Recensione. “Longlegs”: un mostruoso Nicolas Cage per un Halloween al cinema
Mancano poche ore alla notte più spaventosa dell’anno: per gli amanti del brivido, questo Halloween sarà reso ancora più inquietante da una serata al cinema. Arriva nelle sale italiane “Longlegs“, definito come il miglior film horror indipendente del millennio.
“Scioccante“, “Il miglior film horror“, “Ipnotico” così lo definisce la stampa internazionale, che ha avuto occasione di vedere la pellicola al Toronto Film Festival. Noi lo abbiamo visto in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma e siamo rimasti sconvolti dall’interpretazione di Nicolas Cage, irriconoscibile fino a film inoltrato.
L’attore letteralmente buca lo schermo dalla prima scena, in cui avviene l’incontro con la protagonista bambina, che mette i brividi nel bianco paralizzante della neve. È raro che un horror utilizzi la sua sequenza più spaventosa in partenza, addirittura prima dei titoli di testa. Eppure il primo incontro ravvicinato tra bambina e carnefice, tra l’innocenza e la sua persecuzione è proprio la scena che permette all’intero film di generare una suspence che tiene incollati allo schermo. In modo che l’ansia e la consapevolezza nello spettatore, lo rendano parte attiva nella buona riuscita dell’effetto di “Longlegs“, che lavora sulle aspettative davanti ad un film horror.
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Merito anche di un occhio esperto dietro la macchina da presa: “Longlegs” è diretto dall’attore e regista Oz Perkins, figlio d’arte della paura: suo padre Anthony è stato il leggendario Norman Bates di Psycho. Perkins trova il giusto equilibrio tra un horror d’autore, un intreccio ben sviluppato e tensione drammatica. Per la buona riuscita del film è supportato da un cast eccezionale, in cui oltre al mostruosamente bravo Nicolas Cage, troviamo l’intensa Maika Monroe (già apprezzata nell’horror “It Follows“), Blair Underwood e Alicia Witt.
La trama
“Lo so che non hai paura di un po’ di oscurità… perché sei tu l’oscurità“
L’agente dell’Fbi Lee Harker (Maika Monroe) è una nuova recluta di talento assegnata al caso irrisolto di un misterioso serial killer. Da anni, in Oregon, accadono fatti terribili: diverse famiglie sono rimaste vittime di brutali omicidi-suicidi a qualche giorno dal compleanno della figlia. La dinamica è sempre la stessa: il padre sembra impazzire all’improvviso, uccide figli e moglie e poi si toglie la vita.
Nessuno è ancora riuscito a capire cosa scateni questa violenza, ma tutti gli episodi hanno una cosa in comune: sul luogo del delitto viene trovata immancabilmente una lettera, scritta in un particolare codice cifrato, salvo per la firma ben chiara: un certo Longlegs, letteralmente “gambe–lunghe“.
Ufficialmente l’Fbi sta dando la caccia a un serial killer, anche se, materialmente, sono i padri ad agire e non ci sono segni di effrazione in casa. Come è possibile spiegare tutto questo? È proprio la domanda che si pongono Lee e il suo capo, l’agente Carter (Blair Underwood), che per prima cosa devono decifrare il codice di Longlegs.
Mentre il caso prende svolte complesse, Lee Harker scopre di avere un legame personale con lo spietato assassino e deve correre contro il tempo per fermarlo prima che rivendichi la vita di un’altra famiglia innocente.
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Ad un occhio attento sembra quasi scontato chi sarà la prossima vittima – l’unico personaggio che corrisponde alle caratteristiche della vittima delineate lungo l’indagine – e il film presenta qualche buco di trama qua e là. Eppure “Longlegs” ha ben superato le aspettative del pubblico oltreoceano, affermandosi come il miglior horror indipendente del millennio.
Chi si aspetta uno splatter potrebbe essere un po’ deluso, perché non è questo a rendere il film di Perkins un horror (quasi un thriller) di grande successo, quanto invece il non-detto e il non-visto. A partire dalla riuscitissima promozione del film, che non mostra mai direttamente il personaggio di Longlegs, interpretato da un Nicolas Cage ancora una volta trasformato e terrificante.
Una trasformazione tenuta nascosta anche a Maika Monroe: è stato reso noto che il battito accelerato di Lee che si sente nel trailer, è quello reale dell’attrice, passato da 76 a 170 battiti al minuto dopo aver visto il personaggio Longlegs per la prima volta. E in tutto il film le emozioni dello spettatore vengono scandite dal respiro della protagonista, che nei momenti di massima tensione sovrasta tutto il resto.
Effettivamente questa storia non potrebbe esistere senza Lee, la vera protagonista: è infatti attraverso i suoi occhi che cerchiamo di capire anche noi perché, in un luogo apparentemente così tranquillo e semplice, si scateni tutto questo male e soprattutto cosa accada all’interno della giovane agente Fbi. Maika Monroe si contende così il titolo di nuova regina dell’horror con Mia Goth, nota per la trilogia degli “X” di Ti West.
Oz Perkins conquista lo spettatore con un nuovo modo di fare paura, giocando sulla componente psicologica e suscitando reazioni diametralmente opposte in base alla sensibilità di chi guarda.
Più che sull’effetto splatter, il regista gioca sulle aspettative del pubblico, facendo un passo indietro: dilata il ritmo, inquadra spesso porte da un altro punto di vista prima che vengano aperte, passa attraverso finestre, segue il lento movimento di uno sguardo spaventato da cosa potrebbe vedere.
La fotografia è infatti il fulcro del successo di “Longlegs“: curata nei minimi particolari, sollecita in modo subliminale la percezione dello spettatore. In primis attraverso l’uso del colore: il bianco della neve e del cielo è abbagliante, il rosso del sangue è denso e grumoso, il nero è onnipresente in ogni scena.
Inoltre l’alternanza tra primissimi piani e campi lunghissimi e un utilizzo spasmodico della simmetria riescono a rendere in maniera ancor più efficace quel senso di ansia e di attesa che il regista vuole trasmettere.
Piccola chicca per i cinefili: l’idea di scandire il passaggio tra presente e passato con il cambio di formato è un tocco sopraffino aggiunto ad un film ben riuscito.
(Fonte foto: Festa del Cinema di Roma)