A tu per tu con Richi Rossini: “La musica è un mezzo potente. Dopo la quarantena sogno il mare”
Si intitola “Lucia” ed è il terzo singolo del cantautore Richi Rossini che completa la sua prima raccolta “Gli Amori del Superuomo”. Il cantautore emiliano è stato anche uno dei protagonisti del Concerto del 1 maggio in streaming del magazine The Walk of Fame.
Oltre al nuovo singolo, la raccolta comprende i brani “Cecilia” e “Mariagrazia“: tre nomi di donna che si fanno portavoce di tre concetti diversi. “Lucia” , ad esempio, è un viaggio interiore, che scava a fondo dell’intimità del cantautore. Immaginando di far parlare due parti di sé, quella maschile più legata alla razionalità e quella femminile più legata alla creatività, arriva alla conclusione che a trionfare è quella femminile, più libera e pura.
Benvenuto Riccardo! Come stai? In che modo stai vivendo questa quarantena?
Sto bene grazie! A parte il lavoro, che è tanto, passo il tempo a studiare. Ho la possibilità e la serenità mentale per concentrarmi su argomenti che di solito è difficile approfondire. Inoltre sono fortunato perchè sto generalmente bene da solo.Non è la prima volta che mi capita. Sicuramente un simile isolamento forzato non mi era mai successo di viverlo, quello sì.
Come nasce la tua prima raccolta “Gli Amori del Superuomo” e perche scegli di inserire tre singoli che prendono il nome di tre donne?
Sfato subito un mito, Cecilia, Mariagrazia e Lucia non esistono (ride ndr). La raccolta nasce dalla voglia di esprimere, come sempre, dei concetti. Sono anche un formatore, ho studiato psicologia e mi piace utilizzare la musica come uno strumento di comunicazione, perchè credo sia uno dei più potenti. E’ da tempo che volevo mettere nero su bianco alcune tematiche. Col tempo è nata anche una visione particolare leggendo di Nietzsche e del Superuomo e me lo sono immaginato ai giorni nostri, magari un pò stanco dei piaceri comuni e mi sono chiesto “a cosa si sarebbe potuto appassionare?”. Ritroviamo nella raccolta un’ode alla musica, la tematica del poliamore e i viaggi interiori. Santa Cecilia è la protettrice dei musicisti e da lì viene il nome “Cecilia”. Non è un brano dedicato solo alla musica ma anche a quel lato buono del progresso che ci permette di avere la musica sempre con noi, che è abbastanza una novità. Fino all’800 per ascoltare musica bisognava andare in posti dedicati, ora invece ne siamo circondati dalla mattina alla sera. E’ quindi una dedica a questo strumento ma anche ai diffusori. “Mariagrazia” è dedicata al poliamore e non a caso ha un doppio nome invece “Lucia”, da “Lucy in the Sky With Diamonds” dei The Beatles, e si concentra sui viaggi interiori e sulla creatività.
Di “Lucia” dici che è una canzone dedicata alla “possibilità di esprimere un proprio lato femminile”, come mai hai voluto sottolineare questo aspetto?
Tutti e tre hanno un risvolto autobiografico. Però c’è anche un’empatia verso il mondo esterno. Parlando di me mi piacerebbe parlare di qualcosa che possa essere utile anche agli altri. In questo caso mi rivolgo anche agli altri uomini spiegando che esprimere un nostro lato femminile può essere molto utile per riuscire a fare pace con stessi, in un qualche modo. Credo che in questo contesto storico sia molto utile.
Vedendo il video di “Lucia”, si notano delle mani che simboleggiano la creatività e la manualità. Cosa pensi della gestualità e dell’utilizzo delle mani con riferimento alla gestione e superamento di un dolore?
Penso che sia qualcosa di straordinario. Non a caso sto sentendo, come tante persone, un bisogno disperato di lavori semplici, manuali, agricoli, il bisogno di stare in contatto con la natura e la terra. E’ in effetti anche uno degli stili di vita che si consigliano quando si è troppo celebrali e si hanno problemi di connessione con la realtà. Infatti molti dei miei brani di piano, come anche “Lucia”, nascono da un movimento. Molte canzoni nascono da veri e propri arpeggi e movimenti fisici. In verità, per me, il fatto di toccare i tasti, il legno che vibra è una terapia e tutto questo mi permette di connettermi con una parte profonda e primordiale di me. E’ questa la cosa che ti fa stare bene. In effetti quello che mi manca in questo momento è proprio la natura, la sensazione della sabbia tra le mani, coltivare o il profumo delle piante.
Quando nasce la tua passione per la musica e quando questo mondo inizia a relazionarsi con quello della psicologia?
