Recensione. “Modi”: Johnny Depp dirige Scamarcio “sulle ali della follia”
Il penultimo giorno della Festa del Cinema di Roma è dedicato all’ospite più atteso di questa diciannovesima edizione: è stato presentato il film “Modi – Three Days on the Wing of Madness” diretto da Johnny Depp, che questa sera riceverà il Premio alla Carriera.
Il suo esordio alla regia con “The Brave” (1996) non fu un successo. Quest’anno, dopo l’allontanamento dal grande schermo a causa degli scandali e del processo ipermediatizzato contro l’ex moglie Amber Heard, Johnny Depp ci riprova e torna dietro la macchina da presa per un film molto affine al suo essere un “artista maledetto“.
Modi ( da leggere Modì) è infatti il soprannome con cui gli amici chiamavano il grande pittore e scultore Amedeo Modigliani, giocando con l’assonanza con la parola francese “maudit“, maledetto appunto. L’artista italiano, vissuto tra il 1884 e il 1920, era infatti noto per il suo talento – per i suoi soggetti femminili dagli occhi vuoti -, ma anche per il suo stile di vita eccessivamente bohémien, completamente abbandonato all’uso di alcol e droghe, per la dissolutezza e l’arte di creare scandali e scompiglio.
Per raccontare Modigliani, Johnny Depp sceglie Riccardo Scamarcio, ben credibile nei panni di un artista affascinante e ribelle – anche se a volte un po’ esagerato nei sospiri e nelle espressioni spaventate. Eccesso che potrebbe essere giustificato se si pensa che in quelle scene il protagonista è in preda ad incubi ed allucinazioni dovuti all’assunzione di hashish e funghetti.
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Nel suo secondo film da regista, Depp non si riserva alcun ruolo. Non appare mai sullo schermo, eppure in determinate scene c’è così tanto dell’amato attore: soprattutto nella scena iniziale, quando il protagonista crea grande scompiglio in un locale parigino, prima flirtando con una nobildonna complice e poi provocando un uomo in divisa con più medagliette che umanità. In un siparietto esilarante che termina in un duello tra baguette e mannaia, correndo tra e sopra i tavoli, prima di sfondare una delle più belle vetrine di Parigi, Scamarcio/Modi ricorda molto il Jack Sparrow di “Pirati dei Caraibi“, ruolo cucito addosso a Johnny Depp.
Come anticipato dal titolo, “Modi – Three Days on the Wing of Madness” non è un biopic ma il racconto di quelle “sole” 72 ore successive allo scandalo della vetrina, per cui è ricercato dalla polizia, e in attesa di un incontro che potrebbe cambiargli la vita: il suo agente Zbo ha catturato l’attenzione del noto collezionista Gangnat (Al Pacino), che arriverà a Parigi per visionarne le opere due giorni dopo.
Modi, stanco di uno stile di vita dissoluto, di vendere le sue opere a prezzi miseri, quasi mendicando attenzione nei parchi – sfruttando la tenerezza di una bambina e inventando storie su storie -, in attesa di un giudizio positivo, vorrebbe mollare tutto per trasferirsi a Livorno. Ma viene convinto a resistere questi altri due giorni per incontrare il collezionista:
“Dopo tanti rifiuti, cosa sarà uno in più?”
Eppure l’essere continuamente svalorizzato comincia a pesare, soprattutto se si cerca rifugio nell’ebbrezza. Spesso infatti il protagonista si perde tra apparizioni della morte (che secondo Depp ha le sembianze di un medico della peste, con la maschera a forma di lungo becco nero), immagini traumatizzanti dei feriti di guerra che appaiono come zombie (è il 1916) e allucinazioni da film distopico.
