I 170 anni di Vincent van Gogh, l’artista che dipingeva con l’anima
Genio visionario, uomo tormentato, artista rivoluzionario, fratello amorevole, anima fragile. Potremmo definire Vincent van Gogh in mille modi diversi senza mai cogliere a pieno le infinite sfumature della sua personalità. Possiamo però eleggerlo a buon diritto artista più conosciuto al mondo, padre dell’arte contemporanea e antesignano dell’Espressionismo. In occasione dei 170 anni dalla sua nascita, ripercorriamo le principali tappe della sua vita e della sua carriera, non con la pretesa di essere esaustivi, ma con il desiderio di rendere omaggio a un uomo eccezionale.
Dalla parte degli umili
Vincent Willem van Gogh nasce a Zundert, un piccolo villaggio nella provincia del Brabante nei Paesi Bassi il 30 marzo 1853. Figlio del pastore protestante Theodorus van Gogh e di Anna Cornelia Carbentus, cresce in umili condizioni insieme ai suoi cinque fratelli minori. Dopo aver lavorato come mercante d’arte tra l’Aia, Londra e Parigi, abbandona una agiata carriera a causa di una cocente delusione sentimentale. In seguito si cimenta in attività temporanee: viaggia, insegna, fa il commesso, si iscrive alla facoltà di teologia di Amsterdam fino a quando, all’età di 27 anni, sceglie di dedicare la sua vita all’arte.
Le sue prime opere raffigurano l’Olanda più umile, quella dei poveri e dei derelitti. Ispirato dalle opere di Jean-François Millet, nel suo primo grande dipinto, I mangiatori di patate (1885), raffigura una famiglia di contadini intenti a mangiare intorno a un tavolo. Il dipinto è realizzato con colori terrosi e scuri, l’atmosfera è spoglia e rarefatta, la tela sprigiona un silenzio carico di stanchezza e rassegnazione. Van Gogh mostra con crudezza, senza orpelli e sentimentalismi, la realtà quotidiana dei lavoratori. Viene supportato economicamente dal fratello minore Theo, affermato mercante d’arte a Parigi, e così il pittore sceglie la Francia per vivere del suo lavoro e per stare accanto ai suoi affetti.
I colori di Parigi
A Parigi Vincent incontra l’arte luminosa degli impressionisti e stringe amicizia con alcuni pittori, tra i quali Henri de Toulose Lautrec, Paul Signac e Paul Gauguin. Proprio con quest’ultimo crea un legame particolare che li porterà in seguito a convivere per qualche tempo con lo scopo di radunare una piccola comunità di artisti. Nella vivace capitale scopre colori più luminosi per la sua tavolozza e temi più mondani da ritrarre, come locali, terrazze e boulevard. Nello stesso periodo si appassiona alle stampe provenienti dal Giappone e si misura con nuovi modi di concepire l’opera d’arte.
Vincent tuttavia, non riesce a vivere serenamente le relazioni sociali. Il suo carattere, spesso soggetto a forti sbalzi d’umore, non gli consente di aprirsi al prossimo. Accettano di posare per lui soltanto le persone che frequenta abitualmente, come l’anziano commerciante che gli fornisce i colori. Nel Ritratto di Père Tanguy (1888), il venditore posa nel suo negozio davanti a una collezione di stampe giapponesi.
In questo dipinto la cifra stilistica di Van Gogh risulta già evidente: le pennellate sono piccole e pastose, i colori vibranti e carichi per dare ai soggetti raffigurati un maggior impulso vitale. Ben preso l’artista si trasferisce nel Sud della Francia, in Provenza, per studiare con maggior tranquillità gli effetti della luce che si riverbera sui fiori, sulle case, nei campi.
