Recensione. “Ciao Marcello, Mastroianni l’antidivo”: la nostalgia conquista la Festa del Cinema di Roma
La diciannovesima edizione della Festa del Cinema di Roma è dedicata a Marcello Mastroianni. A 100 anni dalla sua nascita, il grande antidivo per eccellenza viene celebrato attraverso la foto di copertina, mostre, retrospettive, omaggi, documentari e restaurazioni.
Riportare Marcello Mastroianni sugli schermi di una grande kermesse cinematografica tutta italiana: quale modo migliore per ricordare uno dei volti più amati del cinema italiano, il suo mito e la sua leggendaria carriera, ma anche la sua leggerezza e semplicità?
Ad aprire le danze della nostalgia è stata la proiezione del documentario “Ciao Marcello, Mastroianni l’antidivo”, realizzato dal giornalista e documentarista Fabrizio Corallo.
Marcello Mastroianni: un’icona, quasi un concetto, un nome divenuto simbolo del fascino dell’italianità nel mondo (basti pensare al nome scelto per il protagonista italiano della quarta stagione di “Emily in Paris“). Come si può definire Marcello Mastroianni in poche parole? Se ci si prova, ci si ritrova inevitabilmente a strabuzzare un po’ gli occhi, aprire appena la bocca per poi rendersi conto di non riuscire a trovare parole, e allora sollevare le spalle aprendo un po’ le braccia.
Eppure il documentario di Fabrizio Corallo riesce ad essere esaustivo già nel titolo: “Ciao Marcello, Mastroianni l’antidivo”. E in soli novanta minuti racconta la vita e le innumerevoli sfaccettature di una personalità così carismatica, capace di conquistare il pubblico di tutto il mondo.
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Il docufilm comincia con l’attività frenetica dei paparazzi che cercano in tutti i modi di cogliere un ennesimo dettaglio del Marcello nazionale, cui fa quasi contrasto la serena calma e il rassegnato sorriso con cui Mastroianni si concede ad una fama da cui non riesce a fuggire.
Si entra poi nel vivo con un espediente narrativo (fin troppo) semplice: la giovanissima Lara (Barbara Venturato) deve incontrare la film-maker Simonetta per aiutarla nella realizzazione di un docufilm per celebrare il centenario di Marcello Mastroianni. Si imbatte, non proprio casualmente, in un Luca Argentero (nel ruolo di se stesso), incuriosito e intenerito dalla sincera ignoranza della giovane. Lara, che si ritrova costretta a proseguire il lavoro da sola, ammette di non sapere nulla su Mastroianni e non riconosce il palazzo della locandina di “Amarcord” nell’edificio alle sue spalle. Al pubblico della Festa del Cinema di Roma può sembrare una forzatura, ma in realtà Lara rappresenta una buona porzione di giovanissimi per cui Mastroianni è ormai solo un grande nome.
Così il racconto di Argentero introduce una carrellata di immagini di repertorio, di interviste, di foto dal set e scene di film con cui Corallo riporta Marcello Mastroianni sul grande schermo. Il documentario diventa così una sorta di viaggio nei ricordi e nell’animo dell’uomo dietro la leggenda. E lo fa soprattutto attraverso le parole dello stesso Marcello che ha sempre cercato di restituire un ritratto il più possibile autentico di sé e del suo modo di essere un attore.
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Si comincia da un aspetto forse meno conosciuto del grande divo: l’amore per la musica e soprattutto per il ballo. Nelle scene di “Una giornata particolare” ma soprattutto in quelle degli archivi del musical “Ciao Rudy” e di “Il Musichiere”, Mastroianni si mette in gioco in primis divertendosi, con la sua autoironia e tutta la sfacciataggine non celata in quel sorriso da ragazzino consapevole di osare e sfidare chiunque, primo fra tutti se stesso.
Un atteggiamento così spontaneo e una tanto apprezzata sincerità che hanno contribuito a consacrare Mastroianni al mito: è stato infatti uno dei primi artisti italiani a ricevere la stella sulla Walk of Fame di Hollywood, a conquistare la critica e la stampa di tutto il mondo.
Quel che colpisce ancora oggi è l’immensa umanità e umiltà di un attore che non accettava etichette ed esagerazioni, che viveva la sua vita e la sua carriera come un sogno, come il dono di una fata che potesse scadere a mezzanotte riportandolo violentemente alla realtà. Così Mastroianni è rimasto Marcello, con quella capacità di sorprendere e sorprendersi, con autoironia e una scanzonata incapacità di prendersi mai troppo sul serio.
