È uscito “Biglietto per il Purgatorio” di Duccio Fumero: corsi e ricorsi storici sullo sfondo di una storia noir…
Da qualche giorno è uscito “Biglietto per il Purgatorio“, primo romanzo di Duccio Emanuele Fumero, giornalista e blogger, blogger e giornalista o un blogger-giornalista, come ama scherzosamente definirsi. Da sempre appassionato di politica e della storia recente del nostro Paese, gestisce inoltre il primo blog d’informazione professionale sul rugby. Dopo due racconti già pubblicati, arriva finalmente anche l’esordio come “scrittore su lunga distanza”…
Ciao, Duccio, e benvenuto su The Walk Of Fame. E’ da poco uscito “Biglietto per il Purgatorio”, il tuo primo romanzo. Con l’editoria già in crisi e l’emergenza sanitaria in itinere, la scelta di dare alle stampe un libro è davvero molto coraggiosa…
Effettivamente questo non è il periodo migliore per chi vuole lanciarsi in una nuova avventura, ma forse proprio l’emergenza ha dato una spinta all’uscita del mio libro. Il lockdown forzato mi ha dato modo di sistemare un’opera che era lì nel cassetto a prendere polvere e al mio editore, Lupi Editore, di scegliere di scommetterci proprio in questo periodo.
“Biglietto per il Purgatorio” è in tuo primo lavoro editoriale, a eccezione di alcuni racconti precedentemente pubblicati. Quali differenze hai trovato – in termini di approccio – nella sua stesura?
All’apparenza scrivere è sempre scrivere, che sia un articolo di giornale, una poesia, un racconto breve o un romanzo. Ma, invece, parliamo proprio di mondi diversi. Io avevo già scritto e pubblicato un paio di racconti brevi, sempre thriller, ma non mi ero mai cimentato con un romanzo. Diciamo che, al di là dei tempi di scrittura, la grande differenza è che un racconto sgorga immediato dalla penna, in un flusso di idee immediato e dall’incipit alla fine è tutta una tirata. Un romanzo, anche se l’idea di base c’è, è un lavoro più certosino, devi far crescere i personaggi, dar loro una forma, un carattere. Poi, almeno nel mio caso, c’è stato dietro anche un grande studio della storia, così come dell’urbanistica di un paio di città per poter raccontare la storia nella maniera più credibile e reale possibile.
Quali, invece, le difficoltà nel raccontare una storia che richiedere canoni stilistici e narrativi differenti rispetto al settore che normalmente tratti, che è quello sportivo?
Qui, devo dire, che le difficoltà sono state minori. Quando posso, infatti, anche il mio stile giornalistico vuol essere ironico, giocando sulle parole e divertendo il lettore oltre a informarlo. Il mio romanzo è così, un mix di avventura, di giallo, storia, ma anche tanti giochi di parole e battute.
La trama dell’opera è di chiaro stampo noir. Ti sei ispirato a qualche accadimento in particolare oppure è tutto frutto della tua fantasia letteraria?
Il sottotitolo del romanzo è “Ustica-Bologna: andata e ritorno”, quindi è facile immaginare a cosa volgeva il mio sguardo quando ho messo mano al libro. Anche se è un noir che si svolge ai giorni d’oggi la storia giocoforza fa dei balzi temporali, almeno nella descrizione degli avvenimenti, a 40 anni fa. Molto di quello che racconto è verità storica, altro è frutto della mia fantasia letteraria, o – almeno – è una versione alternativa di quello che ci è stato raccontato in questi anni.
Sullo sfondo della storia sono richiamati due episodi drammatici e controversi della storia italiana: le stragi di Bologna e di Ustica. In entrambi i casi la verità ancora stenta a venire a galla. Perché proprio questi due episodi?
Come dici tu, nonostante siano passati 40 anni la verità ancora stenta a venire a galla. Nei ringraziamenti finali del mio romanzo ringrazio anche i governi italiani, i servizi segreti (anche quelli deviati) e tutti quelli che in 40 anni non ci hanno permesso di sapere tutta la verità. Come dico, grazie a loro anche noi scrittori possiamo raccontare verità fantasiose e apparire credibili come loro.
Possiamo affermare che la forza di una storia noir sia quella di trarre spunto da elementi di spaccato quotidiano tali da essere rielaborati e rivisitati in chiave personalistica?
Assolutamente sì. Il mio romanzo è un noir, ci sono morti, minacce, c’è la componente storica e politica, ma tutto mixato e rivisitato con quello che sono io. Dal protagonista, Gabriele, alle ambientazioni fino a quelle che sono le mie personali opinioni su questi avvenimenti della storia, tutto si mescola come in un cocktail all’interno del libro.
