The Umbrella Academy: perché il finale della quarta stagione è il più giusto
E’ calato il sipario su “The Umbrella Academy” e siamo tutti più tristi, malinconici e orfani di una serie tv che ci ha accompagnati negli ultimi anni. La quarta e ultima stagione, uscita su Netflix lo scorso 8 agosto, ha chiuso il cerchio degli eventi che si era aperto nel 2019. Con la famiglia Hargreeves abbiamo riso e pianto, condividendo pandemia e lockdown, isolamenti e ritorno alla normalità. Nel pieno rispetto delle loro funzioni di supereroi, Luther, Allison, Klaus, Cinque, Ben, Vanya/Viktor e Lila ci hanno accompagnato durante un periodo storico difficile e sofferente fino ad oggi, con l’incubo Covid-19 che non fa più paura come prima.
ATTENZIONE, L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER
Adesso che la visione di “The Umbrella Academy” è terminata siamo però sopraffatti da quella sensazione di vuoto e nostalgia tipica dell’abbandono di un qualcosa di familiare che non siamo pronti a lasciare andare via. Al pari del ritorno da una straordinaria vacanza, la conclusione di una serie tv che moltissimi hanno amato può provocare dispiacere e sconforto. Mancherà l’attesa di episodi inediti, la crescente curiosità che anticipa una nuova uscita e il dibattito sulle community a visione terminata. Non mancherà, però, il rewatching e quello, per fortuna, non potrà togliercelo nessuno.
Siamo arrivati a questo capitolo conclusivo con aspettative altissime. I fatti della terza stagione non avevano convinto appieno fan e fedelissimi. L’entusiasmo e lo stupore dell’inizio avevano lasciato spazio a delusione e amarezza per una sceneggiatura ritenuta non all’altezza del suo compito, forse ambiziosa ma di certo non esaltante. L’auspicio, da parte di tutti, era quello di vedere corretto il tiro negli ultimi sei episodi. La quarta stagione era dunque chiamata a rialzare la china per riportare il prodotto su quegli asset qualitativi e identitari che l’avevano contraddistinto fin dal suo debutto. Così è stato, anche se non del tutto.
SPOILER A PARTIRE DA QUESTO MOMENTO
Ancora una volta il nemico da affrontare è l’apocalisse e, come al solito, la nostra famiglia disfunzionale è chiamata a evitarla per salvare il mondo. Il problema è duplice, però, perché oltre a trovarsi di fronte all’irreparabile, i fratelli non hanno più i superpoteri di un tempo. Conducono vite molto diverse rispetto a prima, tra chi non si arrende ai sogni di gloria, chi lavora come postino e chi è diventato ipocondriaco al punto da avere paura di ammalarsi o morire. Come fare allora? Ci pensa il ritrovato e riaggregato Ben con un colpo di astuzia che nessuno immagina. Scopriamo nuovi villain e nuovi intrecci di storie, ne capiamo di più su alcune vicende delle linee temporali già vissute ed entriamo in un vortice di linee temporali talmente complicate e intricate da essere descritte con la mappa di una metropolitana. Accadono fatti imprevedibili ma, soprattutto, avviene una conclusione totalmente spiazzante.
Cinque, dopo aver ripercorso i suoi passi e scoperto che nelle varie linee temporali lui e i suoi fratelli hanno salvato il mondo per più di centoquarantacinquemila volte, ha un’illuminazione e capisce che stavolta sarà diverso. Per evitare l’apocalisse creata dalla catarsi tra Ben e Jennifer (nuovo personaggio di fondamentale importanza) si renderà necessario un sacrificio enorme: l’Umbrella Academy al completo dovrà morire. Angoscia e stupore si appropriano dei fratelli che in un primo momento esitano ma poi capiscono che è l’unica cosa da fare. Quella giusta. Quella che da loro ci si attende. Non possono sottrarsi al dovere ed a questa responsabilità. Loro hanno creato l’apocalisse, loro devono porvi rimedio. Ed è ciò che accade.
A tenere banco in questi giorni è proprio il finale della serie che, senza timore di smentita, ha lasciato tutti a bocca aperta, tanto increduli quanto delusi. Con buona pace di coloro i quali sono rimasti invece soddisfatti, una pioggia di critiche si è abbattuta sullo showrunner Steve Blackman. Sarebbe sufficiente visitare i profili social network della serie, e leggere i commenti sotto ai tanti post condivisi, per rendersene conto. Neanche il tentativo di oscurarne la maggioranza è riuscito – e sta riuscendo – nell’impresa di ribaltare il malumore dell’ampissima fanbase dell’Umbrella Academy. Se nella terza stagione le contestazioni erano arrivate per una serie di fatti che avevano reso confusionaria e controversa la storyline, in questo quarto capitolo la conclusione non è proprio andata giù alla maggior parte degli spettatori che, invece, l’hanno ritenuta “frettolosa“, “sconclusionata“, “poco romantica” e in antitesi con quanto era lecito attendersi.
