Otto anni senza Bud Spencer, il gigante buono del cinema italiano, anche se Bambino
A detta di chi scrive, il vuoto lasciato da Bud Spencer era e resta incolmabile. Sono passati otto anni dal giorno della sua morte, avvenuta nella sua casa a Roma all’età di 86 anni, ma non è passato giorno senza che il pubblico, il suo pubblico, lo ricordasse con affetto e con amore. Giudicare il Carlo Pedersoli come semplice attore è riduttivo e, francamente, avvilente. È stato qualcosa di più. È qualcosa di più.
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Pochi, come lui e il fedele compagno di scazzottate Terence Hill – al secolo Mario Girotti – sono entrati così prepotentemente nel cuore degli italiani. In punta di piedi, film dopo film, battuta dopo battuta, la schiera di fans pronti a lasciarsi trasportare dalle commedie e dai film d’autore dove erano coinvolti è cresciuta sempre di più. Pensare ai due vuol dire, inevitabilmente, pensare a Bambino e Trinità, straordinari protagonisti degli spaghetti western tricolori. Film che anche oggi, a distanza di decenni, non ci stanchiamo di guardare.
Carlo Pedersoli o, se preferite, Bud Spencer, però, è stato anche protagonista di pellicole girate con grandi registi del cinema italiano, come Ermanno Olmi, Carlo Lizzani e Dario Argento. Nonostante l’impatto che i due hanno avuto e hanno sull’immaginario collettivo delle ultime generazioni di italiani, non sempre è stato così. Non sempre il mondo della settima arte ha tributato loro le giuste attenzioni e considerazioni. E questo, a Bud, non è mai andato giusto. Non ha mai nascosto il proprio dispiacere.
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“In Italia io e Terence Hill semplicemente non esistiamo, nonostante la grande popolarità che abbiamo anche oggi tra i bambini e i più giovani. Non ci hanno mai dato un premio, non ci invitano neppure ai festival“. Nel 2010, al momento dell’ennesimo ritorno in tv, disse: “Forse qualcuno si era dimenticato di me, ora torno in tv con la fiction I delitti del cuoco, e io sono il cuoco, finalmente“. Dell’incapacità di riconoscerne il valore e dell’ottusità nel non volerlo celebrare a dovere, il cinema e la televisione italiana dovranno interrogarsi per sempre. Per non ripetere lo stesso errore con chi verrà dopo di loro. Per Terence Hill è diverso, forse. Il successo di Don Matteo è qui a testimoniare che le carriere, una volta separate, hanno avuto riscontri differenti.
La scelta di cambiare il proprio nome non fu casuale ma in risposta all’esigenza di fare breccia sul pubblico internazionale e, sì, anche italiano, da sempre esterofilo. Bud Spencer è un omaggio alla birra Bud e al sempre ammirato Spencer Tracy. “Siamo l’unica coppia al mondo che non ha mai litigato – affermò con riferimento a Hill/Girotti – Ci sentiamo spesso. L’ultima volta che ci siamo sentiti era Pasqua: mi ha detto che voleva venire a mangiare gli spaghetti a casa mia perché lui lo tengono a stecchetto”.
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Non amava definirsi attore ma personaggio. Il gigante buono, sempre pronto a prendere le difese dei più deboli, dalla parte giusta e pronto a togliersi di dosso le corazze dell’uomo burbero e apparentemente menefreghista. Sempre con il sorriso stampato sulle labbra, pronto a tirare un pugno a martello a chiunque si frapponga tra lui e la giustizia. Di personaggi così, non ce ne vorrete, ma in giro non ce ne sono poi così tanti, per lo meno non in Italia. E quindi, siamo ancora qui a giudicare il Carlo Pedersoli attore? O, forse, dovremmo giudicare e ammirare il personaggio? In entrambi i casi ci manca. Tanto. Perché si, perché anche gli angeli mangiano fagioli.