Cani, gatti e uccelli: gli altri passeggeri del Titanic. Una storia di fedeltà e sacrificio

Nella notte glaciale del 14 aprile 1912, quando il Titanic scivolò negli abissi dell’Atlantico, insieme alle oltre 1.500 vite umane perse nel disastro, scomparve anche un piccolo, toccante universo fatto di animali. Cani, gatti, uccelli: creature spesso dimenticate dalla memoria collettiva, ma che hanno lasciato un’impronta silenziosa e struggente nella storia di quel tragico viaggio. A bordo del transatlantico vi erano almeno dodici cani, anche se si sospetta fossero di più. Catalogati nei registri come “carico”, molti di loro sparirono nell’anonimato con l’affondamento della nave. Solo tre riuscirono a salvarsi: due volpini di Pomerania e un pechinese, grazie alle loro ridotte dimensioni che permisero ai padroni di nasconderli sotto i cappotti o tra le coperte al momento della fuga sulle scialuppe.
Quegli animali erano molto più che semplici compagni. Erano simboli viventi della ricchezza e dello status sociale dei passeggeri di prima classe. Robert Daniel viaggiava con il suo bulldog francese, Gamin de Pycombe. Il miliardario John Jacob Astor aveva portato con sé il suo Airedale, Kitty. Helen Bishop, accompagnata dal barboncino Frou-Frou, fu tra coloro che dovettero prendere decisioni strazianti: lasciò l’animale nella cabina, e raccontò che il cane, intuendo la tragedia imminente, cercò disperatamente di trattenerla mordendo l’orlo del vestito.
Leggi anche: Madame Tussauds in fiamme: il rogo che affascinò Londra
Tra le storie più commoventi c’è quella di Ann Elizabeth Isham, una donna di cinquanta anni devota al suo alano. Le fu offerto un posto su una scialuppa, ma quando le dissero che il cane era troppo grande per essere imbarcato, si rifiutò di partire senza di lui. Qualche giorno dopo, il suo corpo fu ritrovato nelle acque gelide, abbracciato al suo fedele compagno. Il capitano Edward Smith aveva con sé un maestoso Russian Wolfhound di nome Ben. Per sua fortuna – o forse per una provvidenziale intuizione – il cane fu affidato alla figlia del capitano prima della partenza e non salì mai a bordo del Titanic.
Nel ventre della nave vi era anche Jenny, la gatta del Titanic, impiegata come cacciatrice di topi. Mascotte non ufficiale dell’equipaggio, Jenny partorì poco prima del viaggio inaugurale e fu trasferita sull’Olympic, la nave gemella, salvandosi così dall’epilogo funesto. Non solo cani e gatti popolavano i ponti e le stive. Ella Holmes White, ricca passeggera americana, portò con sé diversi galli e galline provenienti dalla Francia, con l’intento di avviare un allevamento. Un altro passeggero imbarcò addirittura trenta polli, mentre Elizabeth Ramel Nye viaggiava con un piccolo canarino giallo. Anche per questi animali fu emesso un biglietto: il canarino costò 25 centesimi.
Quando il Titanic colpì l’iceberg e il panico si diffuse, qualcuno aprì le gabbie nella stiva. I cani scesero sul ponte, correndo spaventati tra la folla in preda al caos. I soccorritori raccontarono di aver visto, tra i corpi che galleggiavano, anche quello di un cane che nuotava disperatamente nelle acque gelide. Era Gamin de Pycombe, il bulldog di Daniel. La tragedia del Titanic è impressa nella memoria per le vite umane perdute, ma nelle pieghe più intime di quella storia, c’è anche il silenzioso sacrificio di animali fedeli, le scelte difficili dei loro padroni e un affetto che, in alcuni casi, ha superato persino la paura della morte.