Recensione. Bludeepa – “Tat Tvam Asi”
Tornano con il secondo album in studio, dal titolo “Tat Tvam Asi“, i Bludeepa, rock band romana che ha collaborato per la nuova uscita con il produttore Saro Cosentino (già al lavoro con Morgan e Franco Battiato). Undici tracce, quattro componenti, uno stile unico. La formazione è composta Danilo Mintrone (piano, sintetizzatori, programmazione computer), Danilo Pieroni (voce, programmazione computer), Emiliano Chiocciolini (batteria, chitarra), Enrico De Angelis (basso, chitarra, cori).
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Forte l’influenza del rock anni ’70, soprattutto nei riff di chitarra di Chiocciolini e De Angelis, che si fonde con i sintetizzatori di Mintrone in grado di richiamare uno stile più moderno e maggiormente elettronico. Elementi, questi, che danno vita un sound dalle notevoli tinte psichedeliche e dalle più disparate suggestioni. Sono undici, in totale, i pezzi presenti nella tracklist del disco, omogenei e coesi come stile ma, al tempo stesso, capaci di aprire a un ventaglio di emozioni diverse. La band si è saputa raccontare molto bene sotto quest’ultimo aspetto, affermando:
“La volontà è stata quella di creare un intreccio di suoni e strumenti, senza chiudersi in steccati troppo costrittivi, che avvolgano e sorreggano testi e voce in maniera decisa però mai invadente, che facciano allo stesso tempo chiudere gli occhi e muovere il corpo. Nelle undici composizioni si attraversano varie esperienze scaturite dall’amore: la sua presenza, la sua assenza, la sua ferocia, il suo dissolvimento, il suo essere vitale e passionale. È un disco pieno di consapevolezza, venuto proprio in questo momento storico-umano della band (in particolare di Dan Pieroni, autore dei testi) perché dopo i primi dischi si arriva a “tat tvam asi”, al “tu sei tutto questo”, e quindi si chiude un cerchio ponendo allo stesso tempo le basi per iniziare qualcosa di nuovo e completamento aperto.
I brani che più ci sono piaciuti:
“Iron&Flesh“
È l’apripista del disco, caratterizzata da un’apertura dal sapore metal, con una intro che può ricordare The Number of the Beast degli Iron Maiden, in cui un’inquietante voce fuori campo crea aspettativa all’ascoltatore riguardo ciò che sta per avvenire. Già da questo primo pezzo si può avere un assaggio dell’originalità del gruppo e delle peculiarità del proprio sound. Iron&Flesh è la degna apertura di un lavoro lontanissimo dalla musica commerciale italiana.
“È un brano sulla fisicità dei corpi che si prendono e si sfamano a vicenda: “sei trama di vene di muscoli e sangue, risveglio arrembante di ferro e di fuoco per me”. L’amore è sudore, odore, toccare, leccare. Non solo tramonti. L’incedere di basso chitarra e batteria rendono bene l’idea.”
“Spiritual Summer“
Si tratta del primo singolo estratto da quest’album, vincitore allo Europe Video Song Festival in Slovakia come miglior video di animazione. È il pezzo che rappresenta al meglio il sound e lo stile della band, con un massiccio uso di sintetizzatori ed effetti elettronici.
“You can save me in the summertime”… ballare con i propri demoni prima che abbiano la meglio. Farlo senza farsi sconti, per amore del proprio spirito. Anche meglio se capitasse d’estate. Magari ballando intorno al proprio fuoco. Magari nel deserto, dove non hai altra scelta se non quella di stare dentro di te. Batteria semi jungle e poi apertura post rock in coda per sottolineare il percorso”.
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“Rome is burning“
Uno dei brani più complessi dell’intero disco, dal sapore epico e drammatico, come d’altronde è sempre stata la storia di Roma. Una canzone, un inno, semplicemente Roma sta bruciando nel pezzo più potente dell’album. Il sound stavolta conta elementi orchestrali come il violino, che fa la figura del leone all’interno del sound complessivo della canzone. Ci si avvicina a inserti acustici e meno elettronici, la band qui abbraccia il cuore dell’album.
“Guidare alle tre di notte (del mattino?) nell’aria torrida che ricorda l’ultimo incontro affamato di due corpi. Mentre tutto brucia. I corpi. La casa. Roma. Il tutto sorretto dal piano acustico e dall’orchestra che suona…”
Così il produttore Saro Cosentino, che per quest’album ha anche impugnato nuovamente la sua Fender Stratocaster.
“Ho incontrato i Bludeepa per la prima volta nel 2005, quando sono venuti a trovarmi a Milano per chiedermi di produrre “In assoluta presenza di fragilità”. Di quella formazione è rimasto solo il cantante Danilo Pieroni ma, nonostante i cambiamenti di organico, i Bludeepa hanno mantenuto una caratteristica che li rende speciali nel panorama musicale, la capacità di scrivere canzoni e di suonare da ‘band’. Quando mi hanno chiesto di mixare il loro ultimo lavoro ho accettato con piacere, perché credo che questo sia il loro disco più maturo, ed in un brano ho addirittura sentito il bisogno di rispolverare la mia Fender Stratocaster ed aggiungere qualche nota. Ascoltateli, potrebbero diventare ‘your new favorite band'”.
Tre buone ragioni per ascoltare i Bludeepa?
1 non fanno Trap
2 non sono alla moda
3 sanno scrivere canzoni
Di Andrea Genovese