Un viaggio nella poesia di Alda Merini insieme ad Alessio Boni: “Lei, l’esclusa che ti colpisce dritta al cuore”
Prosegue il successo del Festival Internazionale di Mezza Estate. Questa volta la sezione prosa, a cura di TRA (Teatri Riuniti d’Abruzzo), vedrà sul palco due grandi artisti omaggiare un’indimenticabile poetessa, forse la più importante che l’Italia possa vantare: Alda Merini. Domani 23 agosto alle 21.15 il Chiostro San Francesco di Tagliacozzo diventerà la cornice poetica del “Canto degli esclusi” con Alessio Boni e Marcello Prayer, per la distribuzione a cura di Aida Studio ed Elena Marazzita.
Un concertato così folle, difficile, raro, straniante, insolito, che costringe un pubblico a dedicarsi per un’ora e mezzo alla sola poesia…
Lei e Prayer portate in scena la poesia di Alda Merini. Avete trovato subito la giusta alchimia nella lettura dei testi?
Portiamo in giro il”Canto degli esclusi” da tempo. Lo abbiamo messo in scena per la prima volta nel 2012 in occasione del terremoto di Mirandola. Ci sembrava la cosa più interessante da raccontare. Alda Merini, una donna che ha passato molti anni in manicomio, che ha subito 46 elettroshock, cui le son state portate via 4 figlie, non ha riversato il proprio dolore in rancore ma lo ha trasformato in parole, lo ha attraversato e lo ha reso poetico. La sintassi di Alda Merini è talmente tanto veritiera che la rende accessibile a tutti. Lei ti arriva dritta come una lama rovente in un panetto di burro e ti coglie preciso e ti fa spiegare dei momenti che hai vissuto con una poesia che dura un minuto. Ed è una capacità molto rara. Lei è una lama meravigliosa, rotonda e ironica e autoironica. La chiamavano “la pazza della porta accanto” e ne ha fatto un libro, ad esempio. Dopo tutto quello che ha passato e sofferto, è stata riconosciuta e apprezzata solo durante gli ultimi anni della sua vita e dopo la sua morte. Alda Merini aveva una capacità e un talento spaventoso. Le ispirazioni le venivano di getto e le buttava giù su carta, diventando così delle poesie. L’istinto che aveva ci appartiene perchè parla del quotidiano e dell’uomo e tutto questo è trasversale e bellissimo.
Come mai avete scelto questo titolo per il vostro spettacolo?
Il “Canto degli esclusi” è una frase che abbiamo ripreso dalla poetica di Alda Merini ed è il canto di questa donna che era esclusa dalla società. Non poteva esserci titolo migliore per rappresentarla e descriverla.
Ci racconta come ha conosciuto la poesia di Alda Merini? È stata una conoscenza scolastica o è avvenuta più tardi?
Ho approfondito e letto tutta la sua opera nel 2012. Prima la conoscevo come potevo conoscere Neruda, Dickinson o Pasolini. Anche in accademia si parlava della poetica di Alda Merini, piuttosto che di altre poetesse. Mi è sempre piaciuta, ma solo qualche anno fa ho scoperto delle sfumature che prima non conoscevo. E non l’ho mollata più. Lei era tutto cuore e niente calcolo. E’ impossibile lasciarla andare. Era totalmente d’istinto e di cuore, per l’essere umano e non per la fama o per l’economia. Era vera pure essendo diplomatica, senza mai essere spigolosa o volgare. Lei parlava con grande armonia e ti arrivava dritta al cuore, così almeno mi han detto le persone che l’hanno conosciuta (ride ndr).
La poesia è stata al centro della sua quarantena. Ritagliare uno spazio della giornata interamente alla dimensione poetica può aiutare in un momento così delicato?
