21/03/1999, Roberto Benigni è sul tetto del mondo: “La vita è bella” trionfa agli Oscar
“And the winner is…Robertooooo“, il grido di Sofia Loren, liberatorio, di gioia incontrollata, puro, sincero, viscerale, appassionato riecheggia ancora nelle orecchie di chi, quella sera del 21 marzo 1999, era incollato allo schermo per seguire la cerimonia di premiazione degli Academy Awards, la notte degli Oscar. L’evento che, senza timore alcuno di esagerare, rappresenta l’apice dei riconoscimenti cinematografici, quella sera, ha visto Roberto Benigni ergersi un gradino – uno solo? – sopra tutti gli altri.
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Il regista, attore e sceneggiatore toscano si presentava con i favori dei pronostici – non tutti, ma in buona parte – all’appuntamento. “La Vita è Bella” aveva commosso il mondo intero, incassato cifra da capogiro per l’epoca (circa 60 milioni in Italia) e quella notte, al Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles, avrebbe aggiunto altri tre premi a un palmarés invidiabile. Un tripudio, un’esaltazione dell’arte cinematografica tricolore capace di incantare con una storia incentrata su fatti tragicamente avvenuti ma raccontati con un tatto, una sensibilità e un’intelligenza di rara fattura e pregevolezza.
“Miglior Film Straniero“, “Miglior Colonna Sonora“, “Miglior Attore Protagonista“. Questi gli Oscar ricevuti, sbaragliando mostri sacri della settima arte del calibro di Steven Spielberg, Ian McKellen, Tom Hanks e Edward Norton, affiancato da un Nicola Piovani salito sul gradino più alto del podio davanti a John Williams e Hans Zimmer. Cheapeau! Un coppia dal talento pressoché sconfinato.
Ma quando la Sofia nazionale urlò al cielo il nome di Roberto fu uno show nello show. Benigni, impazzito dalla gioia, in totale e completa tranche agonistica, salì sulle poltrone, come fossero un piedistallo da cui far brillare il proprio contagioso sorriso e porse i pugni, chiusi, verso il cielo. Si diresse con una gioia irrefrenabile e incontenibile verso il palco e per un attimo quel volto così eternamente fanciullesco, reso adulto da papillon e smoking, esplose in una compilation di smorfie e gestualità mirate a vantare tutto l’orgoglio e la soddisfazione di un traguardo che l’Italia meritava, esattamente come il suo cinema e i suoi appassionati. Con lui, quella sera, c’erano sessanta milioni di italiani, commossi, abbracciati, stretti l’un l’altro, a esaltarsi per un discorso in inglese che più claudicante non si poteva.
“I want to kiss all of you in the mouth”, esordì nell’imbarazzo più totale, “Ho usato tutto il mio inglese nel discorso del primo premio e ho esaurito il vocabolario“. Un discorso di ringraziamento in perfetto stile Benigni.