5 anni senza David Bowie: The Thin White Duke raccontato da Neil Gaiman
Il 10 gennaio 2016 ci lasciava David Bowie, solo due giorni dopo aver compiuto 69 anni. All’anagrafe David Robert Jones, Bowie è il simbolo di ciò che non può essere etichettato. È la fantasia portata in scena, irrompendo nella quotidianità e ridisegnando i canoni.
Su di lui è stato scritto tutto. Che si tratti della sua musica o della sua vita, tutto è già stato ampiamente raccontato e celebrato.
Oggi vogliamo ricordarlo con un “pretesto” diverso dal solito: lasciamo che siano le parole di Neil Gaiman a raccontarci di David Bowie, a suggerirci tutte quelle immagini e sensazioni che l’hanno reso un artista iconico ed indimenticabile.
Il Ritorno del Sottile Duca Bianco è stato scritto da Gaiman nel 2004 per accompagnare alcuni disegni fantasy di David Bowie e Iman Mohamed Abdulmajid realizzati dal grande illustratore Yoshitaka Amano. II racconto però non viene pubblicato e rimane nel dimenticatoio fino al 2015, quando Neil Gaiman lo inserisce nella sua raccolta Trigger Warning – Leggere attentamente le avvertenze (pubblicato in Italia da Mondadori l’anno seguente).
Sempre di Gaiman, è inoltre la prefazione di Bowie – Stardust, Rayguns & Moonage Daydreams, biografia a fumetti realizzata da Micheal Allred e Steve Horton.
Ne Il Ritorno del Sottile Duca Bianco il nome di Bowie non compare, ma ogni cosa ci parla di lui, ogni immagine evoca un punto preciso della sua storia – reale o “da palco scenico”: un regno che si trova nel Sottospazio e nel Sottotempo, come universali e senza tempo restano le sue performance; l’incontro con la Regina, ritratto etereo e bellissimo di Imam; e quell’uomo che cadde sulla Terra… che però qui non cade, sceglie di andare incontro alla Terra.
Senza correre, va “oltre la nebbia, dove c’è il Malkuth: Il Regno. Ma non esiste, a meno che non sia tu a farlo esistere. Diventa come lo crei.”
E mentre abbandonava tutte le galassie, il Sottile Duca Bianco ricordava le stelle – ci sarebbero state le stelle dove stava andando, stabilì. Dovevano esserci le stelle.
E continuando a camminare, sente la nebbia sul viso e si chiede se ci sia vita su Marte, mentre gira l’angolo sulla Beckenham High Street.
Il racconto si chiude così come tutti i miti del rock iniziano e finiscono: con dei sogni e delle canzoni da inseguire.
È così che Gaiman immagina la nascita di David Bowie e delle sue infinite interpretazioni, quasi vengano letteralmente da un altro mondo, da un Sottospazio e da un Sottotempo incomprensibili a tutti.
Questo 2021 ci porta anche il 50°anniversario di Hunky Dory, quarto album studio per Bowie, al 108° posto nella lista dei 500 migliori album di Rolling Stone. Inizialmente apprezzato dalla critica ma non troppo dal pubblico, Hunky Dory contiene alcune delle canzoni più significative della produzione di Bowie, come Changes, The Bewlay Brothers, e appunto Life on Mars?, che oltre ad essere al 1º posto tra le 100 migliori canzoni di tutti i tempi del Daily Telegraph, è forse la canzone più nota di David Bowie, grazie anche ad un video essenziale che ha fatto la storia della musica rock, contribuendo alla creazione dell’immagine androgina di un artista nato su un’altra galassia.
Il Sottile Duca Bianco, Ziggy Stardust, Aladdin Sane, Halloween Jack… David Bowie è un’icona, è mille personalità, è musica e arte. I suoi personaggi non sono mai stati un’eccentrica ricerca di sé ma una continua esplorazione delle infinite possibilità di una mente creativa.
È il creare ciò che non si è ancora diventati e portarsi sempre in un’altra dimensione.
“Lui non sarebbe morto, perché soltanto le persone inferiori muoiono, e lui non era inferiore a nessuno”