Mai come in questo momento la poetica può essere un aiuto per l’essere umano. Eravamo bloccati, con le manette ai polsi perchè non si poteva fare i criceti dentro la ruota per poter guadagnare di più. Una poesia, anche per chi non è un lettore assiduo, la si legge in pochissimo tempo, tranne rare eccezioni. Ecco in due minuti ti dà il sunto di un pensiero di un grande poeta, di quello che la vita ti può attraversare e se lo cogli ti arricchisci. La poesia è una panacea per l’anima, alla stregua della musica classica, dei film, delle serie tv e dell’arte in generale. Tutto questo ci aiuta seriamente e profondamente anche a cambiare se ci si riesce. Ci permette anche di capire delle cose e dei pensieri che da soli non si è in grado di trasformare in parole.
“La Felicità” di Alda Merini ci invita ad accorgerci delle piccole epifanie di bellezza nella nostra vita, e a raccoglierle. Nella poesia della Merini lei trova la Bellezza o lo strumento per riuscire a coglierla?
E’ una delle mie preferite! In questa poesia trovo sia lo strumento per cogliere questa bellezza – perchè lei lo fa in modo egregio – ma anche la bellezza stessa. La felicità è davvero accanto a te e se vuoi la prendi per mano. Non siamo in un paese in cui dobbiamo fare 18 km per cogliere l’acqua o non siamo in guerra. Noi stiamo bene, viviamo in un paese meraviglioso e ci si lamenta perchè magari la macchina che si aveva prenotato è arrivata in ritardo. Insomma, ci facciamo dei problemi mostruosi per nulla e questa poesia ci invita a riflettere. La felicità è in uno sguardo, in un momento, anche in questa intervista. Abbiamo creato un dialogo, magari ho trovato anche qualche spunto su cui riflettere e quindi devo essere migliore di prima. Altrimenti perchè facciamo le cose? Tanto per fare? Questo è il messaggio di Alda Merini. La felicità è una coccola di nostra madre o il dolce che ci ha prepato, che è un atto d’amore. Allora godiamoceli. Non diamo tutto per scontato. Abbiamo talmente tanto che ci si annoia come i nobili del ‘700.
..abbiamo le idee un pò offuscate in questo periodo storico..
Verissimo. E mai come questo momento la poesia è tagliente se la ascolti davvero. In poco tempo ti permette di capire un sentimento o un momento della vita.
Dopo Pavese e Pasolini, Alda Merini. Cosa, a suo avviso, accomuna i tre?
Credo il senso di disagio in cui vivevano. Al di là della genialità erano persone non comprese. Erano oltre e pochissime sono riuscite a carpire la loro anima. Se vaghi in una società che non ti comprende nascono delle crepe anche dentro di te. Pavese, Pasolini e la Merini le esternano ognuno in maniera completamente diversa. Se sei un savio e ti mettono in un posto con 99 pazzi, sei tu ad essere a disagio. Questi tre geni anticipano anni prima quello che i comuni mortali capiranno solo dopo, si sentivano disadattati. La vita non è fatta di ricchi e di poveri, come diceva Pessoa, ma è fatta di adattati e disadattati.
La stagione teatrale si sta rianimando molto più lentamente di altri settori. Perché oggi c’è questa poca attenzione verso il teatro?
Si stanno valutando i tempi per la ripartenza. Alcuni spettacoli o festival sono ripartiti, con le dovute accortezze e restrizioni, ovviamente. Questa cosa si può fare quando si tratta di eventi sorretti anche da sovvenzioni esterne, statali, comunali, etc e si portano a termine, anche con un numero ridotto di spettatori. Tanti teatri, la stragrande maggioranza, invece, vivono dello sbigliettamento. Se non si fa il pienone e il numero di spettatori si dimezza quel teatro dura una settimana e crolla. Si sta aspettando prima di esporsi. A mio avviso, si fa passare l’estate, e speriamo che per ottobre, massimo novembre si possa ripartire totalmente, a pieno regime, altrimenti il teatro che vive senza sovvenzioni non riesce nemmeno a pagare i dipendenti.
Si ringrazia Alberto Mutignani per la collaborazione