“Aida”: la disperata dichiarazione d’amore all’Italia di Rino Gaetano
Aida, come sei bella!
Un ritornello da cantare a braccia aperte, un grido da sentire nella pancia e lasciare uscire così, con gli occhi lucidi e con l’intensità che tutto il brano Aida – e l’intero repertorio di Rino Gaetano – porta con sé.
Non tutti sanno che per la composizione musicale di questa ballata che dava il nome al suo terzo album, pubblicato nel 1977, il cantautore aveva cercato ispirazione nel reggae di cui è rimasto affascinato, in particolare nel brano No woman no cry di Bob Marley. Come noto, il risultato fu completamente diverso dalle aspettative iniziali ma incredibilmente riuscito.
Aida parla di, anzi è l’Italia: una canzone tanto difficile quanto iconica, in cui Rino Gaetano ha saputo tracciare con il suo stile inimitabile e affidato alla simbologia, un affresco del nostro Paese nel corso del Novecento. Dal fascismo alla guerra, dal dopoguerra agli scandali e alle difficoltà degli anni ’70, in cui questo brano nasce.
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“Io ho cercato di scrivere, di portare in canzonetta, la storia dell’Italia, degli ultimi 70 anni italiani, partendo un po’ dalle guerre coloniali fino ad oggi. E allora mi sono servito, per fare questa canzone qui, di una donna, che ha vissuto, attraverso i suoi amori e i suoi umori e la sua cultura, la politica italiana. Questa donna si chiama Aida.” Così Rino Gaetano, durante un concerto del 1977, presentava quella che sarebbe diventata una delle sue ballate più note ed amate.
Il titolo
Per raccontare l’Italia, Rino scelse già nel titolo un nome simbolico. Immediato il collegamento con l’opera che Giuseppe Verdi scrisse per celebrare l’apertura del canale di Suez, che tra l’altro sembrerebbe essere stato progettato in realtà dall’ingegnere italiano Luigi Negrelli. Suez rimanda inevitabilmente ad un’epoca di conquiste, strategie, guerre e affari planetari).
Un titolo che secondo alcuni celebra in qualche modo il genio italiano. Secondo altri invece un semplice rimando alla stessa protagonista dell’opera: la principessa etiope Aida è combattuta tra l’amore per la sua patria e l’amore per uno straniero, così come l’Italia del dopoguerra è divisa tra le sue origini e il modello americano.
A noi bastano le parole dell’autore che spiegò: “Aida non è una donna ma sono tutte le donne che raccontano, ognuna per cinque minuti, la propria storia. E chiaramente qui viene fuori la storia di questi settanta anni italiani.”
Un grido che viene dalla pancia
Aida è un racconto disperato, disilluso e feroce. Il racconto del sentimento per l’Italia di un ragazzo degli anni ’70, un racconto di ombre e speranze, di disincanto e ironia, di passione e delusione.
Rino Gaetano lo fa affilando brevi versi più che simbolici, raucamente urlati uno dopo l’altro su un ritmo strumentale ripetitivo, quasi a voler focalizzare l’attenzione solo sulle parole e su una voce che canta tra rassegnazione e rabbia, il tutto supportato da un sax che fa da collante tra il ritornello e i versi.
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Il significato del testo
Uno sguardo al passato
Lei sfogliava
I suoi ricordi
Le sue istantanee
I suoi tabù
Le sue madonne
I suoi rosari
E mille mari
E alalà
Aida – Italia è una donna adulta che, dopo aver sofferto e gioito con intensità, sfoglia il suo album di fotografie e ricordi. Ma non sembra trattarsi di ricordi dolci: memorie di tabù che vanno di pari passo con le madonne e coi rosari di una tradizione cattolica che l’hanno resa quella che è.
I “mille mari” del Mare Nostrum: il mare dei navigatori, il mare dei poeti e della gente comune. Ma anche quello delle Repubbliche Marinare le cui bandiere campeggiano nel vessillo della marina militare, della retorica di un Paese dei santi e navigatori.
Una retorica nazionalista che ha il suo sbocco naturale nell’alalà del fascismo: con tre sillabe Rino Gaetano inserisce il ricordo dell’urlo di guerra. Eia! Eia! Alalà! era il motto di d’Annunzio e dagli aviatori italiani nell’incursione aerea su Pola del 1917, diffuso poi durante la presa di Fiume, poi esteso successivamente a tutto il fascismo. Deriva da Eia, l’urlo di Alessandro Magno e da Alalà, divinità della mitologia greca che personificava il grido di battaglia degli opliti.
Gli anni del fascismo
I suoi vestiti
Di lino e seta
Le calze a rete
Marlene e Charlot
Una catena di simboli che riprendono il costume degli anni il fascismo andava consolidandosi. Con i vestiti di lino e seta Rino cita un cinegiornale dell’Istituto Luce sul matrimonio di Edda Mussolini e Galeazzo Ciano: “vestiti di lino e seta, dopo la cerimonia si avviano al radioso futuro di novelli sposi”.
