Parole & Suoni, Battiato in viaggio verso Baudelaire
L’incontro tra il poeta francese Charles Baudelaire, forgiatore dello stile bohémien, e quello che a tutti gli effetti è stato un poeta contemporaneo italiano come Franco Battiato avviene negli anni ’90. O meglio, alla fine di quel decennio avvenne il connubio tra la capacità del siciliano di mettere in musica dei versi e le parole di una poesia estratta dal capolavoro “Les Fleurs du mal” (I fiori del male).
Grazie al contributo del filosofo Manlio Sgalambro, nell’ambito dell’adattamento della traduzione, Battiato scrisse “Invito al viaggio” ispirandosi proprio alla lirica “L’invitation au voyage” contenuta proprio nella raccolta con cui l’esteta francese contrappose il bene e il male, proponendo due soluzioni per sfuggire alla sofferenza intrinseca dell’uomo.
“Ti invito al viaggio In quel paese che ti assomiglia tanto. I soli languidi dei suoi cieli annebbiati Hanno per il mio spirito l’incanto Dei tuoi occhi quando brillano offuscati. Laggiù tutto è ordine e bellezza, Calma e voluttà”.
Così cantava nel 1999 il Maestro riprendendo le splendide parole di Baudelaire che nel IX secolo scriveva “vivere insieme laggiù dolcemente! Amare a non finire, amare e morire, in un paese che a te è somigliante! Dove i soli inzuppati di quei cieli imbronciati hanno per la mia anima l’incanto davvero misterioso del tuo sguardo insidioso che manda lampi pure in mezzo al pianto. Tutto laggiù è ordine e beltà tutto è lusso, quiete e voluttà”.
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La domanda sorge spontanea. Il viaggio da intraprendere è interiore o verso un luogo vero e proprio? Sebbene Baudelaire non citi mai un luogo fisico alcune descrizioni sembrano richiamare l’Olanda. Vengono descritti i fiori, i mobili e i saloni delle case, le bellezze, il lusso, la ricchezza di quei luoghi. Ma come nella canzone di Battiato quello che conta è proprio il viaggio. Quel percorso, che in un certo senso richiama il cammino dantesco, colmo di pericoli e difficoltà. Ma essenziali per arrivare all’assoluto. All’Ideal cioè la condizione ultraterrena che garantisce la serenità dello spirito.
In entrambi i testi si parla di luoghi sognati, chissà se mai vissuti, chissà se mai esistiti. Porti sicuri per vascelli vagabondi e per ciurme che arriveranno all’Infinito, all’assoluto, solo grazie all’altra protagonista dei versi. Quella amata che Battiato lascia sempre sottintesa e che Baudelaire chiama “sorella” e “bimba”.
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Il viaggio a cui lei è invitata è un passo fondamentale nella poetica e nella vita del poeta francese. Un qualcosa di imprescindibile per colmare il disequilibrio provocato dallo Spleen. Ma in quello del cantautore siciliano manca un aspetto fondamentale. Il lusso. Lo sfarzo esotico che richiama l’Oriente non c’è più.
Tra i versi liberi di Battiato, rispetto alle rime baciate di Baudelaire, il viaggio è soprattutto interiore. Poco spazio alla materia. Un viaggio verso un luogo che richiama l’io della sua amata. E se in questo i due scrittori si allontano, come se i vascelli di uno portassero cose che le navi dell’altro non hanno nella cambusa, il finale in francese della canzone del Maestro richiama alle stimolazioni sensoriali provocate dalle parole della lirica de “Les Fleurs du mal”. Un risveglio tra i profumi e i suoni di un giardino e dei sui fiori. Quei fleurs che danno anche il titolo all’abum in cui è contenuto “Invito al viaggio”. Quel viaggio che l’ascoltatore compie tra musica e versi, tra Italia e Francia. Tra parole e suoni.