Caravaggio in Bergamo: I Musici, dal Metropolitan Museum all’Accademia di Carrara
Il Metropolitan Museum of Art di New York ha concesso fino a fine estate I Musici (1597), capolavoro del Caravaggio, all’Accademia Carrara di Bergamo – nuovamente aperta da ieri, venerdì 22 maggio. Il rientro dell’opera di Michelangelo Merisi, in prestito per la mostra dedicata a Simone Peterzano, era previsto subito dopo la conclusione inizialmente fissata per il 17 maggio. L’esposizione, a causa del Covid, è stata però aperta solo 20 giorni e il museo newyorchese ha generosamente prolungato il prestito. L’opera è attualmente esposta all’interno del percorso museale nella sala dedicata alla pittura del Seicento, quindi contestualizzata e inserita a fianco ad opere di matrice caravaggesca.
Si tratta di uno della serie dei cinque dipinti a tema musicale (I Musici, Amor Vincitore, Riposo durante la fuga d’Egitto e le due versioni del Suonatore di Liuto) realizzati dal Merisi a Roma, tutti a distanza di pochi anni e nel periodo ancora giovanile anteriore al 1602, e che vanno considerati come un insieme unitario. La Storia dell’arte ha ricercato le motivazioni della produzione, da parte del Caravaggio, di tele incentrate su temi musicali soltanto nei suoi primi anni a Roma. Questa è certamente da ricercare nei raffinati committenti di queste opere, come il cardinale Francesco Maria del Monte e Vincenzo Giustiniani.
La corte del cardinal del Monte, dove il 24enne Caravaggio viene accolto, è un luogo stimolante, frequentato da artisti e intellettuali, ma anche da musicisti arrivati da tutta Europa, cantanti e castrati, essendo il cardinale protettore dei Cantori della Cappella Sistina. La recente proposta di un ritardato arrivo a Roma di Merisi, e quindi del suo rapporto con il cardinale, committente di quest’opera, potrebbe giustificare una significativa post-datazione di tutti i primi lavori a Roma, comprese le tele musicali, a cominciare dal 1597 invece che dal 1593.
Nei Musici, la cui realizzazione è databile tra il 1595 e il ‘97, Caravaggio ritrae delle esecuzioni musicali, probabilmente eseguite nei camerini privati delle corti e dei palazzi più importanti dell’epoca. Si coglie il momento carico di tensione e concentrazione, nonché i tentativi di rilassarsi, che precedono l’entrata in scena dei personaggi vestiti all’antica. Il liutista non sta suonando ma accordando il suo strumento, il suonatore di cornetto, che è forse un autoritratto, secondo la prassi del tempo avrebbe dovuto utilizzare lo strumento dal lato destro e con le labbra ben chiuse, qui interrompe la prova per dare un’occhiata allo spettatore, il violinista riguarda per un’ultima volta lo spartito e il sensuale ragazzo nelle vesti di Amore, in procinto di cantare, si sta inumidendo la bocca con un ultimo acino d’uva.
L’opera rispecchia la ristrettezza di un camerino per attori, sul piano psicologico trasferisce la tensione del momento e su un piano stilistico cerca di dare un contenuto all’antica. Si tratta del momento antecedente ad una delle rappresentazioni musicali di madrigali e canzonette d’amore, simili a commedie pastorali, in voga all’epoca. Il dipinto, dai connotati neorinascimentali fa riferimento alla tradizione elitaria della musica di corte. A differenza di quanto è accaduto per le altre opere di questa serie di dipinti, gli studiosi non sono ancora riusciti ad identificare gli spartiti musicali presenti nell’opera. Tuttavia, nel carteggio di Giulio Mancini risulta che il 13 marzo 1615, viene spedita al fratello, a Siena, una copia della Musica del Caravaggio, il mittente sottolinea che assieme al dipinto: «vi è un rotolo che è la Musica di quei giovinetti», doveva quindi esserci una stretta relazione tra la musica dipinta e quella eseguita.
Ad avvalorare questa interpretazione di un ritratto dei camerini privati, sappiamo che il cardinal Del Monte aveva voluto far sistemare il Suonatore di liuto e i Musici nel suo camerino musicale di palazzo Madama, e forse vi fece poi associare anche il Bacco (oggi agli Uffizi), quasi a significare un invito a partecipare all’ebbrezza dionisiaca creata dalla musica, che per l’epoca era poco appropriata alla figura di un cardinale. La scena sarebbe, tuttavia, interpretabile anche come un’allegoria dell’ars musica. «Basta soffermarsi in silenzio davanti a questo capolavoro per sentire l’inno all’amore, all’ebbrezza del vino, e quella sinfonia che presto i musicisti suoneranno».
Michelangelo Merisi, I Musici (1597)
92×118,5 cm
New York, The Metropolitan Museum of Art