“Cattiverie a domicilio”: un irriverente film femminista politicamente scorretto
Irriverente e sottile, scorretta e raffinata: “Cattiverie a domicilio“, la nuova commedia di Thea Sharrock, arriva nelle sale italiane dal 18 aprile.
Il titolo originale del film, “Wicked Little Letters” (“Perfide letterine”), spoilera quella che in realtà è più di una semplice commedia. Al centro della storia ci sono infatti una madre da salvare e un mistero da risolvere: una serie di lettere oscene piene di insulti scritte da un mittente sconosciuto.
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Le protagoniste di “Cattiverie a domicilio“, Jessie Buckley e Olivia Colman, si destreggiano sul grande schermo in una commedia che non lascia spazio alla noia.
La trama
Littlehampton, anni ’20. L’irlandese Rose Gooding (Jessie Buckley) ha un rapporto molto burrascoso con la sua devota vicina, Edith Swan (Olivia Colman), anche se un tempo erano amiche. La ragione del contrasto è facilmente comprensibile: Rose, la vicina “straniera” è tanto libera, bella e sfacciata (anzi sboccata) quanto Edith è devota, grigiastra e rigida.
La situazione si complica quando la zitella conservatrice inizia a ricevere lettere scritte in un linguaggio particolarmente osceno e, spinta da suo padre, subito afferma che Rose ne è l’autrice. Mentre i corrieri inondano le cassette postali della città con lettere di insulti deliranti, le accuse di Edith potrebbero mandare Rose in prigione e farle perdere la custodia della figlia.
La poliziotta Gladys Moss, seguita prontamente dalle donne della città, conduce allora una propria indagine: sospetta che qualcosa non torni e che Rose potrebbe non essere la vera colpevole, vittima dei costumi del suo tempo… d’altronde perché la ragazza dovrebbe scrivere in via anonima insulti che non si premura di gridare in faccia alla sua vicina davanti a tutti? Perché rischiare così tanto per dei contrasti nel vicinato? Convinta che la verità sia altrove, la poliziotta cerca di saperne di più.
I troll degli anni ’20
Oggi l’invio di messaggi anonimi carichi di odio ci fa inevitabilmente pensare al fenomeno del trolling: nel gergo della rete – riporta Treccani – indica l’atteggiamento proprio di chi interviene all’interno di una comunità virtuale in modo provocatorio, offensivo o insensato, al solo scopo di disturbare le normali interazioni tra gli utenti. O ancora pensiamo alla valanga di commenti di haters sotto i post di persone più o meno famose, che ci sembrano ormai parte integrante del pacchetto dei social.
All’epoca del film, nel 1922, questo fenomeno provoca un vero e proprio tsunami nella piccola città della costiera inglese, dove decoro e linguaggio castigato sono elementi base della società. Almeno in apparenza: lo scandalo delle lettere porterà le pudiche signore di Littlehampton a tirar fuori il peggio di sé.
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Basato su una storia vera – quella di due vicine che si fanno una vera e propria guerra a parole – avvenuta durante il regno di Giorgio V, “Cattiverie a domicilio” rivisita il genere della commedia britannica solitamente più ammodo e contenuta.
Tra una battuta e un’offesa, il film di Thea Sharrock rivela anche un aspetto femminista: mentre Edith è condannata ad “abbracciare la propria croce” dagli anziani genitori che le impongono di invecchiare con loro e Rose combatte contro un sistema che non accetta che una giovane ragazza libera e intraprendente possa essere una madre sola, il personaggio di Gladys Moss, prima poliziotta del Sussex, si confronta con il sessismo e il razzismo dei suoi colleghi maschi.
Senza rivoluzionare completamente il genere, questa divertente commedia britannica offre quasi due ore (1 ora e 42 minuti per la precisione) di frizzante svago e arguta riflessione.