Annalisa Favetti è Lady D. L’intervista all’attrice in scena al Teatro Lo Spazio
Era il 31 agosto 1997 a Parigi e il mondo intero, sconvolto, piangeva la morte del simbolo indiscusso dell’aristocrazia inglese, una delle icone più famose del XX secolo: Lady Diana, principessa del Galles. Ed è proprio tra i rottami fumanti dell’incidente stradale sotto al tunnel del Pont De L’Alma della Ville che l’attrice Annalisa Favetti si fonde con lo spirito di Lady D lasciando spazio ad un monologo viscerale, intenso, inedito e puro che restituisce vita, una fenice che rinasce dalle ceneri dello strazio, della sofferenza, del bisogno struggente di umanità.
Lady D, figlio di penna di Clelia Ciaramelli, con le scenografie di Giuseppe Santilli, è diretto da Pino Ammendola, in scena dal 17 al 27 febbraio al Teatro Lo Spazio a Roma. Abbiamo intrapreso un viaggio alla scoperta della vera essenza della Principessa dagli occhi tristi con Annalisa Favetti.
Parliamo della genesi del progetto, come nasce Lady D?
Lady D nasce da una somiglianza, molti mi riconoscevano una somiglianza con Lady Diana. In seguito, c’è stato un vero e proprio lavoro a livello testuale; tramite un giornalista londinese della BBC ho iniziato un percorso di costruzione assolutamente non banale.
La mia intenzione era quella di non restituire al pubblico notizie già conosciute, ma di andare più a fondo, ricercare elementi di femminilità e di umanità. Questo è uno spettacolo senza tempo, nel senso che, partendo dall’incidente stradale, Lady D instaura un dialogo introspettivo incosciente del suo stato di morte. Ne derivano tutte le emozioni che si confondono con i silenzi eterni e i pianti dolorosi.
Ci si imbatte in un momento etereo, quello dell’aldilà. Qui, la principessa, incontra i suoi pensieri e cerca di riprendersi lo scettro della sua libertà. Dal canto mio, posso dire di aver toccato elementi che potevano interessare il pubblico, argomenti che andavano oltre la Corona inglese.
È interessante pensare alla vicinanza che si va a creare tra l’attore e il personaggio da interpretare. In questo caso c’è proprio un lavoro che oltrepassa la mera superficialità che aleggia intorno ad un’icona come Lady Diana.
Io porto prima di tutto una donna e le sue emozioni. Certo, è una delle donne più famose di questi ultimi secoli ma, al tempo stesso, mi interessa l’emotività, la sua fragilità, la sua forza.
Mi preme sottolineare l’amore proveniente dall’universo femminile; la sua vita privata, gli amanti. Non mi espongo più di così poiché mi piace pensare che il pubblico possa sentire queste vibrazioni durante lo spettacolo, anche perché ci sono delle notizie molto forti confermate dalla BBC. C’è da dire che il regista Pino Ammendola mi ha permesso di approfondire il personaggio nell’intimo.
Quando salgo sul palco parlo di lei nell’intimità, nel rapporto con se stessa, con la madre, con la famiglia. Per me LadyD è un progetto di evoluzione come attrice.
Alla luce di quanto detto finora, riesci a vedere te stessa nei tratti di Lady D?
Tantissimo, mi sento molto vicina a questo personaggio. Un po’ perché, come è normale che sia, il personaggio passa attraverso la personalità dell’attore e, insegnando teatro, ho capito che il metodo personifica l’attore, soprattutto perché nelle parole che pronuncio io rivedo me stessa. Mi riconosco nella forza e nella fragilità.
A volte Lady D dice delle frasi che urtano la mia sensibilità, questa è la forza della fragilità. Ad un certo punto dice: “io sono incapace ad inserirmi nella vita” e lì ho avvertito tutta la sua difficoltà nel gestire una corona, difficoltà che si è confrontata anche con vari tentativi di suicidio. Un’altra grande forza che riconosco nella Principessa Diana risiede nel fatto di essersi rialzata aiutando il prossimo. Lei ha utilizzato la sua fama per gli altri.
Una donna che viveva la contraddizione esistenziale tra Corona e umanità. Nel suo essere esponente dell’aristocrazia inglese andava in Africa in piena emergenza idrica, si occupava dei bambini. In più voleva essere amata, ha cercato l’amore. Questa è l’unicità della vita nel senso della sua meravigliosa contraddizione.
Potresti descrivere lo spettacolo con tre aggettivi?
Emotivo, commovente e puro. Ci tengo molto a quest’ultimo aggettivo perché rimanda ad un senso infantile, nell’accezione positiva del termine. Questo spettacolo è un esperimento nuovo, particolare, ricco di soprese che non posso svelare per ora.
Ci sono dei personaggi che vengono da Londra a testimonianza di un viaggio caratteristico, un percorso che inizia tra le lamiere con destinazioni ultraterrene. È uno spettacolo emotivo che parla di una donna. Io spero di trasmettere forti emozioni, è la prima volta che produco un lavoro del genere e ci ho messo tutta me stessa.
Ho voluto portare sul palco la trasparenza di questa donna, caratterizzata da sbalzi di ruolo continui: madre, moglie, amante, figlia, bambina. A testimonianza di purezza di sentimento mai svanita negli anni. Spero che LadyD piaccia e spero tocchi le corde più profonde del pubblico.
“Io non seguo il libro delle regole. Io mi faccio guidare dal cuore e non dalla testa”.
Era il 31 agosto 1997 e il mondo perdeva la principessa del popolo ma acquisiva un eterno esempio di umanità da perseguire nei secoli a venire.