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Partiamo proprio da qui per la nostra riflessione: esattamente, cosa era lecito attendersi? La risposta potremmo ricercarla nella coerenza tra la serie tv e i fumetti di Gerard Way e Gabriel Bá ma, dal momento che i due autori non hanno ancora terminato l’opera, e non esistendo quindi un finale “ufficiale”, la contestazione non sta in piedi. Una storia non può essere aderente a se stessa se non è stata ancora scritta. Netflix e Blackman hanno agito in maniera indipendente, senza attendere che Way e Bá concludessero i loro lavori. Chissà se i due, a questo punto, dopo aver toccato con mano l’umore dei propri fan non propenderanno per una versione alternativa a questo finale.
In una visione Viktor aveva intravisto un futuro sereno per l’umanità, dove tutto era in ordine. Ma loro non erano parte di quel futuro. Sacrificandosi si sarebbero consegnati alla loro storia personale ma non a quella che li avrebbe ricordati. Un atto di coraggio dal sapore di espiazione. Come in una tragedia greca o un poema cavalleresco, il sacrificio dei nostri (super)eroi si rende doveroso ma inevitabile. Luther, Allison, Klaus, Cinque, Viktor e Lila attendono che il fato vada loro incontro. Lo accolgono, a lui si consegnano ed in lui ripongono le speranze di un qualcosa dopo la morte. Una luce dopo l’oscurità. Un nuovo inizio, una nuova vita, magari ancora insieme. Allison, lacrimante, dichiara “forse ci rivedremo”.
Un finale controverso e libero all’interpretazione che ha scioccato non poco gli spettatori, totalmente presi in contropiede dal vedere l’Umbrella Academy morire, sparire per sempre come se non fosse mai esistita, sopraffatta da se stessa. Non li vedremo più in azione, non rideremo più delle loro gag e disavventure, non sapremo mai come diventeranno grandi e come le loro vite proseguiranno. E’ finito tutto, per sempre. O forse no? Il colpo di scena è dietro l’angolo.
Durante i titoli di coda la cinepresa inquadra tutti i personaggi che sono comparsi nel corso delle quattro stagioni. Sopra di loro il cielo è limpido e il sole brillante. Vivono allegri, spensierati e appaiono tutti realizzati. Il male, cioè l’apocalisse, è stata sconfitto. La vita splende e irradia un parco verde, il colore della speranza. La stessa speranza che alimenta i cuori di chi, per un secondo o poco più, vede nascere otto calendule ai piedi di un albero, dorate come la Marigold. Il lieto fine, che fino a poco prima era ormai un’illusione, probabilmente si materializza. L’Umbrella Academy è veramente rinata? Si è rigenerata? Siamo di fronte a un nuovo inizio e quindi a un’altra, e alternativa, linea temporale? Non lo sapremo mai, per lo meno non ora che una quinta stagione sappiamo per certo che, salvo incredibili colpi di scena, non ci sarà.
Sir Reginald Hargreeves aveva sempre rimproverato ai figli adottivi di essere responsabili della morte del fratello Ben in quanto non in grado di fare squadra nel momento in cui serviva a salvarlo. Ciò che non fecero al tempo lo hanno fatto in questa circostanza, sacrificando le loro esistenze per salvare l’universo intero. Hanno anteposto il bene superiore a qualsiasi altra cosa. Il rimprovero, durato quattro stagioni, è stato annientato dal loro altruismo. Non poteva che finire diversamente, con l’espiazione della colpa più grande che aveva distrutto la famiglia, seminato odio, rivalità, gelosie e invidie al suo interno. Ma alla fine hanno fatto squadra e hanno vinto.
Una quarta stagione che non è tutta rosa e fiori, però: al suo interno sono presenti numerosi buchi di trama, tante domande che non hanno ricevuto risposta, love story poco convincenti. Ognuno dei personaggi è condizionato dalla perdita dei poteri, poi ritrovata ma non del tutto e non ugualmente a prima. La figura di Klaus viene ribaltata più e più volte senza che trovi mai una definitiva consacrazione o un suo posto, quella di Allison oscilla tra il “vorrei darmi un ruolo ma non posso”, lo stesso Luther è più parodistico che mai. Cinque è in balia dei suoi umori, delle sue ansie e dei suoi sentimenti, Viktor tenta di ricucire lo strappo con Sir Reginald nel momento in cui la catastrofe era all’orizzonte. Insomma, per quanto gli attori e le attrici abbiano messo in scena una prestazione non convincente, a non convincere è stata proprio la storyline che è sembrata andare di corsa per arrivare alla sua chiusura. Si poteva fare di meglio? Si, decisamente.
Un finale che non è piaciuto alla stragrande maggioranza dei fan ma che, con questa chiave di lettura, ci sembra il più giusto. Lontano dalla bonaria ortodossia della prevedibilità che spesso svela una conclusione con largo anticipo sulla tabella di marcia, Blackman ha ribaltato il paradigma del lieto fine alla Spielberg facendo cessare l’esistenza dei protagonisti della serie tv. Quanto questa decisione sia stata condizionata dai vertici Netflix che, probabilmente, non credevano più nel prodotto e volevano mettere un punto, non possiamo saperlo. Il fatto di aver sviluppato solo sei episodi a differenza dei dieci presenti in ciascuna delle tre serie precedenti ci induce a pensare che un ruolo la produzione lo abbia avuto eccome.