L’infinità di Mario Rosini, l’artista che sussurra ai cuori
Articolo di Alina Di Mattia
Mario Rosini è un artista immenso. L’etimologia del termine ‘immenso’ deriva dal latino immēnsu(m) e significa ‘che non si può misurare’. E il talento di Rosini, infatti, non può essere misurato.
Dopo questa definizione potrei chiudere l’articolo qui, se a tale immensità artistica non si aggiungesse l’amarezza di vederlo applaudire all’estero e non nella sua terra. Già, perché la recentissima partecipazione del Maestro di Gioia del Colle al contest X-Factor in Romania non è passata di certo inosservata.
Lui, talento puro, musicista di grande levatura, voce tra le più valenti del panorama musicale nazionale e internazionale, dotato di inconsueta tecnica vocale e allo stesso tempo di sorprendente sensibilità, alchimista dell’arte con un’eccezionale capacità di tramutare i suoni in carezze in grado di sfiorare i cuori, ovunque quei cuori possano trovarsi.
Una bravura che sommerge, che esonda quanto un fiume in piena tra le pieghe dell’anima. Che lascia immaginare, e sognare, un sentimento ormai perduto attraverso la delicatezza delle note e delle accorate parole di ‘Sei la vita mia’.
Era il 2004 quando cantava “Com’è bello partire per arrivare da te, aspettare di vedere il mare che ci divide ancora per un po’…“, l’intimo racconto di un viaggio e di un grande amore, in attesa di quella distesa d’acqua azzurra che sarebbe apparsa all’orizzonte e lo avrebbe condotto da lei. Non una lei qualunque, ma una lei che ben conosce quell’attesa struggente, una lei che ogni donna innamorata è stata, o almeno ha sognato di essere in quella canzone.
La stessa canzone che lo ha fatto conoscere al grande pubblico in quel 54° Festival della Canzone Italiana, arrivata 2^ in classifica e ottenendo anche il Premio della critica.
Un cantante, un musicista, un autore, un poeta, un uomo consapevole del suo valore artistico che non si limita a donarci prove del suo talento unico: lo trasmette al suo pubblico.
Artista a 360° con dieci album all’attivo e una lunga collezione di riconoscimenti prestigiosi alle spalle: dal Premio Alex Baroni al Premio Mia Martini, e chi più ne ha più ne metta.
Innumerevoli le collaborazioni con nomi del calibro di Bobby Mc Ferrin, Michael Bublè, Al Jarreau, Dionne Warwick, Gino Vannelli, Mia Martini, Pino Daniele che fu anche il suo produttore, e molti altri ancora, calcando i palchi prestigiosi d’Italia e nel mondo. La sua maestria è stata apprezzata e applaudita anche da Papa Wojtyla in occasione della XIX^ Giornata Mondiale della Gioventù.
Sono soltanto frammenti di una carriera ricca di soddisfazioni e di successi, che lo ha visto persino a Teatro a fianco di Giancarlo Giannini nella veste di pianista e cantante del recital “Ritornare a Sud”.
Spazia con disarmante abilità dal Pop, al Funk, al Jazz, alla musica Sacra. Da studente del Conservatorio Piccinni di Bari, a docente della cattedra di Canto Jazz – prima presso il Conservatorio Paisiello di Taranto, poi al Conservatorio Nino Rota di Monopoli e attualmente al Conservatorio Duni di Matera – ne ha fatta tanta di strada e, soprattutto, di gavetta. Ahi, la gavetta! Questa terribile sconosciuta proveniente dal passato dei più grandi artisti del pianeta, troppo impegnativa per essere percorsa dagli attuali performer ‘mordi e fuggi’ che la nuova discografia ci impone ogni giorno.
E in barba a tanta banalità discografica, ecco che lui, Maestro del belcanto e della musica d’autore si mette di nuovo in gioco.
Lo fa in modo singolare, a sorpresa, in un contest estero, lasciando senza fiato giuria e pubblico. Sconcertando noi che lo guardiamo in differita da casa.
