Venezia 2024. I cinque film italiani in concorso alla Mostra del Cinema
La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha sempre riservato un posto speciale per il cinema italiano, celebrando ogni anno le opere dei più talentuosi registi e attori del Paese.
L’edizione di quest’anno, l’81esima, non fa eccezione: con una selezione di film italiani che spaziano tra diversi generi e stili riflette la ricchezza e la diversità della cinematografia del Bel Paese.
Tra i nomi italiani in concorso spiccano registi affermati e giovani promesse, pronti a lasciare il segno con le loro narrazioni coinvolgenti e innovative. D’altronde, la Mostra del Cinema di Venezia rappresenta un’importante vetrina internazionale per il cinema italiano, offrendo l’opportunità di farsi conoscere e apprezzare da un pubblico globale.
Scopriamo dunque i film italiani in concorso a Venezia 81.
“Campo di battaglia” – Gianni Amelio
Liberamente ispirandosi al libro “La sfida“ di Carlo Patriarca, Gianni Amelio affronta con delicatezza e profondità il tema della guerra e delle sue ripercussioni sulla vita delle persone comuni.
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Il regista ci porta infatti in un viaggio emotivo attraverso le esperienze di due ufficiali medici amici d’infanzia, mettendo in luce la fragilità umana di fronte ai conflitti. “Campo di Battaglia” si presenta come un’opera potente e toccante che porta lo spettatore a riflettere sull’assurdità della guerra e sulla resilienza dello spirito umano.
Sul finire della Prima guerra mondiale, i due protagonisti interpretati da Alessandro Borghi e Gabriel Montesi lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi, tra cui anche molti impostori che si sono procurati da soli le ferite disposti a tutto per non tornare a combattere.
Stefano (Alessandro Borghi), di famiglia altoborghese, con un padre che sogna per lui un avvenire in politica, è ossessionato da questi autolesionisti e, oltre che il medico, fa a suo modo lo sbirro. Giulio (Gabriel Montesi), apparentemente più comprensivo e tollerante, è a disagio alla vista del sangue, è più portato per la ricerca e avrebbe voluto diventare un biologo. Al loro fianco c’è Anna (Federica Rosellini), amica di entrambi dai tempi dell’università, che fa la volontaria alla Croce Rossa: un duro lavoro che affronta con determinazione, consapevole che è il prezzo che sta pagando per il fatto di essere una donna, per cui la laurea in medicina è resa quasi irraggiungibile.
Nelle loro vite sopraggiunge il mistero quando qualcosa di strano accade intanto tra i malati. È possibile che qualcuno stia provocando di proposito complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, pur di non farli tornare al campo di battaglia?
Nell’ospedale sembra dunque esserci un sabotatore, di cui Anna è la prima a sospettare. Ma sul fronte di guerra, proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una specie di infezione che colpisce più delle armi nemiche. E presto contagia anche la popolazione civile…
“Vermiglio” – Maura Delpero
“Vermiglio” racconta dell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale in una grande famiglia e di come, con l’arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino, essa perda la pace, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria. Maura Delpero ci mostra come in quattro stagioni, mentre la natura compie il suo ciclo, si possa morire e rinascere. Come in un anno una ragazza possa farsi donna, un ventre gonfiarsi e farsi creatura.
Maura Delpero ha raccontato ai microfoni della Mostra del Cinema di Venezia di aver ricevuto l’ispirazione da un sogno, in cui la regista aveva visto suo padre, deceduto nei mesi appena precedenti, come un bambino di sei anni che gli consegnava materialmente questo film.
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“Una storia di bambini e di adulti, – spiega la regista – tra morti e parti, delusioni e rinascite, del loro tenersi stretti nelle curve della vita, e da collettività farsi individui. Di odore di legna e latte caldo nelle mattine gelate. Con la guerra lontana e sempre presente, vissuta da chi è rimasto fuori dalla grande macchina: le madri che hanno guardato il mondo da una cucina, con i neonati morti per le coperte troppo corte, le donne che si sono temute vedove, i contadini che hanno aspettato figli mai tornati, i maestri e i preti che hanno sostituito i padri. Una storia di guerra senza bombe, né grandi battaglie. Nella logica ferrea della montagna che ogni giorno ricorda all’uomo quanto sia piccolo.“
“Iddu – L’ultimo padrino” – Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
Fabio Grassadonia e Antonio Piazza si presentano in concorso a Venezia 2024 con un “grottesco” ritratto del Boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, a quasi un anno dalla sua morte, avvenuta il 25 settembre 2023.