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Il sole di Arles
Nel 1888 un treno lo conduce nella bucolica e serafica Arles, dove può sperimentare un contatto diretto con la natura e la pittura en plein air. In quello stesso anno realizza la famosa opera I Girasoli, fiori bisognosi di luce e calore, nei quali il pittore si rispecchia. Il suo stile pittorico subisce una semplificazione: le linee e i colori si fanno nitidi, la pennellata diventa ancora più breve e intensa, quasi grumosa, i colori omaggiano i toni caldi della Provenza con varie gradazioni di giallo, verde e ocra. I Girasoli sembrano quasi vivi, talmente è vibrante la loro energia; alla loro intensità fa da contrappunto un elegante e sobrio equilibrio compositivo che conferisce al quadro un’aura di solennità.
Sia pure avvolto dalla bellezza della natura e dal profumo dei campi, Vincent soffre la solitudine. Il suo sogno è quello di creare una comunità di artisti con i quali condividere vita e ideali. Grazie all’aiuto del fratello Theo, paga il viaggio al suo caro amico Paul Gauguin che lo raggiunge nella sua abitazione ad Arles, la cosiddetta “casa gialla“. Dopo alcune settimane però i rapporti tra i due colleghi cominciano a incrinarsi, soprattutto a causa delle alterazioni emotive di Vincent, sempre più irascibile e umorale.
La casa gialla
L’abitazione e altri luoghi di Arles vengono spesso ritratti da Van Gogh, come Il caffè di notte (1888), una solitaria e cupa sala da biliardo, che diventa un po’ il simbolo dell’animo di Vincent, in quel periodo sempre più tormentato. I due amici colleghi condividono l’idea di usare il colore in modo libero, per rappresentare la natura come la si percepisce attraverso il senso estetico (Gauguin) o attraverso le emozioni del momento (Van Gogh).
All’inizio la convivenza procede serenamente, ma nel giro di qualche giorno, le due personalità, entrambi forti, iniziano a scontrarsi, fino a culminare in un episodio drammatico. Durante una discussione, Vincent reagisce minacciando Gauguin con un rasoio. Il francese fugge e Van Gogh, in preda ai senso di colpa, rivolge il rasoio contro di sé, tagliandosi il lobo dell’orecchio sinistro. Gauguin rientrerà a Parigi, abbandonando Vincent alla solitudine e al rimorso come dimostra l’Autoritratto con l’orecchio bendato (1889).
Dopo il triste episodio le condizioni psicofisiche dell’artista si aggravano con frequenti crisi nervose, pertanto viene ricoverato più volte in ospedali psichiatrici, tra i quali l’istituto di Saint Rémy. Van Gogh, tuttavia, continua a dipingere anche in ospedale e, dal 1890, si trasferisce ad Auvers-sur-Oise, dove è tenuto sotto osservazione dal dottor Gachet, amico e appassionato d’arte a cui il pittore dedica un celebre ritratto (1890).
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Le ipotesi sulla morte
Van Gogh, in maniera del tutto libera e innovativa, utilizza i colori sulla tela in base al proprio stato d’animo. Scelta stilistica che viene adottata dalla generazione successiva di artisti, soprattutto dal norvegese Edvard Munch, facendo dell’artista un antesignano dell’Espressionismo.
Negli ultimi due anni di vita, dopo aver eseguito oltre 800 opere, i suoi quadri iniziano ad essere notati. I dipinti Notte stellata sul Rodano e Iris sono in mostra al Salon des Indépendants, mentre Octave Maus, segretario del gruppo di artisti belgi “Les XX”, invita l’artista a esibire sei opere.
Purtroppo però, se la fama inizia a decollare, lo stato di salute precipita; Vincent alterna sempre più spesso momenti di calma e lucidità ad allucinazioni e compulsioni, fino ad arrivare a un gesto estremo. Il 27 luglio 1890, poco dopo aver terminato uno dei suoi capolavori più famosi, Campo di grano con corvi, il pittore tenta il suicidio con un colpo di pistola nei campi di Auverse. Su questa vicenda, tuttavia, si stende un velo di mistero poiché alcuni storici sostengono si sia trattato di un fatale incidente: durante una passeggiata serale, l’artista sarebbe stato colpito da alcuni ragazzi che stavano giocando incautamente al tiro al bersaglio con un revolver Lefaucheux .
