Agatha Christie era razzista (così è se vi pare)
L’idea circolava da un po’. Ma il Daily Telegraph ne ha dato contezza. Come riportato dall’autorevole tabloid britannico le nuove edizioni dei famosi romanzi gialli di Agatha Christie verranno edulcorate nelle nuove edizioni digitali a cura dell’editore Harper Collins.
I famosi investigatori Hercule Poirot e Miss Marple, usciti dalla penna della romanziera inglese, evidentemente turbavano la sensibilità di qualche lettore in quanto contenenti “descrizioni, insulti o riferimenti all’etnia, in particolare per i personaggi che i protagonisti di Christie incontrano al di fuori del Regno Unito“.
Nell’era del politicamente corretto, del pensiero unico e dell’inno all’egualitarismo, la mannaia della censura non poteva non cadere sulla povera Christie (scusate il gioco di parole che potrebbe far risentire i cristiani).
Fregandosene dell’intento della scrittrice, dell’epoca in cui scriveva, della cultura del tempo e dei modi di dire, il politically correct non fa sconti.
Un esempio su tutti. Il celebre “Poirot e il mistero di Styles Court“, romanzo d’esordio della nativa di Torquay, Poirot si riferisce ad un personaggio affermando che sia “un ebreo”. Detto fatto. Nella nuova edizione non c’è. Con i potenti mezzi a disposizione dei nuovi amanuensi il terribile riferimento religioso, che magari poteva sottintendere anche un dire dispregiativo, sparisce. Facendo perdere però qualcosa anche alla personalità dell’investigatore.
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Non è certo un’apologia del razzismo, della xenofobia e chi più ne ha più ne metta. Ma semplicemente l’idea di lasciare le opere così come sono. Per capire uno scrittore, un personaggio, un’opera, il periodo in cui fu prodotta, occorre leggerla integralmente. Senza revisioni e censure. Altrimenti ci si appropinquerebbe a un’altra cosa.
Ma nell’era in cui un’insegnante deve subire una gogna mediatica e proteste per aver fatto vedere il David di Michelangelo alla propria classe, questo era da aspettarselo. D’altronde non è il primo e purtroppo neanche l’ultimo caso. Poche settimane fa il processo di repulisti toccò anche a “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato“.
Insomma questa spasmodica volontà di non offendere nessuno, di includere a tutti i costi, porta molto spesso a risultati opposti. Come nel caso dei cartoni Disney censurati per presunti messaggi razzisti in Dumbo o negli Aristogatti. Una psicosi generale che sembra scadere nel mondo paventato da Ray Bradbury nel suo “Fahrenheit 451“, dove gli unici libri, le uniche fonti d’informazioni possibili erano quelle preconfezionate dal governo. Tutti uguali. Ma tutti nessuno.