Allora Fest: le parole di Oliver Stone e Jeremy Irons fanno breccia nella kermesse
Si è scagliato contro il #MeToo, movimento contro le molestie sessuali nato nel 2017 sulla scia delle accuse che hanno permesso di incarcerare il produttore Harvey Weinstein, il regista Oliver Stone – tre volte premio Oscar – tra gli ospiti dell’Allora Fest, manifestazione internazionale di cinema, arte e musica che si è appena conclusa a Ostuni, in puglia. Una kermesse segnata dal fermo di Paul Haggis, con l’accusa di violenza sessuale e lesioni personali aggravate ai danni di una donna, episodio che sarebbe avvenuto proprio mentre si trovava ad Ostuni.
Ai microfoni di Repubblica, Stone è intervenuto proprio su questo episodio commentando i fatti, tirando in ballo anche il caso di Amanda Knox, protagonista dei “fatti di Perugia”. Stone si è detto perplesso: La notizia non poteva arrivare in un momento peggiore. So che è in corso un’indagine approfondita, nessuno vuole un caso alla Amanda Knox. La verità è che con l’era MeToo è aumentata la sensibilità sull’argomento, qualunque accusa su qualunque cosa. Ora è difficile per un uomo e una donna parlare in un ambiente intimo, privato, non sai mai cosa può seguirne. Meglio essere sempre in tre”.
Nel caso specifico di Haggis, il regista pluripremiato ha detto: “Non conosco il sistema giudiziario italiano, non so se è come in Fuga di mezzanotte ma mi pare di capire che i giudici hanno molto potere. Le indagini”, ha deto ancora, “sono sempre complesse e approfondite. Come è stato complesso il lavoro per Jfk Revisited, il documentario fatto trent’anni dopo l’uscita del film. Con nuovi materiali verificati da un’indagine ufficiale, federale, che i media americani hanno ignorato. È la nuova censura: omettere. I media tradizionali non cercano la verità. Hanno voluto vedere solo la mano di Lee Harvey Oswald. Era una cazzata allora e lo è oggi”.
Stone è stato protagonista anche di una Masterclass incentrata sul suo processo di ricerca e realizzazione di film basati su storie vere, come nel caso del sopracitato lungometraggio su George W. Bush. “Importante fare luce su un’operazione vergognosa come quella condotta in Iraq”, ha detto.
Nello stesso giorno, anche la masterclass di Jeremy Irons. Cappello di paglia e sandali, l’attore ha ripercorso la sua carriera e risposto alle numerose domande del pubblico, la quali hanno innescato una serie di divertenti racconti. Tra gli aneddoti, la sua partecipazione al film di David Lynch, Inland Empire, uno dei film più criptici del regista americano. Irons, che nel film interpreta il regista Kingsley, ha raccontato infatti che anche dopo aver accettato il ruolo ed essere arrivato sul set, non riusciva a comprendere esattamente cosa dovesse fare, motivo per cui chiese alla protagonista Laura Dern se sapesse di cosa parlasse il film, domanda a cui lei rispose “Non ne ho idea”.
L’attore premio Oscar ha poi raccontato come si è approccia ai diversi ruoli: “Il mio approccio alla recitazione è lo stesso di quando riparavo le sedie, se capisco che posso apportare qualcosa a un ruolo, posso rinnovarlo, migliorarlo, allora mi sento attratto da esso, altrimenti no”. Proprio questa attitudine è quella che l’ha spinto a rifiutare il ruolo proposto da Clint Eastwood nel film Unforgiven.
La conversazione si è poi spostata sull’amore per l’Italia, luogo di cui Irons conserva molti ricordi piacevoli, legati soprattutto alle esperienze fatte sul set di Io Ballo da Sola di Bernardo Bertolucci e Callas Forever di Franco Zeffirelli. Ai giovani attori, ha consigliato: “Se siete bravi a fare altro, fate altro! In questo ambiente ce la fa davvero uno su mille e io sono stato estremamente fortunato. La qualità delle offerte inoltre è sempre più bassa ed è sempre più difficile entrare in questo mondo. Se invece non sapete fare altro, continuate su questa strada, ma sappiate che dovrete fate pratica ogni giorno”.
Foto Andrea Marchegiani www.andreamarchegiani.it