Brian May, il fondatore dei Queen contro il politicamente corretto
Brian May nel 1970 fondò i Queen insieme a Roger Taylor e Freddie Mercury. Quest’ultimo, come dice lo stesso chitarrista, “non era inglese e nemmeno bianco. Ma non importava a nessuno, non ne abbiamo neanche parlato”.
L’occasione per cui uno dei 3 fondatori della band inglese ha affrontato temi del genere è un’intervista al Mirror. Tra i temi affrontati c’era quello della decisione dei Brit Awards di fare a meno delle categorie di genere nei premi assegnati ai migliori artisti. Il tutto con l’obiettivo di “rendere lo show più inclusivo e celebrare gli artisti solo ed esclusivamente per la musica che fanno“.
May ha affermato che per lui questa “è una decisione presa senza riflettere. Ci sono tante cose che funzionano e vanno lasciate così come sono. Sono stanco di chi cerca di cambiare le cose senza pensare alle conseguenze a lungo termine. Alcune idee portano a un miglioramento, altre no”.
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Un pensiero controcorrente alla cultura Woke. Sottolinea infatti come lo stesso Mercury oggi avrebbe difficoltà con questa linea di pensiero. I Quenn tra loro erano infatti fratelli, senza condizionamenti relativi al colore della pelle o degli orientamenti sessuali. “Non ci siamo mai chiesti se fosse il caso di lavorare con lui, se avesse il giusto colore della pelle o la giusta tendenza sessuale. Non è mai successo e il fatto che oggi si debba pensare a tutto questo mi spaventa”.
La ricerca continua dell’inclusività, come spesso accade, suscita reazioni contrarie a quello che vorrebbe ottenere. Una sorta di discriminazione al contrario, in alcuni casi.
Come dice lo stesso Brian May “Oggi i Queen non potrebbero vincere un Brit Award. Saremmo stati costretti ad avere nella band persone di colore diverso, sessualità diverse, una persona trans. Ma la vita non è così. Possiamo essere separati e diversi”.
Un’accusa forte quella del fondatore dei Queen, che solleverà sicuramente nuovi dibattiti. I quali si allargheranno anche ad altri temi già oggetto di discussione.
Come in Italia, dove il secco “no” di Amadeus alle quota rose proposte dal Ceo di Fimi per il Festival di Sanremo, ha aperto con due mesi di anticipo le polemiche che da sempre contraddistinguono l’evento musicale italiano.