Segue Marlene: la diva Marlene Dietrich che incantava il pubblico con le sue (neonate) calze a rete interpretando nel film “L’Angelo azzurro”; ma anche Lili Marleen, canzone antibellica preferita dei soldati tedeschi che risuonava nella crudezza delle battaglie.
Dunque il protagonista di Tempi Moderni (1936), film satirico in difesa della dignità dell’uomo con cui Charlie Chaplin “attaccò l’asservimento dell’uomo ai dogmi della produttività, sia nel regime del profitto sia in quello dello stakanovismo”(R. Durgnat, 1971).
La seconda guerra mondiale
E dopo giugno
Il gran conflitto
E poi l’Egitto
E un’altra età
Marce svastiche
E federali
Sotto i fanali
L’oscurità
E poi il ritorno
In un paese diviso
Più nero nel viso
Più rosso d’amore
Dopo il 10 giugno 1940, quando da Palazzo Venezia Mussolini annunciava agli “italiani di cielo, di terra e di mare” che l’entrata in guerra. Dunque il gran conflitto e poi l’Egitto con le battaglie di El Alamein e di Giarabub, epopea della propaganda fascista.
E l’oscurità della morte e della guerra, una mancata luce alla fine di un tunnel che sembra infinito. I fanali potrebbero indicare le torrette di vedetta o quelli di cui parla proprio la canzone Lily Marleen.
E la fine della guerra tra il nero dei fascisti e il rosso dei partigiani, o ancora tra il nero della morte e dei visi sporchi e il rosso dell’amore ritrovato negli abbracci festosi con i cari.
Aida
Come sei bella
Un difficile dopoguerra
Aida
Le tue battaglie
I compromessi
La povertà
I salari bassi
La fame bussa
Il terrore russo
Cristo e Stalìn
Le difficoltà della ripartenza dopo tanta distruzione per la gente comune e la complicata situazione politica di un Paese completamente nuovo, spaccato in due.
Cristo e Stalìn: bastano queste tre parole, di cui l’ultima pronunciata con un accento popolare, per rappresentare il bipolarismo tra il modello capitalista americano e quello comunista russo, tra Dc e Fronte popolare. Ma forse anche la lotta tra Stalin stesso e papa Pio XII che lo scomunicò.
La disillusione
Aida
La costituente
La democrazia
E chi ce l’ha
E poi trent’anni
Di safari
Fra antilopi e giaguari
Sciacalli e lapin
L’illusione della democrazia (e chi ce l’ha?) in attesa di una Costituzione della neonata Repubblica Italiana che si protrae
per trent’anni di lotte tra politici (antilopi e giaguari), imprenditori (sciacalli) e uomini dello spettacolo (vestiti in modo sfarzoso con pellicce di lapin).
Il termine “antilope” rimanda allo scandalo Lockheed, l’azienda statunitense accusata di pagare tangenti a politici e militari per vendere agli stati esteri i propri aerei militari. Lo stesso presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Leone si dimise in seguito allo scandalo perché accusato di essere l’Antilope Cobbler, nome in codice del personaggio corrotto in Italia. Tra gli altri sospettati di essere l’Antilope vi furono Mariano Rumor, Giulio Andreotti e Aldo Moro.
Aida
Come sei bella
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La morte di Rino Gaetano
Chissà quale metafora originale avrebbe utilizzato Rino per raccontare l’Italia di oggi. Ma ogni possibilità di risposta è sparita insieme all’immenso Rino Gaetano in un violento schianto.
Era la notte del 2 giugno 1981 quando a bordo della sua Volvo il cantante invase la corsia opposta della Nomentana -all’altezza dell’incrocio con via Carlo Fea- non riuscendo ad evitare lo scontro con un camion.
Per assurde coincidenze o scherzi del destino, come vogliasi chiamarli – ma di certo lontano dalle teorie complottistiche che parlano di una morte preannunciata – Rino Gaetano morì come il personaggio di una sua canzone, La ballata di Renzo.
All’inizio della sua carriera cantava di un uomo che muore in seguito a un incidente stradale, per la gravità delle ferite e per essere stato rifiutato da alcuni ospedali. A Rino successe proprio questo: ben cinque ospedali romani rifiutarono il ricovero, perché pieni o non attrezzati.
Diventa allora più facile sentire la disperata amarezza gridando quel Come sei bella ad un’Italia in cui la malasanità ha lasciato morire un ragazzo di trent’anni. Un ragazzo che sapeva raccontare l’Italia con una leggerezza e una profondità rimaste scolpite nel panorama musicale di questo Bel Paese. O meglio, di questa Bella Aida.