Alla scoperta di Ilario Maggi, giovane promessa della musica abruzzese
Ilario Maggi, nato nel 1997 ad Avezzano (Aq), inizia a muovere i primi passi nel mondo della musica fin da piccolo con docenti qualificatissimi, come il maestro Paolo D’Angelo e del maestro Guido Ottombrino del liceo musicale aquilano. Contemporaneamente si iscrive al triennio di Chitarra Jazz al Conservatorio “A. Casella” di L’Aquila, risultando primo in graduatoria a soli 17 anni.
Qui ha modo di studiare e perfezionarsi a livello artistico con jazzisti internazionali e didatti eccellenti come: Paolo Di Sabatino (musica d’insieme), Andrea Beneventano (piano complementare ed armonia), Luca Bragalini (Storia ed estetica della musica jazz), Fabio Zeppetella (chitarra), Antonio Jasevoli (chitarra), Rocco Zifarelli (chitarra), Fabrizio Sferra (Laboratorio di improvvisazione), Massimiliano Caporale (Composizione e Arrangiamento Jazz per large ensemble) e altri. Il 16 giugno uscirà finalmente il suo primo EP, “Blackdrops”.
Parlaci di te, della passione per la musica, della tua formazione e dei tuoi punti di riferimento.
Il mio amore per la musica, e in particolar modo per la chitarra, nasce fin dall’età di 6 anni. Ascoltavo mio padre (chitarrista anche lui) suonare rimanendo affascinato da questo strumento. I miei mi hanno sempre detto di studiare, mi hanno sostenuto in questo e mi hanno permesso di frequentare prima una scuola di musica locale poi il liceo musicale aquilano e parallelamente il conservatorio “A.Casella”. Qui mi sono laureato in chitarra jazz. In casa abbiamo sempre ascoltato musica di tutti i tipi, non mi sono mai fossilizzato su un genere in particolare ma ho sempre cercato di abbracciare più stili. Ho ascoltato di tutto, da George Benson a Pat Metheny, che sono un po’ i miei punti di riferimento per quanto riguarda il sound e la varietà di quadri che riescono a dipingere con la loro musica mai scontata e sempre innovativa. Amavo i Deep Purple e i Led Zeppelin nel mio periodo adolescenziale, oggi preferisco Yngwie Malmsteen e Allan Holdsworth per tecniche e sonorità più irruente.
Il 16/06 uscirà “blackdrops” il tuo primo EP, vuoi parlarci di come è nato questo progetto?
“Backdrops” è un progetto sperimentale, fresco e innovativo, che affianca sonorità jazz-rock a contesti più elettrici. Nasce dall’esigenza di creare paesaggi, per l’appunto, attraverso l’uso della musica. Spesso mi capita di assistere a concerti e, da spettatore, di non riuscire a “sorprendermi”: sonorità piatte, dinamiche inesistenti, non succede mai nulla di nuovo, si sta lì e si ascoltano le classiche forme sbobinarsi. Io penso che la musica debba sempre tenere vivo l’ascoltatore, dal momento che diventa “banale” perde tutto l’interesse.”Backdrops” mira maggiormente a questo: si parte da un’idea per poi evolverla e farla diventare altro, non si ascolterà mai due volte in questo progetto un motivo, o almeno, se dovrà succedere, lo si riascolterà evoluto .Spero di esserci riuscito! Chiara Ranalletta ha colto benissimo questo aspetto nella meravigliosa copertina; ringrazio inoltre Simone Cerratti, grande amico e professionista, in qualità di produttore, per avermi supportato, e sopportato in questo corso. Ringrazio, inoltre, i musicisti che hanno prestato la propria arte in questo lavoro: Michele Santoleri, Ekø the Breaker, Fabio Del Pizzo e Pierluigi Picchi. Mix e Mastering a cura della Fonorecord di Emiliano Bucci.
Idee per il futuro? Hai qualcosa in programma?
Per il futuro ho in mente di continuare a studiare e collaborare con musicisti di spessore artistico e professionale in modo da accrescere il mio bagaglio e i miei orizzonti musicali. Di certo non mi fermerò a questo primo lavoro discografico, della serie “ho fatto il disco, sono arrivato”, lo considero un mio punto di partenza e una spinta per migliorarmi. Quando guarderò indietro a questo progetto mi ricorderò da dove sono partito e chi c’era a supportarmi.
Che messaggio vorresti lanciare ai giovani che come te vogliono fare della musica una professione?
Da un mio modestissimo punto di vista, consiglierei a tutti quelli che vogliono intraprendere un discorso musicale di studiare e non fermarsi mai. Tante volte so di persone che a malincuore hanno abbandonato l’arte per far fronte a disagi economici di vario genere. Purtroppo il mestiere del musicista viene sempre un po’ sottovalutato. Andare sempre avanti, anche poco alla volta, con impegno e dedizione permette di raggiungere traguardi notevoli.