La musica nasce in famiglia, mio padre era un cantante lirico, ha lavorato anche in radio. Da piccolo ho iniziato a suonare l’organo che avevo in casa. Poi ho frequentato il conservatorio e da lì gruppi vari. Ho, però, iniziato a scrivere musica a 15 anni. Rivedendo oggi i testi di allora mi sono reso conto che erano parecchio psicologici e profondi. Ero già un ragazzino che cercava tanto. Da lì è stato un attimo avvicinarmi alla psicologia. Ascoltavo i Blur, complessi ma con risvolti intimi, John Lennon, anche Bob Marley, che aveva qualcosa da dire circa un certo stile di vita e crescita personale. Poi mi sono ritrovato nel mondo della formazione e della mente. Un pò per caso, da Parma mi sono trasferito a Genova dove ho inziato a frequentare corsi di crescita personale, comunicazione, tecniche di studio. Alla fine ho preso anche la laurea ed è diventata l’altra mia grande passione. La musica e la psicologia si uniscono perchè sono due strumenti comunicativi efficaci. Guardando indietro, la musica rappresentava il mezzo più potente che conoscevo. Ci sono stati artisti che hanno creato delle vere e proprie subculture, ma c’è stato anche chi semplicemente riusciva a darti una visione diversa delle cose.
Tra gli argomenti che affronti nella tua raccolta c’è quello del poliamore, perchè?
Perchè è un argomento molto serio e trovo che nella crescita personale è il passo più importante, sicuramente il più difficile. Mi sono accorto che c’era sempre un argomento che non veniva trattato perchè si aveva paura del giudizio, di mettersi in discussione e della disapprovazione ma non si affrontava mai la gelosia perchè nessuno aveva il coraggio di parlarne. Se si lavora sulla gelosia indirettamente si lavora anche sulla proiezione delle figure genitoriali. Si parte dalla gelosia per lavorare sul possesso e poi sul concetto di proprietà delle cose e delle persone, che è un concetto che appartiene alla nostra cultura e non alla nostra natura. Penso rappresenti una vera e propria rivoluzione individuale. Già ad esempio questa quarantena è illuminante perchè ognuno di noi ha un potere. Oggi se ne parla sempre di più. Dieci anni fa quando ho inziato a farmi delle domande pensavo di essere matto. Il cambiamento individuale è quello più difficile: qual è la cosa che ti mette in difficoltà? beh allora affrontala, purchè non si parli di qualcosa di lesivo nei confronti degli altri. Molte persone fanno fatica a stare all’interno di relazioni o non si riconoscono nell’impianto patriarcale. Non è sempre stata così la nostra società. Mi sembrava opportuno affrontare questo argomento molto profondo. Impari a non essere sempre al centro dell’attenzione e a rispettare di più l’altro. Nella coppia tradizionale spesso la comunicazione è difficile e anche violenta. Ho un B&B, che ora è fermo e che ho messo a disposizione del Centro Antiviolenza perchè qui a Genova le chiamate sono aumentate del 30%. Quindi è un argomento decisamente molto importante.
Cosa pensi di quello che sta accadendo al mondo della cultura, dello spettacolo e della musica, che sembra quasi essere stato un pochino abbandonato a se stesso? che prospettiva ha un cantautore oggi?
E’ un argomento delicato perchè in Italia purtroppo non siamo abituati a considerare l’arte come una vera e propria professione. Non mi sorprende che ci troviamo in questa situazione. La vedo molto grigia, perchè non credo che questa cosa finirà a breve e non credo che sarà l’unica pandemia che vivremo. C’è, però, chi autonomamente si sta organizzando. Parlo ad esempio degli Stati Uniti. In Italia oltre a non valorizzare l’arte siamo anche un pò lenti nel comprendere magari alternative plausibili. Ad esempio, un gruppo funk che seguo, ha fatto un concerto online al quale si partecipava pagando 10 dollari ma si avevano moltissimi servizi. E’ stato molto seguito. E’ ovvio che è difficile immaginare un concerto digitalizzato, è un altro mondo. Le alternative si trovano lo stesso in un qualche modo. Certo, in piazza, strusciarsi sudati sotto al palco, la vedo molto dura.
Qual è una delle prime cose che farai quando questa quarantena sarà finita?
Puoi immaginare! (ride ndr) ma non lo farò perchè di mio sono abbastanza paranoico, quindi fin quando non ci sarà un vaccino sarà castità assoluta (ride ndr). Sicuramente riprenderò il mio camper che è fermo da due mesi e se potrò andrò a dormire guardando il mare da qualche collina. Ho voglia di natura. Ultimamente sto anche ritrovando una mia spiritualità.
ph. Ilaria Forno