Recensione. “Oh, Canada: i tradimenti”. Guerra del Vietnam e sensi di colpa nel film di Schrader
Uscito al cinema il 16 gennaio, “Oh, Canada: i tradimenti” rappresenta la seconda collaborazione tra il regista Paul Schrader e l’attore Richard Gere, rincontratisi a distanza di quarantacinque anni da quell'”American Gigolò” (1980) che decretò la loro fortuna e li lanciò verso una carriera lunga e di successo. Corsi e ricorsi storici, verrebbe da pensare, per lo meno nell’ambito cinematografico. Ed è un bene, perché dopo quasi mezzo secolo hanno dato vita a un film intenso ed emozionante. La pellicola trae ispirazione dal libro “I tradimenti“, pubblicato da Russell Banks nel 2021. Nel cast, oltre a Gere, troviamo Uma Thurman, Jacob Elordi, Michael Imperioli, Penelope Mitchell e Kristine Froseth.
Leonard Fife (Gere) è un acclamato documentarista statunitense, autore di diversi lavori dalla pronunciata matrice progressista. Non solo, è diventato simbolo della resistenza contro la guerra nel Vietnam dopo che, per sfuggire al richiamo della leva, è emigrato in Canada. Malato di cancro terminale, ha deciso di raccontarsi davanti alla macchina da presa di un suo ex studente in quello che sembra, a tutti gli effetti, una sorta di testamento spirituale e artistico. Si mette a nudo, si confida e si apre con il giovane regista, creando un’empatia profonda e coinvolgente fino a lasciarsi andare in riflessioni controverse e imprevedibili.
Proprio per il tema storico trattato, il film ha diviso l’opinione pubblica a stelle e strisce, storicamente mai allineata sul giudizio riguardante un conflitto durato vent’anni e costato la vita a decine di migliaia di soldati statunitensi. Per diversi critici la trama è lacunosa ed a volte confusionaria, con diversi momenti mancanti di un approfondimento necessario a comprendere meglio i fatti narrati. Colpa, redenzione, ambiguità morale sono tra i temi trattati nella pellicola in un viaggio introspettivo di un uomo che non ha più niente da chiedere alla vita se non, forse, un ultimo barlume di verità.
Leggi anche: Mostri umani e umanità mostruosa: la lezione di Lynch e Browning sul diverso
Schrader utilizza molto l’espediente dei flashback per spiegare gli episodi che hanno influenzato la vita e le scelte di Fife, così come si concentra molto nei primi piani di Gere che trasudano fatica e sofferenza, la stessa di un uomo alla fine della propria vita. Un’interpretazione magistrale e magnetica, commovente e intesa, di certo il punto di forza di un film che gioca tanto sulle emozioni che i personaggi evocano nello spettatore. Un altro punto di critica riguarda la caratterizzazione dei personaggi secondari, che alcuni hanno trovato poco sviluppati rispetto al protagonista. L’introduzione di numerosi temi e sotto-trame ha appesantito la narrazione, rendendo alcune sequenze meno efficaci, per lo meno a detta di una certa fetta di critica.
“Oh, Canada: I Tradimenti” è un film che sicuramente offre un’esperienza cinematografica intensa e riflessiva, ma richiede anche una certa pazienza da parte dello spettatore. La combinazione di performance eccellenti, soprattutto da parte di Richard Gere, e una regia audace rende il film degno di nota, sebbene non privo di difetti.