I due registi ci riportano nella Sicilia dei primi anni Duemila, quando dopo alcuni anni in prigione per mafia, il politico di lungo corso Catello (Toni Servillo) ha perso tutto. Quando i Servizi segreti italiani gli chiedono aiuto per catturare il suo figlioccio Matteo Messina Denaro (Elio Germano), ultimo grande latitante di mafia in circolazione, Catello coglie l’occasione per rimettersi in gioco. Uomo furbo dalle cento maschere, instancabile illusionista che trasforma verità in menzogna e menzogna in verità, Catello dà vita a un unico quanto improbabile scambio epistolare con il latitante, del cui vuoto emotivo cerca di approfittare.
Così nasce l’idea di questo film, dalla lettura dei numerosi “pizzini” ritrovati nel corso della lunga latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro. Si tratta di insolite lettere, con cui il boss gestiva la sua vita in clandestinità e i suoi affari, trascendendo però la funzione pratica di comunicazione criminale. A partire dagli aspetti della sua personalità e la natura del mondo tragico e ridicolo che intorno a lui volteggiava spericolatamente, emersi nelle corrispondenze, Grassadonia e Piazza creano un ritratto di Matteo, principe riluttante di un mondo insensato, e Catello, maschera grottesca di solare amoralità.
“Queer” – Luca Guadagnino
A Venezia è stato definito “il film della vita di Luca Guadagnino“: il film “Queer” si è rivelato il perfetto adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di William S. Burroughs. Guadagnino ha scelto Daniel Craig affinché interpretasse il protagonista alterego dell’autore, William Lee.
Per la Mostra del Cinema l’attore abbandona lo smoking di James Bond per vestire gli abiti in pieno stile 1950 di un americano quasi cinquantenne espatriato a Città del Messico, che passa le sue giornate quasi del tutto da solo. L’incontro con Gene Allerton (Drew Starkey), un giovane studente appena arrivato in città, gli mostra per la prima volta la possibilità di stabilire finalmente una connessione intima con qualcuno.
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In questo film girato a Cinecittà, un inedito Daniel Craig è eccezionalmente convincente nella sua sensualità così lontana da quella dell’agente 007 cui ci aveva abituati. La sua interpretazione in “Queer” è puro erotismo, nelle movenze, nella voce, nell’equilibrio tra aggressività e fragilità (l’impacciato corteggiamento di Gene, la prima scena erotica tra i due), nel concedersi a innumerevoli scene di nudo.
“Diva Futura” – Giulia Louise Steigerwalt
Grande curiosità per conoscere in che modo Giulia Louise Steigerwalt abbia diretto “Diva Futura“, il film che raccontala storia dell’agenzia fondata nel 1983 dal “Re dell’hard” Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto) per rivoluzionare la cultura di massa trasformando l’utopia hippy dell’amore libero in un nuovo fenomeno: il porno.
Sotto la sua guida, “ragazze della porta accanto” come Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger e molte altre diventano all’improvviso dive di fama mondiale ed entrano nelle case degli italiani grazie al boom delle televisioni private e dei videoregistratori in Vhs. L’espressione “pornostar”, coniata al tempo, segna l’inizio di una nuova era.
L’avventura imprenditoriale viene raccontata, nel film, attraverso lo sguardo della giovane segretaria Debora (Barbara Ronchi), un crescendo incontrollabile, un impatto mediatico mondiale, implicazioni imprevedibili, tra gelosie, tormenti e politica.
Spiega il direttore della Mostra di Venezia, Alberto Barbera: “Vedrete lo sguardo di Giulia sul mondo della pornografia, che è del tutto esente da remore moralistiche e pregiudizi ideologici ed è l’aspetto più interessante del film, senza ovviamente occultare gli aspetti più truci di quel mondo”.