Alla scoperta del Giardino delle Delizie, il dipinto più misterioso di Hieronymus Bosch
In occasione dei 570 anni dalla nascita dell’artista fiammingo Hieronymus Bosch, desideriamo approfondire una delle sue opere più conosciute e, senza dubbio, la più misteriosa: il celebre Giardino delle Delizie, anche noto come Trittico delle Delizie. Ancora oggi studiosi e appassionati si interrogano su questo grande dipinto brulicante di figure, oggetti e simboli enigmatici capaci di suscitare stupore e meraviglia.
Un artista enigmatico
L’esistenza di Bosch può considerarsi un intricato enigma. Il suo vero nome è Hieronymus (o Jeroen) van Aken, ma l’artista, per emanciparsi dal padre e dal nonno anch’essi artisti, si firma Bosch ossia un’abbreviazione di Hertogenbosch, la città olandese dove nacque nel 1453.
Le notizie biografiche di cui disponiamo sono scarsissime. Le uniche date certe sono il 1478, anno in cui sposò Aleyt de Meervenne (una delle donne più ricche della sua città) e il 1486, anno in cui l’artista entrò a far parte della confraternita di Nostra Signora, un gruppo religioso che condizionò fortemente la direzione artistica di Bosch.
Nelle venticinque opere a noi pervenute, il pittore dipinge la lotta tra il Bene e il Male, mettendo in guarda i contemporanei dalle forze oscure del peccato. A differenza degli altri colleghi fiamminghi, che in quel periodo si concentravano sulla cosiddetta pittura di genere e sulla riproduzione esatta di minuscoli dettagli domestici, Bosch gremisce le sue tele di figurine umane, animali, creature fantastiche, mutuate sia dall’interpretazione delle Sacre Scritture, sia dai racconti della tradizione popolare.
Il Giardino delle Delizie è un esempio emblematico di questa commistione criptica tra elementi fantastici e religiosi che non può fare a meno di lasciare a bocca aperta. Esaminiamola nel dettaglio.
Storia del trittico
La storia del trittico Il Giardino delle Delizie si conosce poco, così come l’identità dei suoi committenti. Gli studiosi escludono che sia stato realizzato per un ordine religioso e rintracciano il probabile committente in Enrico III di Nassau-Breda, luogotenente degli Asburgo nei Paesi Bassi.
Alla sua morte il trittico venne ereditato dal nipote Guglielmo I d’Orange e in seguito acquistato dal re di Spagna Filippo II che, nel 1593, lo trasferì al monastero dell’Escorial dove rimase fino al 1939, quando si spostò definitivamente al Museo del Prado.
Non è stato semplice nemmeno scoprire la data di esecuzione dell’opera: inizialmente gli storici ritenevano che fosse dell’inizio del 1500, ma approfondite analisi sul legno della struttura hanno stabilito che Bosch si mise al lavoro tra il 1480 e il 1490.
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Composizione e descrizione
Il trittico consiste in una struttura in legno richiudibile secondo l’usanza tedesca e fiamminga, composta da un pannello centrale pressoché quadrato e da due scomparti laterali a questo incernierati. Ciascuno dei tre pannelli è gremito di personaggi e figure insolite, dai colori accesi e dalla forte caratterizzazione onirica.
Nello scomparto sinistro Bosch rappresenta il Paradiso Terrestre, un luogo bucolico nel quale regna totale armonia e dove Dio, nelle sembianze di un giovane, presenta Eva ad Adamo. Intorno a loro si collocano piante e animali (reali e immaginari), mentre il centro è caratterizzato da un lago nel quale svetta la Fontana della Vita.
Il paesaggio bucolico prosegue nel pannello centrale (la linea dell’orizzonte è la stessa dello scomparto sinistro), affollato in questo caso da uomini e donne completamente nudi, dominati dalla lussuria. Gli unici personaggi vestiti, in basso a destra, sono proprio Adamo ed Eva. Nel registro superiore del pannello campeggiano edifici dalla forma bizzarra e animali di dimensioni irreali, tra i quali due gufi, simbolo di malvagità e corruzione.
Nello scomparto destro Bosch raffigura quello che viene definito “inferno musicale”, nel quale tutti i peccati capitali trovano espiazione. L’artista si sofferma con particolare attenzione sulle torture inflitte alle anime peccatrici e riempie lo spazio compositivo di creature mostruose e colori cupi.
Il trittico si può contemplare anche chiuso. Le due ante laterali si ripiegano sul corpo centrale e mostrano un quarto dipinto, che rappresenta il giorno della creazione del mondo, così come descritto nella Genesi.
Interpretazioni sul tema
Il Giardino delle Delizie unisce tradizioni popolari e citazioni bibliche, mitologia e fantasia, risultando un capolavoro unico nel suo genere.
Ogni personaggio raffigurato ha un suo significato allegorico, ma non è ancora del tutto intellegibile il rapporto che esiste tra le singole figure. La complessità del trittico e la presenza di numerosi simboli hanno incentivato nei secoli molteplici interpretazioni.
