“Bannati dopo aver chiesto spiegazioni sull’annullamento del nostro live”, la denuncia della Bandakadabra
Tra i settori che la pandemia ha messo in crisi in questi mesi c’è senza dubbio quello artistico e musicale. Sono diminuiti i concerti, molti musicisti hanno rinviato tutto al 2021 e tanti tecnici e lavoratori del “dietro le quinte” sono rimasti a casa con una famiglia da mandare avanti senza i giusti sussidi o sostegni economici.
Molte realtà, però, non si sono date per vinte e hanno messo in piedi un cartellone di eventi che rispettasse le normative anti covid e il necessario distanziamento sociale. Tra queste, da oltre 38 anni, c’è l’Ivrea Jazz Club che per il 2020 ha organizzato l’edizione numero 40 dell’ Open Papyrus Jazz Festival” dal 3 al 19 settembre.
All’interno della rassegna che vede protagonisti diversi linguaggi, a partire dal jazz, fino a comprendere la danza, la letteratura e la pittura, sabato 5 settembre avrebbe dovuto esibirsi anche la Bandakadabra, “una vera orchestra da passeggio che unisce l’energia delle formazioni street al sound delle big band anni Trenta”.
Nata a Torino nel 2005, la Bandakadabra vanta una cospicua attività live che le ha permesso di farsi conoscere sia Italia che nel resto d’Europa e di guadagnarsi una crescente attenzione da parte degli appassionati, grazie a una combinazione riuscita di musica e cabaret e a uno spettacolo capace di conquistare qualsiasi tipo di pubblico.
Peccato che la band torinese non abbia potuto allietare gli spettatori della città di Ivrea. Infatti, sono stati gli stessi musicisti a raccontare sul proprio profilo Facebook lo spiacevole evento che li ha costretti a non esibirsi al Festival e addirittura a vedersi cancellata la serata senza una confronto diretto con gli organizzatori. Anzi, la band riferisce addirittura di essere stati bannati sulla pagina del festival dopo aver chiesto ulteriori spiegazioni.
Insomma, una brutta pagina che non avremmo voluto raccontare. Se non fosse altro che il problema che si cela dietro questi atteggiamenti rimarcati dai musicisti non è connesso all’annullamento del concerto in sè. “Perdere una data non è un dramma in sé anche se potrebbe esserlo di questi tempi – scrive la Bandakadabra – Il problema, tuttavia, non è neppure un concerto annullato. Il problema sono i rapporti. Speravamo che l’esperienza del Coronavirus ci insegnasse a intrecciare relazioni più empatiche ed umane. Il nostro quotidiano ci racconta il contrario“.
Forse non è andato tutto bene come credevamo.
Il post facebook di Bandakadabra:
“L’abbiamo anticipata ieri, eccola.
Una piccola storia triste.
Sabato avremmo dovuto suonare all’Open Papyrus Jazz Festival di Ivrea ed eravamo felicissimi di farlo.
Pochi giorni fa, però, il concerto è stato annullato
Ragioni sanitarie. Pare che gli spettacoli street siano vietati.
Ormai la cartina dell’Italia è quella dell’anno Mille.
Ognuno fa il cazzo che gli pare
Se nello Stato Pontificio si autorizzano le manifestazioni “no mask”, nella Marca d’Ivrea, i flash mob sono banditi.
Ma tant’è, sulla salute non si scherza e la decisione, per quanto spiacevole, ci ha trovato d’accordo.
Ci siamo comunque attivati per proporre agli organizzatoti delle alternative.
Niente. Neppure spostare lo spettacolo al chiuso. O meglio, a un certo punto, lo spettacolo è stato spostato al chiuso ma alla fine neanche più lì. Altre ragioni sanitarie. Questa volta meno comprensibili.
Di questo ci sarebbe piaciuto parlare con la direzione artistica. Nulla. Ci è stato concesso solo qualche scambio su Facebook. Poi siamo stati bannati. A memoria, l’ultimo ad averlo fatto, è stato Matteo Salvini.
La cosa buffa è che il Festival non ha mai comunicato ufficialmente l’annullamento della data.
Anzi, il nostro nome ha continuato a circolare sui giornali come se niente fosse.
Se andate sulla pagina Facebook dell’Ivrea Jazz club, potete verificarlo da soli.
Perchè vi raccontiamo questa storia? Perché questa storia va oltre una mesta bega da cortile.
Perdere una data non è un dramma in sé anche se potrebbe esserlo di questi tempi.
Noi durante l’estate siamo stati fortunati e abbiamo suonato molto.
Ma chi lavora nello spettacolo sa che i prossimi saranno mesi duri.
Prenderne atto sarebbe un modo per riconoscerci come comunità.
E se ci riconoscessimo tra noi, forse inizierebbero a farlo anche gli altri. In primis le istituzioni.
Il problema, tuttavia, non è neppure un concerto annullato.
Il problema sono i rapporti.
Speravamo che l’esperienza del Coronavirus ci insegnasse a intrecciare relazioni più empatiche ed umane.
Il nostro quotidiano ci racconta il contrario.
Alla fine, non è andato tutto bene.
Alla fine, sta andando tutto come sempre
Cioè così”