricordi Carlo Verdone di fronte la serranda chiusa del famoso Café de Paris di Via Veneto a Roma. Con un post sui social media ha riportato alla luce la vecchia atmosfera che si viveva negli anni ’50 e ’60 sulla strada che ospitava uno dei bar più famosi d’Italia, dove il divertimento la faceva da padrone.
“Questa mattina avevo un appuntamento a Via Veneto e mi sono trovato davanti a quello che fu il bar più famoso d’ Italia e ovviamente di Roma: il Café de Paris. Ricordo bene che mi ci portò mio zio Gastone, architetto, pittore e un po’ playboy. Passava le sere a salutare gli amici tra i tanti tavolini. Registi, scrittori, attori, poeti famosi e poeti falliti, primari di fama e primari indagati, morti di fame con la brillantina, travestiti da benestanti, politici potenti e politici di mezza tacca – scrive Verdone – Paparazzi e cronisti del gossip in agguato. Insomma era un teatro, un set e zio mi indicava le persone famose. Ne conosceva tante alle quali aveva arredato le case o le ville. Mio zio ha sbagliato tutto nella vita. Doveva fare il pittore perché era un vero genio astrattista. Invece preferi’ arredare le ville dei miliardari o di attori come Antony Quinn. Era famoso per non farsi pagare subito. ” Me li darai, non c’ è problema …” E il risultato era sempre che alla fine non vedeva una lira.”
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Lo zio Gastone insegnò a un giovane Carlo come ordinare al bancone e dare la mancia ai camerieri.
“Un giorno mi fece entrare nel Café de Paris e mi insegnò come ordinare al banco e a dare la mancia al cameriere che dovevo chiamare per nome. Voleva che imparassi a fare tutto da solo. Avrò avuto meno di dieci anni. La lezione sulla mancia durò parecchio. Su quanto lasciare, come darla e come appoggiarla sul banco. Era importante per lui far sentire il rumore della moneta mentre ordinavo, perché il barista, in uniforme elegante, sarebbe stato più veloce. Secondo lui … Fatto sta che chi stava in quel luogo e in quella via gli piaceva divertirsi, guardare ed essere guardato. Erano gli anni 50′ e parte dei 60′. Gli anni della Dolce Vita, dell’ Italia del boom economico, l’ Italia delle mance e dei palazzinari. Insomma c’ era vita. Ci si divertiva da quel poco che capivo, giravano soldi. Parecchi soldi. Questa mattina osservando la porta d’ingresso del Café de Paris ho visto l’ oggi in tutto. Ma ho riflettuto che vivere di ricordi, se sappiamo e possiamo conservarli, è un gran conforto, una grande fortuna”.
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