“Avetrana – qui non è Hollywood”, l’omicidio di Sarah Scazzi diventa serie tv: non mancano le polemiche
Nessuno l’ha ancora vista, eppure è già destinata a scatenare polemiche e feroci dibattiti: “Avetrana – qui non è Hollywood“, la serie tv di Pippo Mezzapesa incentrata sull’omicidio di Sarah Scazzi avvenuto nell’agosto del 2010 debutterà su Disney Plus il 25 ottobre e verrà, inoltre, presentata in anteprima alla diciannovesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Polemiche, dicevamo. Sono stati sufficienti i quarantacinque secondi del trailer rilasciato quest’oggi ad alimentarle, ulteriormente accentuate da una locandina promozionale il cui intento comunicativo è difficile da comprendere: sembra parodistica, ma certamente non lo è, non può esserlo, eppure le pose dei tre attori principali, i loro sguardi fissi sull’obiettivo, la loro posa, la disposizione stessa a favore di microfoni è sinceramente ambigua, tra il serio e il faceto.
Spietati alcuni commenti sui principali social network: “sembra un episodio di Boris”, “ma la Disney non era family friends?”, “sciacalli”, “sembrano le locandine di Capatonda”,”Discutibilissima la scelta grafica e dei colori. Sembra una serie comedy. Cozza tantissimo con il tema”, “spettacolarizzazione del dolore” e potremmo andare avanti ancora per lungo, ma non avrebbe granché senso se non quello di dimostrare che l’accoglienza non è stata di unanime, meno che mai estremamente positiva. C’era da aspettarselo, al pari degli attacchi al diritto di cronaca che, puntale come il raffreddore stagionale, finisce sul banco degli imputati, accusato di spettacolarizzare il dolore. Difficile, in questa sede, affrontare il tema che, comunque, ci riserviamo di analizzare in futuro.
Al netto di una locandina che è davvero troppo brutta per essere vera, va sottolineato come non è la prima volta che casi di cronaca nera diventano prodotti televisivi e che, parlare di “spettacolarizzazione del dolore” può scatenare controversie con punti di vista diametralmente opposti. In passato è accaduto lo stesso, ma forse anche peggio, come con Alfredino Rampi, il bambino di sei anni caduto in un pozzo artesiano nel 1981. In quella circostanza andò in onda un vero e proprio reality show televisivo con telecamere onnipresenti e una diretta della Rai durata quasi venti ore. Altri nomi diventati materiale per il mainstream televisivo: Pietro Pacciani, Olindo e Rosa Bazzi, Emanuele Orlandi, Chiara Poggi, Meredith Kercher, Yara Gambirasio. Lista lunghissima, ci fermiamo qui.
Di certo c’è che un evento così clamoroso come quello di Avetrana, che ha profondamente turbato l’opinione pubblica italiana e lasciato un solco indelebile nella storia del racconto a mezzo stampa, è una ferita ancora troppo fresca per relegarla alle pagine della storia. I nomi di Michele Misseri, Sabrina Misseri e Cosima Serrano disturbano e rendono ancora inquieti coloro che si trovano a pronunciarli. Un delitto che ancora oggi, a distanza di più di un decennio, viene affrontato nei salotti televisivi, come come di Cogne.
Sono quattro gli episodi che danno vita alla serie tv, ognuno dei quali offre una prospettiva diversa a seconda dei “personaggi” chiamati in causa. L’intento sarebbe quello di mostrare il caso da quattro visioni diverse al fine di avere un quadro quanto più complementare possibile. “Avetrana – qui non è Hollywood” è liberamente ispirata al libro “Sarah: la ragazza di Avetrana” di Carmine Gazzani e Flavia Piccinini”. Non è ancora uscita, ma fa già parlare di sé.
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