Vorrebbe abbandonare la vita da artista e la città, ma le persone a lui più care cercano di convincerlo a restare e continuare a dipingere. Prima di tutto la sua musa, coinquilina, finanziatrice e amante Beatrice Hastings (Antonia Desplat): una giornalista inglese irriverente, moderna e autonoma, determinata a concentrarsi sulla propria carriera. Una personalità con cui Modigliani (lo raccontano anche le riviste dell’epoca) continuamente si scontra o condivide citazioni di Dante e di Baudelaire, come quella da cui Johnny Depp trae il titolo del suo film:
“J’ai cultivé mon hystérie avec jouissance et terreur. Maintenant, j’ai toujours le vertige, et aujourd’hui […] j’ai senti passer sur moi le vent de l’aile de l’imbécillité.“
“Ho coltivato la mia isteria con gioia e terrore. Ora, ho sempre le vertigini e oggi […] ho sentito su di me il vento delle ali della follia“
E poi due artisti, con cui Modi forma un trio di vagabondi che girovaga per Parigi tra una bottiglia di vino e riflessioni estremamente esistenziali in contesti ridicoli. Un trio drammaticamente comico, come una sorta di tre moschettieri nell’epoca bohemien. Parliamo di Maurice Utrillo (Bruno Gouery), che vuole arruolarsi per salvare la sua musa, la città di Parigi, e Chaim Soutine (Ryan McParland), artista affascinato dagli insetti e dalle carcasse, quasi perennemente ricoperto di mosche e larve.
Nel cast Johnny Depp ha voluto anche Luisa Ranieri, che conquista il pubblico seppur apparendo in poche scene: interpreta Rosi, la proprietaria italiana del locale preferito da Modi, che si fa pagare i debiti a suon di opere d’arte e con cui ogni tanto battibecca con l’artista in italiano.
Proprio qui c’è la prima stonatura del film di Johnny Depp: Modi parla continuamente in inglese – lasciandosi ogni tanto andare ad un “Basta!” o a qualche parolaccia in italiano. Non stupirebbe nelle scene con la giornalista britannica Beatrice, ma lo spettatore non può evitare di chiedersi perché tutti parlino un inglese con accento francese. Soprattutto se nella scena iniziale, in cui provoca il ricco cliente del locale, Scamarcio/Modi si presenta vantandosi di parlare francese. Un buco di trama che lascia un po’ spiazzati.
Effettivamente la trama di “Modi – Three Days on the Wing of Madness” lascia un po’ a bocca asciutta. Non racconta molto della personalità e dell’arte del grande artista e pittore italiano. Lo vediamo dipingere solo in una breve scena o banalmente non viene nemmeno menzionata la questione degli occhi “vuoti” nei suoi ritratti – caratteristica che ha reso l’arte di Modigliani amata in tutto il mondo. Inoltre il personaggio appare, purtroppo, piatto: la sua unica caratteristica è essere un artista incompreso, ribelle e scapestrato. Non conosciamo altro della sua personalità, non si scava a fondo, alla ricerca della sua essenza, umana ma soprattutto artistica.
Per questo il tanto atteso film firmato da Johnny Depp diverte e affascina – tra l’estro e la presenza scenica di Scamarcio e la bellezza della fotografia – ma non colpisce, non lascia una traccia nello spettatore.
A destare curiosità e creare un diversivo una scelta artistica molto particolare: più volte il regista inserisce scene che rimandano al cinema muto dell’epoca. Velocizzando i movimenti, vertendo sul bianco e nero, aggiungendo didascalie al posto dei dialoghi, crea dei siparietti ben noti anche ad uno spettatore non esperto: dall’inseguimento comico dei poliziotti che finiscono per “picchiare” un piccolo criminale con il manganello, alla tipica scena di due amanti che bisticciano per poi finire irrimediabilmente a far l’amore.
Un grande plauso va alla ricchissima fotografia di “Modi – Three Days on the Wing of Madness“: il film riesce a catturare la magica bellezza della Parigi bohémienne. C’è una luce particolare che riesce a rendere ancora più belli, se possibile, gli scorci della Ville lumière e tutto il non-detto dei (pochi) quadri di Modigliani.
(Fonte foto: Festa del Cinema di Roma)