Caligola, imperatore folle o troll?
Caligola, III imperatore di Roma, salì sul trono il 18 marzo del 37 d.C. succedendo a Tiberio. Appartenente alla dinastia giulio-claudia era figlio di Germanico, famoso e rispettato generale romano nipote del princeps in carica.
La figura di Caligola, come quella di Nerone e Catilina, continua a subire le conseguenze della damnatio memoriae perpetrata ai suoi danni a causa di leggende, dicerie e storiografia faziosa, quale Svetonio e Cassio Dione. I due autori appartenevano alla classe senatoria invisa all’imperatore e dunque non furono teneri nei loro giudizi.
La vita
Nato ad Anzio nel 12 d.C. in una famiglia di grandi aspettative, crebbe tra un accampamento e l’altro accanto ai campi di battaglia dove prestava servizio il padre. Fu perciò addestrato come un guerriero dallo stesso Germanico con il quale aveva un rapporto speciale.
Il nome con cui è ricordato, Caligola, deriva dalla caliga, la calzatura dei legionari che affettuosamente soprannominarono così il giovane Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico. Crebbe durante il governo di Tiberio, anch’egli bistrattato dalla storiografia sia coeva che successiva ma che, non si può negare, ebbe sotto il suo controllo un impero più potente che mai, riuscendo a rafforzare i confini più estremi evitando le guerre dai risultati incerti.
Il popolo sembrava acclamare Germanico come erede al trono grazie ai suoi successi militari per i quali riscuoteva grande successo. Ma il generale morì quando Caligola aveva solo 7 anni e sembra la sua morte fosse voluta proprio da Tiberio intenzionato a liberare la strada per il trono al figlio.
La morte improvvisa del padre provocò una profonda ferita nel futuro princeps. La madre Agrippina cominciò a diffondere la voce che dietro la morte del marito ci fosse proprio l’imperatore. Ciò le causò una condanna per lesa maestà e quindi un esilio a Ventotene, nelle isole Pontine, dove pochi anni dopo si lasciò morire.
Il giovane figlio, separato dunque dai fratelli e sorelle, andò a vivere presso la nonna entrando in contatto con principi orientali che ne influenzeranno il modus operandi una volta preso il potere.
Nel frattempo Tiberio, scosso dalla morte del figlio Druso e sempre più sospettoso di ciò che gli avveniva intorno, decise di ritirarsi dalla vita politica nella “Villa Iovis” sull’isola di Capri. È il 27 d.C. e la sua lontananza da Roma alimenta le dicerie sul suo stile di vita lussuoso e lussurioso, soprattutto tramite gli scritti di Svetonio e Tacito.
Il pensiero che lo attanagliava era riguardo il suo erede che sembrò trovare proprio in Caligola che fece convocare nel 31 d.C., il quale pensava di essere ucciso ma che si ritrovò a vivere per 6 anni con il presunto mandante della distruzione della sua famiglia.
Negli anni che visse a Capri, rispetto al nipote dell’imperatore, Gemello, dimostrò lungimiranza politica Caligola aveva lignaggio, storia, personalità e perciò aveva le carte in regola per essere amato dai romani.
Svetonio in “Vita dei 12 Cesari” ci dice che “i voti del popolo romano ed anzi del genere umano, perchè era il principe sognato dalla maggior parte dei provinciali, dei soldati, molti dei quali lo avevano conosciuto da bambino, e dalla plebe romana, che era commossa dal ricordo di suo padre Germanico e di tutta la sua famiglia perseguitata”.
Prima di morire Tiberio inserisce nel testamento la sua volontà: Gemello e Caligola avrebbero dovuto governare insieme, entrambi eredi al trono. Sempre secondo Svetonio fu proprio Caligola ad uccidere il princeps quando invece la vulgata contemporanea sosteneva la tesi della morte naturale.
Il 18 marzo del 37 d.C., tornato a Roma, fu proclamato imperatore dal Senato, spinto dal popolo ad annullare il testamento di Tiberio, e dai pretoriani.
Il principato di Caligola
L’inizio del suo governo fu teso ad una convivenza felice con i senatori, abolendo i processi per tradimento che avevano caratterizzato il governo precedente, ripristinò i giochi gladiatori, ristrutturò strade e acquedotti spendendo però in un anno quasi tutto il patrimonio accumulato dalla politica tiberiana.
Fu “imperatore del popolo”, graziò tutti i condannati all’esilio. Rimise in circolazione tutti gli scritti distrutti per ordine senatorio. Inizialmente il suo regno viveva in pace e prosperità.
Ma nell’ottobre del 37 d.C. entra in coma a causa di quella che è stata definita una febbre cerebrale. Tutti pensavano ad una morte imminente, tanto che Gemello si propose al Senato. Ma tre mesi dopo il nuovo imperatore si risvegliò. La sua vita era cambiata così come la sua politica. Paranoico e sospettoso spinse il suo antagonista al suicidio per aver tramato contro di lui. Fa uccidere anche Macrone, capo della guardia pretoriana, poco dopo avergli affidato la prefettura dell’Egitto.