Al di là delle ipotesi, dopo due giorni di agonia, Van Gogh muore nella locanda di Arthur Ravoux, tra le braccia del fratello Theo.
Le lettere a Theo
Theo van Gogh è il destinatario di circa 900 lettere, scritte da Vincent dal 1872 fino alla morte.
Questo ricco epistolario, corredato da schizzi e disegni, rappresenta una fonte preziosissima per seguire la vita e l’evoluzione artistica di Van Gogh. Pagine di inchiostro che raccontano la sua fragilità, le sue debolezze e le sue riflessioni. Scrivere voleva dire per Vincent aprire la sua anima, sviscerare i suoi pensieri, liberarsi dal peso di un’esistenza divenuta troppo opprimente, raccontare le proprie giornate, ma soprattutto capire la genesi delle sue opere.
Il pittore aveva l’abitudine di condividere con il fratello tutte le idee primigenie inerenti ai suoi lavori. Un tesoro questo di inestimabile valore soprattutto per indagare la mente creativa di uno dei più grandi geni che la storia ci ha lasciato.
La raccolta “Lettere a Theo” è ancora oggi tra i bestseller della letteratura mondiale; la prima edizione è uscita nel 1914 su volontà della vedova di Theo van Gogh, Johanna van Gogh Bonger. Ogni lettera è stata stampata nella sua versione originale.
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Opere sparse in tutto il mondo
Le opere di Van Gogh sono sparse in tutto il mondo, tra musei e collezioni private. A partire dal Van Gogh Museum, fondato nel 1973 ad Amsterdam che custodisce 200 dipinti e 750 opere tra acquarelli e disegni, oltre a un generoso numero di lettere che l’artista scrisse a Theo. Il museo ospita opere famosissime, tra le quali: I mangiatori di patate (1885) La camera di Vincent ad Arles (1888) così come il Campo di grano con corvi (1890).
Il secondo nucleo più importante è conservato al Museo Kröller-Müller di Otterlo, 90 dipinti e oltre 180 disegni tra cui Terrazza del caffè la sera, Place du Forum di Arles (1888).
Altri capolavori sono dal Museo D’Orsay di Parigi alla National Gallery di Londra, oltre che in numerosi musei tedeschi. In Russia a Mosca al Museo Puškin e negli Stati Uniti al Moma – Museum of Modern Art di New York, che conserva la famosa Notte stellata (1889).
In Italia, oltre alla Galleria d’arte moderna di Milano e la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea a Roma, i Musei Vaticani custodiscono la piccola Pietà del 1889.
La fortuna critica di Van Gogh
Con esposizioni organizzate in ogni continente, aste dal valore esorbitante (nel 1990, da Christie’s a New York, il Ritratto del dottor Gachet è stato battuto all’asta per 82,5 milioni di dollari), oltre 15 pubblicazioni e quasi 30 pellicole a lui dedicate, Van Gogh è, senza esitazione, uno degli artisti più apprezzati del pianeta.
Roma, in occasione dei 170 anni dalla nascita, ha dedicato al geniale pittore una grande mostra che da ottobre fino a oggi ha registrato più di 400mila accessi. Per tali motivi gli organizzatori hanno deciso di prorogare l’evento per un ulteriore mese e di festeggiare questo importante “compleanno”, il 30 marzo, con l’apertura di Palazzo Bonaparte fino a mezzanotte, con musica, drink e palloncini per tutti.
E pensare che in vita Vincent riuscì a vendere un solo quadro, cercando nella pittura quel calore umano che tanto desiderava ricevere dalle persone intorno a sé.
Scriveva al fratello Theo: “Preferisco dipingere gli occhi degli uomini che le cattedrali, perché negli occhi degli uomini c’è qualcosa che non c’è nelle cattedrali, per quanto maestose e imponenti siano…”.
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