Lo sentiamo raccontare che il pensiero che lo rassicurava mentre grandi premi lo mettevano in soggezione era quello di far provare orgoglio alla sua mamma. La dolcezza della madre Ida Irolle buca lo schermo e strappa inevitabilmente un sorriso quando afferma che è contenta del successo di suo figlio “ma certo che se anche stava all’ufficio anagrafe, stava bene…”. O ancora quando con una semplicità assurda, spiega all’intervistatore Rai che a Marcello piacciono tanto le sue polpette.
Il documentario ci mostra più Marcello che Mastroianni: il suo tenero amore per i cani, la sua genuinamente infantile ossessione per il cibo casereccio, il rifiuto dell’etichetta di “Latin lover” e il tentativo di difendersi come fosse un’accusa.
“Ma che Latin lover, ero pagato per abbracciare le donne. E poi, ho fatto film in cui interpretavo un cornuto, un impotente, un omosessuale e anche un uomo incinto: che dovremmo dire, allora?”
Allora Fabrizio Corallo lascia che siano le grandi attrici che con lui hanno condiviso lo schermo più volte a raccontare Mastroianni. Alle loro vecchie interviste si alternano il commento di Mastroianni e scene dei più grandi film. Ecco allora Sophia Loren, Virna Lisi, Stefania Sandrelli, Monica Vitti, Sandra Milo, Claudia Cardinale, Anouk Aimée, Ursula Andress. Ma anche la sua agente e confidente Giovanna Cau e la sua sarta Angela Anzimani, perché “le sarte sono come le mamme“.
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La creazione del ritratto di Marcello passa poi per il rapporto con i grandi registi del cinema italiano con cui Mastroianni si dice onorato di aver potuto collaborare. Affascinato da Hollywood ma innamorato dell’arte dei suoi connazionali, afferma:
“Sto qui con i migliori registi del mondo, che me ne faccio di Hollywood? Io sto qui con i miei amichetti”
Viene spontaneo sorridere ascoltando i commenti così veri e umani di Marcello e dei grandi cineasti come Federico Fellini (di cui è stato l’alter ego e l’attore feticcio in “La dolce vita” ma soprattutto in “8 ½”), Vittorio De Sica (“Ieri, oggi, domani”, “Matrimonio all’italiana”, “C’eravamo tanto amati”), l’inizialmente diffidente Pietro Germi (“Divorzio all’italiana”). E ancora Mario Monicelli (“Casanova ’70”, “I soliti ignoti”), Elio Petri (“La decima vittima”, “L’assassino”), Marco Ferreri (“Break up”, “Non toccare la donna bianca”, “La cagna”, “La grande abbuffata”), Ettore Scola (“Una giornata particolare”) e Dino Risi (“Fantasma d’amore”, “La moglie del prete”).
Con leggera vivacità si torna alla sfera personale di Marcello: dal legame con il paesino d’origine agli esordi durante l’università, dalle prime commedie alle abitudini che lo caratterizzavano sul set, dai rapporti con il fratello e la madre, fino ai grandi amori.
La moglie Flora Carabella Mastroianni ripercorre l’inizio della loro storia d’amore e la nascita della figlia Barbara. Poi si ripercorrono le relazioni con Faye Dunaway e con Catherine Deneuve, che porterà alla nascita di Chiara.
“Non ci siamo mai separati con Flora. Sì, io andavo e tornavo, andavo e tornavo… ma sempre lì tornavo”
Un realistico e sincero affetto lega Flora e Marcello, così come Barbara e Chiara, che si confrontano sul modo di essere presente del padre: attraverso il telefono.
Ultimi aneddoti della vita sul set portano il documentario verso la conclusione, per cui Corallo prende in prestito il discorso finale di “8 ½”. La scena del ballo carnevalesco del film felliniano sfuma nelle prime scene mostrate, quelle in cui Mastroianni danzava sul palco o al cinema insieme alla Loren.
“Ciao Marcello, Mastroianni l’antidivo” è un omaggio che si apre e si chiude col sorriso, nel vivo e sentito ricordo di un uomo e di un attore a cento anni dalla sua nascita, di cui non si può che sentire un’ammirata e piacevole nostalgia.