Bella Ciao, il documentario sulla canzone per la libertà
Da inno dei partigiani a canzone di lotta delle nuove generazioni di tutto il mondo, la forza di Bella Ciao non si arresta nemmeno a distanza di un secolo dalla sua nascita e nemmeno di fronte alla guerra in Ucraina, dove è stata cantata come inno alla resistenza. “Bella Ciao. Per la libertà”, il documentario Rai, è una coproduzione RAI Documentari, Palomar Doc e Luce Cinecittà per la regia di Giulia Giapponesi, con il sostegno della regione Emilia-Romagna ed il contributo di Bper Banca.
Il docufilm ripercorre i misteri, la genesi e la storia di Bella Ciao, evocata ovunque si combatta contro l’ingiustizia e per questo considerata patrimonio dell’umanità nella lotta per la libertà.
Oggi Bella Ciao è diventata una vera hit internazionale – oggetto di remix dance e techno e ispirazione per artisti di tutto il mondo – conosciuta dai più giovani perché colonna sonora della serie spagnola La casa di Carta. Ma il suo successo mondiale è davvero merito di questa serie? Il docufilm nasce proprio da questa necessità, quella di ristabilire il percorso biografico di Bella Ciao che si intreccia alla storia del nostro Paese.
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“La storia di “Bella Ciao” è saldamente intrecciata al territorio in cui vivo e in cui sono cresciuta” – dichiara la regista Giulia Giapponesi – “ma il lavoro di ricerca che ho portato avanti in questi anni mi ha permesso di scoprire molti aspetti del percorso della canzone che ancora non conoscevo e che aprono nuovi scenari.”
Il brano-simbolo della Resistenza inizia a diffondersi durante la Seconda Guerra mondiale e gli anni del cosiddetto boom economico, in cui, grazie ai Festival della Gioventù diventerà nota in tutto il mondo, raggiungendo quel successo internazionale, oggi erroneamente attribuito alla serie spagnola.
Al materiale d’archivio inedito e alle immagini di cronaca dal mondo, si affianca la voce dei testimoni della Resistenza ancora in vita e degli attivisti che, nelle lotte in Cile, Turchia, Iraq e Kurdistan, hanno cantato Bella Ciao. La grandezza di questo brano risiede tanto nella bellezza del suo messaggio universale di libertà tanto nelle emozioni, fortemente contrastanti, che suscita: tristezza e al tempo stesso allegria ma la sua melodia riesce a conquistare persone lontanissime, superando barriere culturali e linguistiche.
Ad arricchire questo racconto, gli interventi di storici, musicisti e autori dei nuovi testi della canzone, da Vinicio Capossela a Marcello Flores D’Arcais, da Moni Ovadia a Cesare Bermani, da Hazal Koyuncuer a Giacomo Scaramuzza, dai quali emerge una grande verità: “La poesia non è di chi la scrive, ma di chi gli serve”.