Antonello Loreto: “Regina Blues è un omaggio all’Aquila e un ritorno alla coscienza collettiva”
«Questo libro lo voglio dedicare a tutti quelli che resistono». Con queste parole dello scrittore Antonello Loreto, che ad oggi suonano con più forza che mai, riparte anche il Comitato per la comunicazione Culturale città di Avezzano. Sentimenti di resilienza e speranza che accompagnano il lettore in “Regina Blues“, terzo romanzo dell’autore aquilano edito da Edizioni Progetto Cultura e presentato il 4 luglio 2021 alle 18:00 presso l’Aia dei Musei in via Nuova. Il primo evento dopo un anno difficile gravato dalle chiusure della pandemia al quale hanno partecipato anche l’assessore Gallese e Di Stefano.
A presenziare il dibattito con Antonello Loreto la giornalista Roberta Maiolini e la professoressa Mafalda Di Berardino. A quest’ultima il compito di leggere alcuni estratti dell’opera dello scrittore, dedicata alla sua città natale, L’Aquila. In particolare Regina Blues riporta alla memoria il terremoto che colpì la città il 6 aprile 2009, ma lo fa attraverso una storia parallela, ambientata per l’appunto nella città di Regina. Una partita di calcio tra gli studenti di due scuole verrà sconvolta da un evento catastrofico, che segnerà per sempre i 22 partecipanti. A distanza di trent’anni, Syd, protagonista ed allora arbitro della partita in questione, si ritroverà ad affrontare il suo passato in quella città che lentamente si è ripresa.
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Regina Blues, come spiegato dallo stesso autore, è un libro che descrive minuziosamente Regina, con costanti rimandi all’Aquila, seppur non venga mai menzionato il luogo ed il terremoto. Ma come è nata la carriera di scrittore che ha portato Antonello Loreto, classe 1970, a pubblicare 3 libri?
«È difficile sintetizzare con poche battute il mio percorso. Dalla mia laurea in giurisprudenza fino a quando ho deciso di fare lo scrittore sono passati vent’anni. In questo tempo sono stato manager di diversi settori, vivevo a Londra, ma sentivo che non era la mia vita. Ho sempre scritto fin da piccolo e poi come hobby. Nel 2014 infine ho deciso di farlo diventare un lavoro vero e proprio pubblicando “La favola di Syd”. Regina in Blues rappresenta un po’ un prequel del mio primo libro, anche se è stato pubblicato dopo».
«Uno scrittore –ha proseguito Loreto– è innanzitutto una persona curiosa che si affaccia sul balcone del mondo per capire cosa succede al di fuori. Questa curiosità gli dà poi la possibilità di guardare e raccontare ciò che ha intorno».
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Il terremoto, descritto come “l’agghiacciante urlo della terra“, è un evento catastrofico, che annichilisce tutto. Ma dalle macerie si può sempre rinascere. La vita di Syd, così come quella dei 22 studenti/giocatori, si ritrova, dopo 28 anni dalla tragedia di Regina, a fare i conti con se stessa. Per Antonello Loreto si è trattato di una sorta di terapia d’urto con cui esorcizzare l’evento traumatico che colpì L’Aquila il 6 aprile del 2009. Non è un caso che il messaggio dell’autore sia proprio quello di resistere sempre e comunque.
«Quando vado a fare le presentazioni in giro per l’Italia, mi capita spesso di incontrare degli aquilani. Mi sono reso conto di una differenza enorme che c’è tra gli incontri che tengo nella mia città natale, dove del terremoto quasi nessuno vuol parlare, e nelle altre. Se incontro qualche aquilano che vive fuori, la prima cosa di cui si parla è proprio il terremoto. Secondo me c’è stata una condizione particolare per cui le persone aquilane che quella notte non erano presenti, hanno vissuto una sorta di senso di colpa. Come se non avessero partecipato al dolore e al lutto assieme ai concittadini. Ognuno di noi esorcizza il senso di colpa a modo suo. “Regina Blues” è la mia forma personale con cui cerco di pulire la mia coscienza per non esserci stato il 6 aprile».
Una terapia d’urto ma allo stesso tempo un veicolo per trasmettere un messaggio di speranza: riappropiarsi della propria coscienza collettiva.
«Una coscienza -ha spiegato Loreto- che quando c’è la diaspora delle persone si perde inevitabilmente. Questo è il mio tentativo per cercare di fermarmi e considerare la cultura come baluardo ed elemento fondamentale affinché la coscienza collettiva resti salda. Non è un caso che nel mio romanzo l’unico edificio a non crollare è proprio una biblioteca
Così come la musica, componente fondamentale nella vita dell’autore e all’interno del romanzo. Numerosi sono i rimandi ad artisti, band e musicisti degli anni ’80.
«Un elemento simbolico e di rinascita è quello in cui si parla di due amici che, amanti della musica, decidono di mettere in piedi una libreria che vende anche i vinili. Il nome del locale è “The Queen Is Not Dead”, in contrasto con il terzo album dei The Smiths “The Queen Is Dead”. Dopo trent’anni la libreria è il simbolo della rinascita della città».
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Cinema, scrittura e musica in Regina Blues si uniscono per dare al lettore l’impressione di trovarsi realmente lì, in mezzo a quelle strade pervase dagli odori e i profumi. Ricchissimo di citazioni agli artisti di fine anni ’80, nello scritto di Antonello Loreto c’è l’intenzione di rendere epici ed immortali i protagonisti. Da qui la scelta di dare loro dei nomi molto particolari che, come ha spiegato, sono stati ripresi dalle squadre di calcio dell’Ajax e del Santos. E soprattutto perché il calcio, ma lo sport in generale, è forse uno dei pochi elementi di coesione sociale che realmente fa sentire le persone appartenenti ad una coscienza collettiva.
In una situazione pandemica nella quale l’incertezza e la divisione sono delle costanti nella vita collettiva, un romanzo come Regina Blues di Antonello Loreto ci ricorda come un edificio in sé è solo un pezzo di materia morta. Ciò che rende viva una comunità sono le persone e la speranza di restare aggrappati ad una coscienza che né un terremoto, né una malattia potranno mai cancellare. Per terminare con le parole dello scrittore, al quale abbiamo chiesto quale canzone dedicherebbe all’Aquila e a chi resiste in generale:
«Risponderei con la canzone che cito nel finale della parte centrale del libro, quando avviene un fatto importante: la fine della tragedia ed il salto in avanti di 28 anni, con i ragazzi ormai cinquantenni. C’è un brano musicale, “Por una cabeza”, un tango di Carlos Gardel, reso famoso perché lo ballò Al Pacino nel finale di “Scent of a Woman”. Probabilmente è un pezzo che rappresenta in pieno la tragedia vissuta dalla città»