Festa delle donne, alle origini dell’8 marzo
L’8 marzo negli ultimi anni, complici social e creatori di meme, ha paradossalmente diviso ancor più che unire. La scelta di affollare ristoranti e locali vari in cerca di una serata al di sopra delle righe, al grido di “girl power”, potrebbe un po’ offuscare il senso di questa giornata.
Solo nel 1977 arrivò il riconoscimento formale dell’Onu, con l’istituzione della Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale. Un lungo percorso di decenni di battaglie nelle strade e nelle fabbriche da parte di donne vogliose di un riconoscimento del proprio io.
Ma perché l’8 marzo? Questa data risale ai primi anni del secolo scorso. Infatti la prima grande manifestazione di donne avvenuta l’8 marzo ebbe luogo nel 1914 in Germania, per la rivendicazione del diritto al voto. Mentre nel 1917 le operaie di Pietroburgo chiesero il ritorno degli uomini dalla guerra e il pane.
In Italia bisognò attendere il 1921 per cominciare alcune mobilitazioni in questa data per spinta delle donne comuniste. Ma solo negli anni ’70 questa giornata cominciò ad assumere importanza a livello socio-politico. Arrivarono i primi risultati. Fu ottenuto il diritto al divorzio, all’aborto, la parità salariale (almeno su carta).
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I movimenti femministi si diffusero su larga scala, facendo parlare di loro. Come nel 1972 quando a Campo de’ Fiori a Roma una manifestazione di donne si concluse con incidenti con le forze dell’ordine.
In Italia la questione è ancora molto dibattuta. Un esempio su tutti era l’idea che lo stupro fosse un reato contro la morale e non contro la persona. Questo fino agli annoi ’90. Oggi, quantomeno, Giorgia Meloni è il primo presidente del Consiglio italiano, nonostante molti movimenti femministi non si riconoscano in lei e nei suoi valori. Ma qui si entra in un altro campo.
Lei stessa nella giornata di ieri ha sottolineato come l’obiettivo è quello di avere al più presto un presidente della Repubblica donna. Lo ha detto nela Sala delle donne alla Camera dove è stata aggiunta la sua foto. La sua immagine va ad aggiungersi a quella delle 21 deputate elette all’Assemblea costituente, delle prime 11 sindache elette tra la primavera e l’autunno del 1946 e delle donne che per prime hanno ricoperto le più alte cariche delle Istituzioni della Repubblica italiana.
Qui campeggiano le statue di Annamaria Mozzoni, paladina dei diritti delle donne e della battaglia per il suffragio femminile per il quale aveva presentato due mozioni in Parlamento nel 1877 e poi nel 1906, e di Salvatore Morelli, patriota mazziniano e deputato del Regno d’Italia che scrisse la prima proposta di legge per l’abolizione della schiavitù domestica. Due esempi di come la lotta per la parità di genere in molti casi fu trasversale e abbia origini antiche in Italia.
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Si tratta, dunque di scelte, di informazione. Si tratta di non fermarsi agli stereotipi. Di leggere e di informarsi. Di non fermarsi alle mimose e di scrivere post, conditi con hastag del momento, solo in queste occasioni.
La storia e gli scritti di Virginia Woolf, Edith Piaf, Alda Merini potrebbero essere un degno accompagnamento a questo giorno, per capire a fondo le spinte generatrici dell’8 marzo. Non che le 3 citate abbiano mai (forse) pensato ad una giornata del genere. Ma approcciarsi a questo di tipo di lettura fa andare oltre un brindisi fine a stesso questa sera. Qualsiasi genere sessuale lo faccia.
D’altronde l’esistenza, l’affermazione della persona, del proprio io passa attraverso pensieri e azioni concrete. Non solo cantando a squarciagola “oltre le gambe c’è di più” come fa Sabrina Salerno.
Foto di Brianna Tucker su Unsplash