Migliorano le condizioni di Salman Rushdie: riesce a parlare
Ore di angoscia e apprensione per le condizioni di Salman Rushdie che, dopo essere stato accoltellato tre volte al collo e quattro all’addome durante un festival letterario nello Stato di New York, è ancora ricoverato in condizioni gravi e rischia di perdere l’occhio destro. La notte scorsa lo scrittore è stato staccato dal ventilatore e riesce a parlare, ma le condizioni sono sempre critiche.
Intanto cominciano a montare le polemiche sulla mancanza di protezione per un uomo che vive da oltre 30 anni sotto la minaccia dell’estremismo islamico. La Casa Bianca ha condannato “l’orribile attacco” avvenuto su suolo americano e ha fatto sapere che prega per Rushdie. Nessuna informazione ufficiale sul movente dell’attacco ma l’aggressore, un 24ennne nato in New Jersey da genitori libanesi, sembra essere vicino all’estremismo sciita e ai pasdaran iraniani. L’ultimo aggiornamento sulle condizioni dell’autore dei ‘Versi Satanici’ risale ormai a diverse ore fa.
Il suo agente, Andrew Wylie, ha dato le informazioni via email. “Le notizie non sono buone. Salman è attaccato a un respiratore, in questo momento non è in grado di parlare”, ha fatto sapere l’agente dello scrittore rivelando che le sue condizioni sono più gravi di quanto si potesse immaginare. “Probabilmente perderà un occhio, i nervi del suo braccio sono stati recisi e il suo fegato è stato ferito e danneggiato”.
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Significativo il contributo sui social di Mario Calabresi.
Salman Rushdie ha scelto di essere un uomo libero vent’anni fa, dopo più di dieci anni passati nascondendosi, viaggiando su auto blindate, con otto uomini di scorta. La condanna a morte decretata dall’Ayatollah Khomeini, per aver scritto nel 1988 #iVersiSatanici, gli aveva tolto la possibilità di fare ogni cosa. E lui così non voleva vivere, anche a costo di rischiare.
Una sera di quattordici anni fa, era il primo maggio del 2008, l’ho conosciuto insieme a Roberto Saviano e per più di un’ora lo scrittore anglo-indiano aveva raccontato come aveva riconquistato la sua libertà: «La verità è che ad un certo punto non vivi più, sei prigioniero delle minacce, di chi tu vuole uccidere e di chi ti protegge. Non ti fanno fare più nulla e ti sembra di impazzire, non sei più padrone della tua vita».
Rushdie disse a Saviano: «Devi riprenderti la tua libertà. Ascoltami bene Roberto, non arriverà mai un giorno in cui un poliziotto o un giudice si prenderanno la responsabilità di dirti: “È finita, sei un uomo libero, puoi andare tranquillo, uscire da solo”. Non succederà mai, sarai tu a doverlo decidere».
Poi aggiunse una frase che è di una terribile attualità: «La libertà sta nella tua testa. Io certe volte chiedevo di presentare un libro o di andare ad una conferenza ma non mi autorizzavano, dicevano che era troppo rischioso. Ma se io mi sentivo che si poteva fare allora combattevo come un leone finché non ottenevo di poterci andare».
La sua libertà Rushdie l’aveva conquistata scegliendo di vivere negli Stati Uniti: «Ricordo le prime volte a New York, scendevo da solo in metropolitana, camminavo nel Parco, andavo ad un museo. Poi tornavo a Londra e avevo l’auto blindata e otto uomini di scorta e mi mancava l’aria».
Da anni ormai non aveva una scorta, quando uscimmo dalla casa dove avevamo cenato Rushdie vide gli uomini dell’Fbi che allora stavano con Saviano e gli disse: «Lascia a me l’onore di scortarti fino alla macchina». Poi, prima di chiudergli la portiera, gli ripetè: “Roberto abbi cura di te, sii prudente, ma riprenditi la tua vita e ricordati che la libertà è nella tua testa».
L’auto blindata dei federali partì veloce. Rushdie, da solo, si mise a camminare nella notte lungo il Central Park.
Oggi possiamo solo sperare che questa meravigliosa libertà che si era conquistato non abbia un prezzo terribile.
Buona vita Salman!