Backwards, l’esordio degli Envoy: “Adottare un suono analogico non è stato casuale”
Affonda le radici nell’alternative rock di oltremanica, con un particolare rimando alla scena indipendente di fine anni Novanta, Backwards, il singolo di debutto di Envoy, uscito lo scorso 12 ottobre e che sancisce l’esordio assoluto di una band di giovanissimi tutta da scoprire.
Vincitori di LAZIOSound, promosso da Regione Lazio, gli Envoy sono in grado di far incontrare le sonorità di formazioni come Radiohead, Massive Attack, U2, Blur, con una spiccata nota sperimentale.
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Esordio con un brano registrato interamente in analogico, come mai questa scelta?
L’adottare un suono analogico non è stata una scelta casuale. Il poter toccare con mano la musica ovviamente ha delle conseguenze profonde in fase di composizione. Si entra in una dimensione fatta meno di monitor e scelte, e una fatta più d’istinto e di “pancia”. In un certo senso permette di raccontare le idee con una maggiore intensità, e forse fare scelte che anche se inconsapevoli, si dimostrano spesso più a fuoco. E poi c’è la parte divertente! Noi siamo dei veri smanettoni! Proviamo piacere nel complicarci la vita; nel nostro caso, più le cose possono andare storto e più ci divertiamo.
Ma la vera ragione dietro a tutto questo è data dalla diversa pasta sonora che si ottiene con questo tipo di strumentazione. Ora, si potrebbe parlare per ore dei mille modi in cui il suono analogico si potrebbe dimostrare migliore del digitale, ma per quello ci sono i forum di audiofili. Per noi semplicemente è una questione di sensazioni, di essenza del suono. Semplicemente è diverso in un modo che ci piace, e che ci trasmette un movimento e un calore diverso. Comporre musica è una questione di vitalità e tridimensionalità, non è una cosa che si può descrivere utilizzando termini troppo tecnici. Ci si perde nell’oceano di vibrazioni di una canzone, e si entra in quella dimensione istintuale di cui parlavamo prima.
Backwards è il vostro biglietto da visita ed esprime il vostro progetto “che affonda le sue radici dell’alternative rock d’oltremanica”: pensate che il panorama musicale italiano possa quindi esservi stretto?
Un po’. E non potrebbe essere altrimenti. Purtroppo, o per fortuna, siamo sempre stati piuttosto scollegati dall’immaginario di cui ci hai detto sopra, probabilmente a causa della nostra esperienza. A questo aggiungiamo il tempo che tutti abbiamo passato lontano dall’Italia (tanto), l’avere un batterista per metà francese, e un chitarrista cresciuto in UK; a questo punto verrebbe da chiedersi effettivamente quale sia la nazionalità di questo progetto. E sinceramente? Non ci importa granché. Non vogliamo essere assimilati a una scena, o a un luogo d’origine. Facciamo quel che facciamo perché non potremmo fare altrimenti. Questo nostro è l’unico modo che conosciamo, è nella nostra personalità, ed è il filtro con cui preferiamo condividere la nostra visione del mondo.
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Backwards – dite – è ciò che ha fatto nascere il progetto, “è la somma di tutte le nostre influenze musicali”; data la presenza di molte influenze musicali, qual è la vostra caratteristica, l’elemento che vi contraddistingue?
Domanda interessante, a cui non siamo perfettamente sicuri di saper rispondere. In parte è una questione di gusto, e in parte una questione pratica. Siamo da sempre profondamente attratti dalle vecchie e dalle nuove tecnologie, e spesso cerchiamo di incorporarle nella nostra musica. In alcuni pezzi abbiamo pensato: come ricreare la sensazione dello spazio con la chitarra? Come facciamo a dare l’idea di un razzo che parte usando un sintetizzatore? Siamo molto affascinati da tutto ciò che è più grande di noi, e quale miglior esempio dell’immensità del cosmo? Ci sono prospettive che crediamo intimamente necessarie al nostro sviluppo in quanto esseri umani; prospettive che si hanno soltanto quando si è posti davanti alla vera scala dell’universo. Lo studio e la conoscenza portano consapevolezza, ma anche un profondo senso di umiltà, e reverenza verso il mondo. Riguardo questo, qualche tempo fa ci siamo trovati a dover scegliere tra una serie di campionamenti da inserire in una canzone, si tratta di un pezzo che parla proprio di questo, e alla fine abbiamo optato per un certo famoso discorso dello scienziato e divulgatore Carl Sagan, voce narrante che ha talvolta accompagnato i pomeriggi delle nostre infanzie.
C’è poi la parte strettamente pratica, che riguarda il nostro presente più che mai: oltre ad essere grandi smanettoni, siamo anche dell’opinione che ogni cosa possa tornare utile in qualche modo: più conoscenze e maestranze hai in tanti campi, meglio è. Siamo tutti appassionati di fotografia, luce, elettronica di ogni tipo, e ovviamente scienza, e questo ci permette di avere molta libertà in ambito creativo. Non succede di rado che una conoscenza acquisita in un altro campo possa tornare utile in fase di scrittura della musica.
Per quanto riguarda la musica poi nel senso più pratico, chi lo sa, si potrebbe dire il sound, risultato delle nostre influenze, o l’immaginario dovuto alle nostre diverse nazionalità, o tutto quello che abbiamo detto prima, ma la verità dei fatti è che non c’è un vero studio fatto di proposito dietro alla nostra musica. Noi ci divertiamo e basta. Rispecchia quello che siamo semplicemente, e non potrebbe essere altrimenti.