Il Grande Gatsby e il disincanto del sogno americano
“Il Grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald esce negli Stati Uniti il 10 aprile del 1925. Fitzgerald scrive il romanzo tra New York, Long Island e la Francia. Come tutti gli artisti, anche Fitzgerald ha un modus operandi che segue per ogni sua opera. Egli, infatti, prima della pubblicazione soleva leggere ad alta voce il manoscritto, con l’aiuto di sua moglie Zelda, altro personaggio importante all’interno della sua vita.
Leggi anche: Torna “Libri Sotto le stelle”: quattro incontri con autori e una mostra fotografica
È importante saper scegliere l’edizione migliore per poter entrare pienamente all’interno di una storia. Per comprenderne il senso culturale e sociale, è fondamentale come prima esperienza con un libro, leggerlo in lingua originale o saper scegliere una buona traduzione. Per citare Umberto Eco, un buon traduttore deve essere un buon traditore. Scegliere, dunque, il giusto “tradimento” potrà far immergere il lettore nella vera atmosfera del romanzo. Quanto espresso vale per tutti i romanzi tradotti dalla lingua originale ma per “Il Grande Gatsby” deve esserci un’attenzione molto particolare.
“Il Grande Gatsby” è stato tradotto per la prima volta in Italia nel 1936 da Cesare Giardini con il titolo “Gatsby il Magnifico“. Torna ad essere “Il Grande Gatsby” con la firma di Fernanda Pivano nel 1950.
Apparentemente il testo si presenta al lettore con una trama frivola, lineare, quasi da cliché letterario. Al contrario, si parla di crudeltà, ruvidezza, fine dei sogni giovanili. È un romanzo che ha ispirato registi, sceneggiatori teatrali, lettori da tutto il mondo, nonché critici e giornalisti letterari.
L’autore, classe 1896, alla giovane età di 29 anni pubblica questo capolavoro spogliandosi dalle vesti di portavoce della Jazz Age, una generazione scatenata. Chiude i rapporti con uno stile di scrittura documentaristico e decide di abbracciare la narrativa raccontando l’effimera ipocrisia del sogno americano che spinge le classi sociali più umili a combattere per il benessere, illudendoli di poterlo ottenere.
Leggi anche: “L’Amica Geniale” di Elena Ferrante è il libro del secolo: lo dice il New York Times
Molti parlano del romanzo definendolo sentimentale, nulla di più falso. Il sentimentalismo non rientra nel vocabolario Gatsbiano. Gatsby si innamora di una ricca e giovane donna. Dopo cinque anni, dopo aver appeso al chiodo la “divisa operaia” e con un conto in banca più sostanzioso, decide di riconquistare la sua amata. Fitzgerald non mente e dipinge uno spaccato sociale veritiero, affamato, feroce. Il protagonista non riuscirà mai, davvero, a scalare la vetta di classe e a rubare il cuore di Daisy. Lei, infatti, cadrà tra le braccia di un ricco e famoso giocatore di Polo, sposandolo poco dopo.
Nel romanzo è possibile individuare elementi biografici dell’autore, dal vizio dell’alcool al rapporto difficile con sua moglie, fino ad arrivare alla corsa continua verso l’ascesa sociale e al lusso sfrenato. Compare il famoso mito del self made man che, però, vede i suoi sacrifici sgretolarsi come castelli di sabbia dopo una tempesta.
Duecento pagine amare come l’inchiostro e salate come le lacrime per un finale disatteso, che spegne le speranze di un lettore illuso prima e disincantato poi, proprio come il protagonista.
La densità di significato del libro non permette di volare con la fantasia, il peso della realtà non fa formare i famosi occhi a cuoricino e non prospetta un mondo migliore. Non promette nulla. Disegna i contorni di una società rassegnata, falsa, di facciata, che chiude le porte al talento e le apre alle menti vuote dai cognomi pesanti.
Leggi anche: “Maddalena in estasi”: scoperta un’opera inedita di Artemisia Gentileschi
Perché leggere questo libro? Innanzitutto per poter assaporare il gusto degli anni ’20 con le sue musiche suadenti e i suoi abiti dorati. In secondo luogo, per poter avere l’occasione di urtare contro il muro della realtà arrivando ad un finale fecondo di riflessioni.
A distanza di un secolo dall’ambientazione del romanzo, lo stile di vita di molti arrampicatori e avidi opportunisti di ogni ceto sembra stagnare ancora nelle acque di quel contesto storico e sociale ed è in questo senso di attualità che risiede il genio dei grandi autori.