Divenne sempre più ossessionato dall’idea dell’erede da avere rapporti incestuosi con le sorelle. L’incesto era tabù presso i romani e ciò gli fece perdere il favore del popolo, soprattutto dopo che si seppe che sua sorella Drusilla era rimasta incinta.
La morte di lei gli causò un ulteriore scompenso emotivo. Diede il via ad una politica di divinizzazione della sua figura e della sorella, il che gli inimicò plebe ed ebrei, contrari politicamente, culturalmente e religiosamente a questo tipo di culto.
Dovette poi far fronte a varie cospirazioni, come la “congiura dei 3 pugnali”, ordita dalle sorelle e dal cognato Lepido, alla quale partecipò anche Gneo Lentulo Getulico, console apprezzato da Tacito, la cui condanna a morte costò all’imperatore parte delle avversione dello storico romano.
Intanto anche il popolo sembrava abbandonarlo, affamato dalla eccessiva tassazione. Per risollevare le casse allora decise di ripristinare i processi per tradimento attaccando i senatori, approfittando della legge che permetteva di requisire i beni dei colpevoli.
Per riacquistare popolarità tentò, invano, la conquista della Britannia nel 41 d.C., cosa che non riuscì neanche a Cesare. Qui dovette far fronte ad un ammutinamento delle truppe ben consci di non essere equipaggiati adeguatamente per superare la Manica d’inverno.
Pazzo o troll ante litteram?
Svetonio racconta che lì avvenne la “guerra contro il Mare”, in cui comandò ai soldati di raccogliere conchiglie di mare come “il bottino del mare dovuto al Campidoglio e al Palatino”.
Questa volontà sembra una punizione, un’umiliazione che rientra perfettamente nel carattere beffardo di Caligola. Come, d’altronde, la minaccia (mai attuata) di nominare console o senatore il suo cavallo Incitus. Oppure obbligare a seguire la sua offerta un senatore che si era offerto di dare la sua vita per salvare l’Imperatore.
Un carattere particolare, ma forse la definizione di “pazzo” a cui è legata la sua figura, sembra eccessiva. Forse più inesperto che altro. Tiberio l’aveva tenuto a Capri lontano dalla vera vita politica di Roma. Sbagliò, probabilmente, a seguire i canoni orientali, con cui si era formato, per cui era normale divinizzare la figura dell’imperatore.
Ciò risultò indigesto sia ai romani che agli ebrei, indispettiti ulteriormente, questi ultimi, dal voler porre una sua statua nel tempio di Gerusalemme.
Caligola era troppo isolato a corte per imporre queste riforme avverse al Senato. La storiografia antica per questo lo punì. La produzione antica su di lui è andata in gran parte perduta e quella giuntaci aveva sicuramente una faziosità di fondo e un’estrazione sociale in antitesi con la politica caligoliana.
Morì nel 41 d.C. ucciso da una congiura dei senatori durante i ludi palatini organizzati proprio da lui. Sembra che alla congiura partecipò Claudio, suo zio, che divenne imperatore e che riuscì per primo a conquistare la Britannia, seguendo forse proprio il tracciato di Caligola che nella spiaggia dove fece raccogliere le conchiglie volle far costruire un faro. Come se avesse in mente di invadere l’isola in un secondo momento.
Caligola probabilmente non è stato capito, non è stato contestualizzato né gli sono state concesse attenuanti per la vita difficile che dovette sopportare. Dalla morte del padre, all’esilio della madre finanche la sua “prigionia” a Capri. Bisogna comunque tener conto che le fonti storiche attendibili sono tutte successive. Lo stesso Svetonio scrisse circa un secolo dopo il suo principato. Inoltre gli storici sono riusciti a recuperare solo una dozzina di nomi di uomini uccisi brutalmente per ordine di Caligola. Il che non significa che uccise solo 12 uomini ma che la sua azione, a confronto con altri eguali figure, sia stata ingigantita dai suoi nemici , trasmettendo l’immagine storica sbagliata.
Caligola tra serie tv e musica
Oggi la sua figura sta ottenendo qualche riabilitazione anche se, soprattutto a livello cinematografico, si tende ancora a dipingerlo come un folle sanguinario. È il caso della serie Amazon “Il lato oscuro del potere” del 2017 dove si punta sul carattere violento e instabile del princeps senza dare una possibile visione alternativa della storia. Su Netflix invece la terza stagione di “L’Impero romano (Roman Empire)” uscita nel 2019 con la voce narrante di Sean Bean concede sicuramente l’attenuante dei dolori provati per le perdite e le ingiustizie e si concentra molto sul lato paranoico di Caligola e sulle sue somiglianze con Tiberio, come se il problema della successione, in entrambi i casi, fosse stato il motivo principale del loro regno.
Il gruppo metal canadese Ex Deo nel 2012 ha pubblicato l’album “Caligvla” dedicato intenzionalmente a questa figura imperiale fuori dagli schemi, nel 2000° anniversario della nascita di Caligola, che continua ancora oggi, nonostante e forse proprio per le controversie sulla sua persona, ad ispirare artisti moderni.