Recensione. “iHostage”: il sequestro all’Apple Store di Amsterdam nel thriller Netflix

Con “iHostage“, disponibile su Netflix dal 18 aprile, il regista Bobby Boermans realizza un thriller ispirato a un fatto realmente accaduto e che ha scosso l’opinione pubblica olandese: parliamo del sequestro nell’Apple Store di Leidseplein, nel cuore pulsante di Amsterdam. Scritto da Simon de Waal, ex poliziotto e rinomato autore di narrativa crime, la pellicola riporta al 22 febbraio 2022, quando un uomo armato di mitra, identificato come un impiegato ventisettenne di una catena di supermercati, fece irruzione nel celebre punto vendita Apple minacciando di far esplodere un ordigno che indossava e chiedendo un riscatto di 200 milioni di euro in criptovalute e una macchina per la fuga. Al momento dell’irruzione erano circa settanta le persone presenti all’interno dell’edificio. Il tutto si svolse in quasi cinque ore.
Nel cast troviamo: Admir Šehović, Soufiane Moussouli, Loes Haverkort, Marcel Hensema, Emmanuel Ohene Boafo, Fockeline Ouwerkerk, Matteo van der Grijn, Thijs Boermans.
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“iHostage” adotta una struttura narrativa multiprospettica. La storia si snoda attraverso tre punti di vista principali: quella del sequestratore, interpretato da Soufiane Moussouli che fa emergere la figura tormentata del ragazzo e che racconta i fallimenti che lo hanno condotto a quel gesto estremo; quella di Ilian, l’ostaggio, impersonato con grande intensità da Admir Šehović, un cittadino bulgaro che si trovava casualmente nello store e diventa l’intermediario designato a dialogare con l’aggressore; quella delle forze dell’ordine, con in prima linea il comandante Frank Paauw (interpretato da Marcel Hensema), mostrano la complessità e la tensione di un’operazione di salvataggio condotta in diretta, sotto la pressione pubblica e mediatica.
Boermans sceglie un’estetica sobria, quasi documentaristica. Niente virtuosismi di macchina, quindi, anche perché non sarebbero stati granché necessari. l montaggio è serrato, i movimenti sono contenuti, le inquadrature studiate per far emergere la claustrofobia e la vulnerabilità dei personaggi. La sceneggiatura di de Waal evita il didascalico e si concentra sui non detti: più che spiegare, iHostage mostra. Le dinamiche tra ostaggi, sequestratore e polizia si costruiscono nello spazio tra le parole, nei silenzi carichi, nei gesti sospesi.
L’epilogo, ricostruito con fedeltà drammatica, arriva dopo un momento di apparente tregua. L’ostaggio principale riesce a fuggire, seguito dal sequestratore che, nel tentativo di rincorrerlo, viene travolto da un veicolo blindato della polizia. La scena, resa con realismo chirurgico, evita ogni spettacolarizzazione e mostra il crudo finale: un corpo a terra, un robot che lo perquisisce, una città che trattiene il respiro. iHostage non cerca facili soluzioni morali. Ogni personaggio rappresenta una sfaccettatura di un dramma collettivo: la vittima, il carnefice, il salvatore. Ma, soprattutto, il film solleva domande profonde sul disagio mentale, sull’alienazione, sulla fragilità delle nostre vite in un mondo iperconnesso ma spesso disumanizzante.