Bartolomeo Pinelli, l’artista della Roma bulla
Bartolomeo Pinelli, romano di Trastevere dove oggi è visibile un busto in sua memoria, fu sicuramente uno degli artisti più importanti della Roma ottocentesca.
Nato nel 1781, suo padre era un modellatore di statue sacre e lo avviò all’arte della manipolazione della ceramica. Le sue doti trovarono però maggiore sfogo nelle tecniche dell’incisione, del disegno e della pittura.
Tra le sue più famose caratteristiche ci fu quella di rappresentare con dovizia di particolari i costumi del popolo del XIX secolo. In particolare la Roma dei bulli, di Meo Patacca, di Rugantino.
Realizzò circa 4000 incisioni e 10 mila disegni, dedicati soprattutto ai costumi, alle tradizioni popolari e alla storia dell’Urbe.
Le usanze, i mestieri, le feste, le tradizioni, la quotidianità della Roma “de ‘na vorta”.
La città descritta da Peresio nello Jacaccio, da Berneri nel Meo Patacca, da Belli nei suoi 2000 e più sonetti. Quella Roma in cui le rivalità tra rioni si risolvevano a sassate e coltellate. Dove “er mejo amico” stava in tasca. Il tipico “3 scrocchi” romano.
Un luogo pieno di contraddizioni, diviso da secoli tra nobili e plebei. Tra la monumentalità del centro storico, tanto apprezzato da Leopardi, Stendhal e Gregorovius, e l’abbandono della periferia che il Belli definì “er deserto”.
Le sassaiole dei bulli di Trastevere, Regola, Monti, rioni sempre in guerra fra loro, trovavano il loro campo di battaglia nel Foro Romano, detto “Campo Vaccino”. Il romano de Roma, con tutti i suoi difetti e la sua indole violenta, affascinava gli stranieri, che ne ammirava la dignità dei gesti e la scultorea bellezza, illustrati ed esaltati da Bartolomeo Pinelli. L’artista di Trastevere illustrò alla perfezione questi personaggi nelle 52 tavole per il poema “Meo Patacca” di Berneri.
Oltre alle sassate lo svago festivo dei bulli erano proprio le dispute al coltello. Una cordicella avvolgeva la lama, a mo’ di “sicura”, fino a lasciarne scoperta solo la punta, per la cosiddetta “puncicata”. La giacca (raspa) avvolta sul braccio era lo scudo. I bulli si affrontavano in questi duelli sportivi al primo sangue circondati dal pubblico.
Questa era la Roma splendidamente rappresentata dalle opere di Pinelli.
La storia dell’Urbe a lui coeva non fu il solo temaa cui si dedicò. La storia di Roma antica che meravigliosamente riprodusse nella “Istoria romana. Incisa all’acquaforte” ,100 tavole incise con la tecnica dell’acquaforte, oggi valutata migliaia di euro dagli antiquari. L’opera si basava sulla traduzione settecentesca di Charles Rollin della storia di Tito Livio, sviluppando un efficace linguaggio di schemi narrativi e gestuali, amplificazione enfatica della contemporanea pittura di storia, da Pelagio Palagi a Camuccini. Produsse inoltre numerose incisioni per le edizioni ottocentesche di opere di Dante Alighieri, Torquato Tasso, Lodovico Ariosto e Virgilio, ma anche raccolte di stampe sulla storia greca, sui costumi del Regno di Napoli e della Svizzera.
Le immagini pinelliane della cosiddetta “Roma sparita” sono state fonte di ispirazione anche per film su bulli storici come “er Tinea”, Romeo Ottaviani. Noto come “er più de Trastevere” fu il protagonista del film di Sergio Corbucci “Er più – Storia d’amore e di coltello”, interpretato da Adriano Celentano e Claudia Mori, del 1971.
Sempre Celentano, nel 1973, recitò in “Rugantino” noto soprattutto per il tentativo non apprezzato dell’attore milanese di parlare romanesco.
La maschera romana del ‘700 fu comunque degnamente rappresentata dalle due edizioni della commedia musicale realizzata da Garinei e Giovannini. Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Lando Fiorini, Enrico Montesano, Alvaro Vitali furono solo alcuni degli attori che si alternarono sul palco.
Un altro attore romano, Gigi Proietti, recitò il suo primo film da protagonista nel 1972 interpretando proprio un bullo. Si tratta di “Meo Patacca”, il personaggio della Roma seicentesca tanto caro al Pinelli.
Morì 186 anni fa, il 1° aprile del 1835 lasciando incompleta l’illustrazione del “Maggio romanesco” di Peresio (seconda edizione più italianizzata dello “Jacaccio overo il Palio conquistato”), un poema eroicomico che descriveva le continue zuffe tra i bulli della Roma papalina.
Fu un assiduo frequentatore dell’Osteria del Gabbione, in via del Lavatore, dove ogni sera si recava in compagnia dei suoi cani. Il locale è ricordato da Giuseppe Gioachino Belli in alcuni versi dedicati a Pinelli (il “Gabbionaccio” del sonetto “Morte der zor Meo”) dove viene immaginato che la morte dell’artista fosse stata causata da una serata alcolica sopra le righe.
“Sì, quello che pportava li capelli
Ggiù pp’er gruggno e la mosca ar barbozzale,
Er pittor de Trestevere, Pinelli,
È ccrepato pe ccausa d’un bucale”.