Badate bene, Mario Rosini non è improvvisamente sceso da un podio giustamente meritato, va invece sottolineata la grande umiltà dell’artista che va a braccetto con la sua grandiosità, a cui si aggiunge la fiera consapevolezza di chi può permettersi di giocare con tanta destrezza e non ha peraltro alcuna difficoltà a farsi giudicare da chi, forse, quella musica e quei virtuosismi non li ha mai ascoltati. Perché se esiste ancora la canzone italiana, quella che comunicava, che commuoveva, che raccontava, l’abbiamo certamente vista e sentita nelle orecchie e sulla pelle proprio da Mario Rosini, mentre interpretava con eleganza e straordinaria padronanza ‘L’infinità di Edoardo De Crescenzo, un’altra eccellenza nostrana e per il quale Mario ha scritto il brano ‘Sono fatti miei’.
Su quel palco, con Rosini, la magia si è compiuta. Quella magia alla quale solo un professionista di tale livello avrebbe potuto dare vita, lontano dalla sua terra e da quei giochi di marketing da cui la gente capace e talentuosa, gli artisti che hanno scritto pagine di storia della musica italiana, vengono tenuti fuori in virtù di mode e tendenze, prodotti preconfezionati o se preferite ‘packaging’, canzonette ‘usa e getta’ composte da due accordi che dimentichiamo dopo qualche mese, ‘arricchite’ da testi non certo edificanti.
È bastata una performance di una manciata di secondi, a X-Factor, per comprendere di avere davanti tanta roba. Troppa. Un pugno dritto allo stomaco. Un lungo sospiro e poi il silenzio tra gli spettatori attoniti.
Lo smacco è tutto nostro, di questa Italia esterofila e alternativa a tutti i costi, vorace e consumistica, che ormai crea eventi dal nulla cosmico e il nulla cosmico restituisce, che mette in panchina i veri artisti e sforna fenomeni per un pubblico sempre meno esigente e musicalmente sempre più povero, un’Italia figlia di una discografia che ha perso la memoria, che ha dimenticato la grande musica che ci ha fatto conoscere oltreconfine, i meravigliosi festival di Gianni Ravera, gli album storici che ascoltiamo ancora dopo cinquant’anni e i veri numeri che contano, proprio quella discografia di improvvisati che ha distrutto un intero settore in favore di una produzione banale e senza futuro, ma che non riuscirà a cancellare dai ricordi di almeno quattro generazioni ciò che è stato e che probabilmente mai più sarà.
“Maestro di musica e di vita.” Scrive Eliseo, un suo allievo, sulla sua pagina Facebook.
Certo, perché la musica italiana senza la creatività, il talento, la voce di artisti come Mario Rosini è “un libro senza le parole, il frutto senza l’albero, una barca senza pescatore”. E se davvero la storia di un Paese va di pari passo con la sua storia artistica, ora più che mai dobbiamo tornare a cantare e decantare la bellezza della vita, la gentilezza, l’educazione, i sentimenti più puri, quella speranza che i ragazzi di oggi hanno perduto e che solo l’amore e i buoni sentimenti hanno il potere di restituire. Se esiste uno strumento potente in grado di condizionare e aggregare ogni nuova generazione, lo sappiamo bene, è proprio la musica, un linguaggio universale attraverso cui i giovani si identificano e in cui metabolizzano emozioni, conflitti e disagi esistenziali.
Mai come adesso abbiamo bisogno di un balsamo per curare l’anima, e se c’è una fonte di vita da cui attingere universalmente è di sicuro l’Arte, ma prima di ogni cosa il talento, anzi, i talenti che vanno protetti e salvaguardati.
Basta con prodotti musicali senza “Quel brivido che attraversa l’anima”!
I discografici tornino ad investire su cantanti che cantano, musicisti che suonano, autori che compongono!
“Non ci sono le parole” canta Mario Rosini, ma “Dove le parole non arrivano, la musica parla.” E questo, pare l’abbia detto Beethoven…