Cento anni di Marlon Brando: scandali, eccessi e verità nell’autobiografia
Il 3 aprile 2024 ricorre il centenario della nascita di Marlon Brando: per celebrare l’anniversario, la sua autobiografia, “Le canzoni che mi insegnava mia madre“, torna in libreria.
Leggi anche: Quando in cinema influenza la realtà: in Abruzzo i sindaci si uniscono per salvare la scuola
La Nave di Teseo ripubblica il libro di memorie, scritto a quattro mani da Marlon Brando e dal giornalista e scrittore Robert Lindsey (che ha collaborato anche alla stesura dell’autobiografia di Ronald Reagan). La nuova edizione, tradotta da Annabella Caminiti, presenta la prefazione del regista Giulio Base, che scrive:
“In questa autoanalisi Marlon Brando evita di celebrarsi come divo e affronta sinceramente la sua umanità imperfetta, che lo rende somigliante a ciascuno di noi”
Miniera di aneddoti e leggende, il memoir della vita selvaggia di Brando è stato scritto dall’attore, come lui stesso raccontava, “per separare la verità da tutte le leggende inventate su di me, perché questo è il destino di chiunque sia travolto dal vortice distorto della celebrità“.
Leggi anche: “Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles”: storia di un improbabile processo
Il racconto personale di Brando prende le mosse dai ricordi della sua infanzia in Nebraska, dove nacque il 3 aprile 1924, segnata dall’amore per il teatro trasmessogli dalla madre. Espulso da diverse scuole e dall’accademia militare, decise di perseguire la carriera da attore, iscrivendosi all’Actor’s Studio di New York: qui, sotto la guida di Stella Adler e Leo Strasberg, si dedica al metodo Stanislavskij.
L’autobiografia ripercorre una carriera coronata da due premi Oscar come miglior attore. Dall’esordio in Un tram che si chiama desiderio di Elia Kazan, fino ai ruoli iconici ne Il Padrino e in Apocalypse Now, Marlon Brando è stato assoluto protagonista di una carriera avventurosa e talvolta controversa, come nel caso del capolavoro di Bernardo Bertolucci, Ultimo tango a Parigi.
“A parte Elia Kazan e Bernardo Bertolucci, il regista migliore con il quale ho lavorato è stato Gillo Pontecorvo, anche se siamo stati sul punto di ammazzarci”
Così racconta Brando ricordando le riprese del film Queimada (distribuito con il titolo Burn!, 1968) con una temperatura sempre sopra i 40 gradi il film, mentre Pontecorvo continuava ad indossare un pesante cappotto sul set.
Leggi anche: “Everybody hurts” è “la canzone più triste di sempre”? La storia del brano dei R.E.M.
L’autobiografia di uno degli ultimi grandi divi del cinema espande il suo raggio d’osservazione lontano dai set, raccontando anche il suo attivismo a favore di cause nobili come la lotta all’apartheid e il sostegno ai nativi americani.
Nelle ultime pagine di “Le canzoni che mi insegnava mia madre“, Marlon Brando si concede un ultimo sogno, immerso nella calma del suo atollo nella Polinesia Francese, suo amato rifugio: una conclusione perfetta per il racconto senza filtri della vita di uno degli ultimi grandi divi di Hollywood.
Le memorie sono accompagnate da 64 pagine di fotografie in bianco e nero dalla collezione privata dell’attore e dalla filmografia di Marlon Brando a cura di Mari Alberione e Cristiano Taglioretti.