Viviamo la più grave crisi sanitaria da un secolo a questa parte, la più grave crisi economica dal 1929 e la più grave crisi sociale dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. In più tu sei di Milano, città tra le più colpite dal Coronavirus. Ci sono elementi a sufficienza per scrivere un nuovo romanzo?
Perché, non è già un romanzo quello che stiamo vivendo? Un horror cupo, reso ancora più cupo sia dall’incertezza della scienza davanti al virus sia dal sensazionalismo della stampa che passa dal tranquillizzare tutti a spaventarli. Al di là degli scherzi, nella testa mi è frullato qualcosa che riguardasse il periodo storico che stiamo vivendo, ma non credo sia facile. Il rischio è buttare tutto in caciara, trasformando il romanzo in uno dei quei kolossal catastrofistici di Hollywood. Gli elementi ci sono, forse però è meglio evitare gli istant-book che rincorrono l’attualità e far decantare e passare questo momento che è veramente difficile.
Come credi che ripartirà il mondo della cultura e anche dell’editoria dopo queste settimane drammatiche? Di cosa si avverte un bisogno primario?
Di vivere. Il lockdown aveva validissimi motivi, il dramma sanitario che ci ha colpito – soprattutto qui in Lombardia – andava combattuto con forza. Ma bisogna ripartire. Sia da un punto di vista economico sia, penso ancor più importante, da un punto di vista della socialità, pensando anche alle difficoltà psicologiche che questi mesi si lasceranno dietro. Il mondo della cultura e l’editoria sono stati tra i più colpiti, visto che già non se la passavano benissimo, e rischiano veramente grosso. Ma, forse, proprio la fame di vita, di socialità, di vivere che abbiamo e che avremo nei prossimi mesi potrebbero essere lo spunto per far rinascere anche la cultura e l’editoria in Italia.
Prima di chiudere, una domanda rivolta al Duccio giornalista: come giudichi il lavoro svolto dal mondo dell’informazione durante questa emergenza? Quale sarà, invece, il suo ruolo nell’immediato futuro?
Prima ero stato più diplomatico e ho parlato di sensazionalismo. Io temo che il mondo dell’informazione abbia fatto un pessimo lavoro in questi mesi, con una comunicazione al limite del terroristico, ma anche con notizie in netto contrasto tra loro. Non c’è stato un filtro, un rallentamento del flusso informativo, ma si rincorreva lo scoop. Così abbiamo trovato su giornali o siti nazionali due notizie opposte, messe lì una accanto all’altra. Questo non ha aiutato i cittadini a capire cosa stesse succedendo e non ha aiutato a vivere con maggior tranquillità mentale un periodo oggettivamente difficile.
Lascio a te lo spazio per salutare i nostri lettori …
Ringrazio te e i tuoi lettori per l’ampio spazio che mi hai dedicato e hai dedicato al mio romanzo. Non so se né io né il mio libro meritino quest’attenzione e spero che, se avrò acceso la curiosità in qualcuno, chi leggerà “Biglietto per il Purgatorio” non ne resti deluso. Lo confesso, io l’ho riletto appena pubblicato e sì, mi è piaciuto.
Biglietto per il Purgatorio – Sinossi:
Gabriele Donchi è un trentenne senza molta voglia di lavorare. Fuori corso all’università, si dedica a lavoretti saltuari ma preferisce concentrarsi sulle serate in birreria e sulla caccia di ragazze. Una sera, mentre è al pub, è testimone del suicidio di un vecchio barbone. L’uomo, però, prima di morire gli chiede di trovare sua figlia che non vede da anni e chiederle scusa.
Quella che sembra una richiesta strana, ma tutto sommato banale, si trasforma velocemente in qualcosa di ben diverso. Da quel momento, infatti, Gabriele si ritrova coinvolto in una ricerca sulla verità che ha portato l’anziano suicida ad abbandonare 25 anni prima la figlia e a diventare un barbone. Una verità che affonda le radici negli anni di piombo, nelle stragi di Bologna e Ustica, nella collusione tra politica e giustizia. Gabriele, assieme ai suoi amici, si trova coinvolto suo malgrado in un’avventura politica, dove il passato ritorna pericolosamente d’attualità, con troppe persone che vogliono che quello che successe allora resti nel passato.
Gabriele, da sempre disinteressato di politica e storia, tra una birra e un’avventura sentimentale si trova così a confrontarsi che vecchi fascisti, vecchi comunisti, ex agenti dei servizi deviati, contestatori degli anni ’70 diventati famosi avvocati e due stragi ancora senza una risposta. La politica si mischia alla storia, la cronaca nera a quella politica, in un giallo ironico che passa dagli anni ’70 a oggi.