“Scene di vita quotidiana – Toxic Ediction”, l’originale raccolta di poesie di Andrea Siniscalchi Montereale
«Dichiaro che gli avvenimenti e i personaggi descritti in questo libro non sono frutto della mia fantasia». Questa la lapidaria dichiarazione di Andrea Siniscalchi Montereale, in apertura della sua raccolta di poesie “Scene di vita quotidiana – Toxic Ediction”.
E infatti quest’opera è totalmente autobiografica, e contiene le riflessioni dell’autore sulla sua vita e sul mondo che lo circonda; sono liriche crude e schiette, in cui si provoca e si sbeffeggia, a volte con sarcasmo, altre con cinica lucidità. La raccolta è divisa in capitoli, che hanno ognuno un tema portante; si può prendere spunto dalla città in cui si vive o dalla fine di un amore, dall’incomunicabilità umana o dalla sensazione che non ci sia un senso in questo viaggio esistenziale.
In “Quadri Milanesi”, ad esempio, racconta la sua parentesi di vita a Milano tra il 2018 e il 2020 in cui ha lavorato come insegnante. Sono storie di folle normalità in cui campeggia l’inaccettabile indifferenza dell’uomo.
«Ci passiamo attraverso/così/come se nulla fosse/ci dileguiamo/come fantasmi/persi in orizzonti/separati/dio, è assurdo/passata via/e non ci rivedremo mai/mai/mai più/come se nulla fosse».
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In “Toxic” si narra dell’egocentrismo al suo apice. Ancora più amara della precedente, questa parte è pregna di disillusione, di dolore ma anche di rabbia verso il genere umano.
«Dopo un po’ esco/per prendere a cazzotti la prima faccia/geneticamente atta/per essere una faccia di merda/prenderlo a pugni in bocca/per sconvolgergli la giornata/per emozionarlo/-l’essere umano- /come non potrebbe mai/ una poesia».
In “Cronache di un cavaliere in cerca di una favola” si rammentano le gioie della gioventù .
«Il dramma era che già sapevamo/precocemente, maledettamente sapevamo/che quella noja, quella terribile libertà/da cui si fuggiva in scooter/come due miseri rottami/era il meglio, dico, il meglio assoluto/di tutto ciò che un giorno/centocento/avremmo rimpianto».
In “Dai tuoi occhi” si dipingono scene viste attraverso gli altri.
«Scene ascoltate, masticate e metabolizzate come fossero da me vissute».
In “Alla ricerca delle scene perdute” fa una confessione: non riesce a lasciare nulla indietro, e così recupera le poesie che non hanno trovato casa nelle sue precedenti raccolte.
In “Se mi distraggo piango”, infine, ricorda i momenti bui della sua vita, quelli che rimangono come cicatrici sul cuore.
«Perché il problema mio è che non dimentico nulla/nessun insetto si libera dalla tela azzeccosa dei miei terribili incubi». Sono liriche malinconiche, che parlano di distacco e di fine delle illusioni. Una perfetta chiusura per un’opera intima, struggente e profondamente vissuta.