Una tra queste riguarda l’ipotetica adesione di Bosch alla setta eretica degli Adamiti, la cui dottrina raccomandava un esercizio sessuale intenso e costante. Altri studiosi sostengono invece che il trittico rappresenti una sequenza narrativa: dalla creazione dell’uomo fino alla sua morte; attraversando la vita terrena infatti l’essere umano perde gradualmente la sua primigenia innocenza.
L’interpretazione più plausibile, che vede concorde gran parte degli storici, eleva il trittico a una sorta di monito visivo con il quale Bosch ricorda i pericoli delle tentazioni e tenta di allontanare l’animo umano dalla dannazione della lussuria e dei peccati capitali in generale.
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Lo stile figurativo
I numerosi personaggi del trittico sono caratterizzati da fisionomie, per così dire, espressioniste. I moti facciali infatti sono molto enfatizzati come anche le singole posture. La muscolatura dei corpi nudi, al contrario, è appena accennata. Il chiaroscuro è quasi del tutto assente e le figure vengono tratteggiate tramite campiture di colore piatte e vivide.
Le proporzioni anatomiche si discostano da quelle classiche o rinascimentali; la bellezza ideale è sacrificata a favore della moltitudine. La presenza di decine di elementi sulla scena, oltre ad essere motivata dal soggetto, rappresenta la concreta applicazione dell’horror vacui.
Questa tendenza, traducibile con “paura del vuoto“, fu una costante in certa pittura dell’Europa Settentrionale e consiste nel riempire ogni spazio della superficie pittorica con figure, simboli o piccoli oggetti (nel dipinto, ad esempio, spuntano qua e là delle ciliegie, simbolo di lussuria).
I colori e lo spazio
Nel pannello centrale del trittico e su quello sinistro domina il verde chiaro dei prati mentre nello scomparto destro, i colori si scuriscono progressivamente verso l’alto: dal terreno giallo e arancio si passa, poi, allo specchio d’acqua grigio antracite. I roghi arancioni e rossi dell’orizzonte contribuiscono a illuminare il paesaggio complessivamente cupo.
Le figure umane in primo piano hanno un incarnato pallido, quasi a sottolineare la progressiva perdita della purezza e dell’energia vitale donata da Dio. Gli uccelli, gli esseri ibridi (quasi tutti mutuati dalla fauna ittica) e gli edifici fantasiosi possiedono colori vivaci e brillanti, forse perché situati in prossimità della Fonte della Giovinezza. Le montagne in lontananza rivelano un azzurro tenue che sfuma nella foschia.
La folla di personaggi crea una fitta trama di figure che rimpicciolendosi conferiscono profondità allo spazio. Non vi sono indicatori geometrici, pertanto, la prospettiva deriva dalla sovrapposizione dei corpi e dalla loro differente grandezza. L’orizzonte è molto elevato e tocca quasi il bordo superiore del trittico, espediente usato per dare l’illusione di una superficie più ampia. Infine, il primo piano del pannello centrale, gremito di figure, rende lo spazio più denso, rispetto a quello semi-deserto dello scomparto di sinistra.
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Influenze nella cultura di massa
Le fantastiche creature e i terribili demoni che popolano Il Giardino delle Delizie hanno suscitato lo stupore dei contemporanei di Bosch e l’ammirazione dei posteri. Il grande trittico, ad esempio, ha alimentato la già nutrita dimensione onirica di Salvador Dalì e dei suoi colleghi, eleggendo a buon diritto Hieronymus antesignano del movimento surrealista.
Le influenze culturali scaturite dal pittore e dalla sua straordinaria opera, dilagano ancora oggi nei più disparati ambiti, primo tra tutti quello cinematografico: ben nove docufilm hanno reso omaggio al Giardino delle Delizie e al suo autore. Tra questi non possiamo fare a meno di citare il lungometraggio Pictura (segmento “Hieronymus Bosch”) di Ewald André Dupont, Luciano Emmer, Robert Hessens ed Enrico Gras (1951), e il documentario Bosch – Il giardino dei sogni di José Luis López-Linares (2017).
Nella letteratura contemporanea Hieronymus Bosch viene citato più volte nei romanzi di Michael Connelly, il cui protagonista, il detective Harry Bosch, porta lo stesso cognome del pittore.
Nel settore musicale infine si riscontrano tre tributi di elevato spessore: Il lato destro del Giardino delle Delizie troneggia sulla copertina del disco Deep Purple III (1969) dei Deep Purple. Un dettaglio del celebre trittico adorna anche la copertina di Aion (1991) dei Dead Can Dance. Lo stesso gruppo ha inoltre intitolato un loro EP Garden of the Arcane Delights.
Alla luce di quanto scritto, si può senz’altro ritenere Bosch un artista in linea con i nostri tempi, quasi sei secoli di creatività… portati benissimo.