Ventisei anni di Strange Days: il noir distopico visto dagli occhi di Kathryn Bigelow
Los Angeles, 1999. La città californiana è nel caos. Strange Days si svolge, dunque, in un’ambientazione molto simile a quella di un altro film cult: Fuga da Los Angeles, di John Carpenter con Kurt Russel nei panni di Jena Plissken.
Il 30 dicembre, alla vigilia del nuovo millennio, in tutto il mondo si evidenzia un’ escalation” di tensione. Le strade brulicano di manifestanti, mentre la gente si è ribellata alla polizia dopo che un rapper molto popolare è stato giustiziato da un paio di poliziotti corrotti. La città è sempre più violenta e caotica e la più recente ed illecita forma di divertimento si basa sulla possibilità di rivivere l’esperienza altrui acquistando dei “clips” contenenti, registrati con tecnica digitale, frammenti di particolari momenti di vita.
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Lenny Nero (Ralph Fiennes), ex poliziotto e ricettatore di “sogni” rubati, come spacciatore vende questi “clips” divenuti, ormai, la più richiesta droga capace com’è di penetrare nei meandri della natura umana (sesso, emozioni e violenza). Quando un anonimo fa pervenire a Nero la registrazione della morte di Iris (una giovane adibita ad un lavoro di collegamento per Lenny registrando “clips”) questi ne diviene, suo malgrado, emotivamente complice.
Soggetto e sceneggiatura del film furono di James Cameron con l’ausilio di Jay Cocks, la regia, invece, di Kathryn Bigelow. A comporre il cast, oltre Fiennes, anche Angela Bassett, Juliette Lewis, Michael Wincott, Vincent D’Onofrio.
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Il film uscì nel 1995 (in Italia il 23 febbraio del 1996) ma, nonostante le grandi aspettative generatesi attorno a esso, non riuscì a soddisfare le attese. Parlare di flop è probabilmente ingeneroso o, comunque, eccessivo. Il pubblico a cavallo della metà degli anni Novanta guardava alla fantascienza con una rinnovata curiosità, arricchito da nozioni scientifiche e tecnologiche in grado di sviluppare una maggiore conoscenza del genere grazie a una maggiore esposizione mediatica. Certo è che non venne accolto con i clamori che la produzione auspicava. Il film, però, si rivelò essere cupo, inquieto, forse anche eccessivamente violento.
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Costò circa 42 milioni di dollari. Ne incassò sei volte di meno. Le “colpe” dell’insuccesso, se così vogliamo chiamarle, ricaddero sulla Bigelow, accusata di aver tradito gli accordi preliminari circa la realizzazione della sceneggiatura. Fu per lei, di fatto, una sonora stroncatura che minò definitivamente il suo percorso con la 20th Century Fox. Mancavano pochi anni agli anni Duemila. Tutti che avevano in mente il famigerato Millennium Bug, la paura dell’interruzione delle macchine e dei servizi digitali e il futuro spaventava poiché il cambio di millennio era, più che altro, un’incognita. Insomma, nessuno poteva raccontarlo.
Logico pensare a una fantascienza distopica, quindi, tipica di un certo tipo di letteratura come quella di Dick o Asimov, fonti d’indiscutibile ispirazione. Il Duemila avrebbe azzerato la società umana per portarla verso una direzione più estrema? Non potevamo saperlo, ma la Bigelow voleva immaginarlo. Il film, benché sottovalutato e, commercialmente parlando, un disastro, è stata una fondamentale fonte d’ispirazione per le pellicole venute dopo.
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