“Napule è”, l’anti-canzone napoletana di Pino Daniele
“Napule è“, una dichiarazione d’amore così sincera e genuina da diventare un inno anche per i non-napoletani, nacque dallo sguardo innamorato e disilluso di un appena diciottenne Pino Daniele.
Una canzone “pulita” e delicata scritta durante una passeggiata lungomare ma che resterà chiusa in un cassetto per qualche anno prima di essere consegnata al mondo e conquistare tutti gli italiani.
“Napule è” viene presentata nel 1976 durante un‘emissione di una radio privata della Capitale e sconvolge tecnici e conduttore, ma bisognerà attendere ancora mesi prima di poterla riascoltare.
Ma procediamo per gradi.
Leggi anche: Fatboy Slim: a Roma e Cremona i due concerti italiani
Estate 1976. Il produttore Claudio Poggi accompagna la sua giovane promessa Pino Daniele, che a 21 anni sta muovendo i primi passi nel mondo della musica, negli studi di una radio privata romana per far conoscere e promuovere le sue prime canzoni.
Incoraggiato dai conduttori di Radio Eurosound, il giovane Pino presenta la canzone spiegando con la sua tipica timidezza e determinazione che parla di Napoli. Lo fa alla sua maniera, con parole chiare e semplici, in modo che tutti possano capire, così come la sua canzone.
«È un pezzo in cui c’è tutto quello che è Napoli e può essere capito da tutti, le parole sono abbastanza comprensibili»
Ma ci tiene a specificare che il brano non farà parte dell’album in preparazione: «Forse il prossimo 45 giri che farò, lo farò così: si chiama Napule è». Pino Daniele si esibisce dal vivo, lasciando a bocca aperta conduttore e tecnico in regia. Consegna così al mondo quella che diventerà la sua canzone in assoluto più amata e ascoltata ( basti pensare agli oltre 18 milioni di streaming su Spotify).
Il brano, uscito su un 45 giri con ‘Na tazzulella ‘e cafè sul lato B, in realtà finirà per aprire il suo disco d’esordio Terra mia nel 1977. Sarà eseguito per la prima volta sulla televisione pubblica nell’estate di quell’anno nel Programma di Rai2 Auditorio A con l’orchestra dell’Auditorium Rai di Napoli diretta da Pino Presti. Il resto è storia.
Un’anti-canzone napoletana
Napule è, come la maggior parte dei pezzi più intimi di Pino Daniele, nasce solo chitarra e basso. Ma il brano è l’unico di “Terra Mia” a non essere arrangiato dal cantautore: fu curato e orchestrato invece da Antonio Sinagra.
In un’intervista a Repubblica nel 2015, Sinagra raccontò la genesi musicale della canzone:
“Pino desiderava a inizio traccia una introduzione. Perciò prima che iniziasse il suo cantato scrissi otto misure per oboe e mandolino. L’oboe emette un suono che ti riporta a un Oriente mediterraneo. E mantiene qualcosa di antico. Così come il finale in successione esprime una quasi improvvisazione vocale. L’aggiunta del mandolino provoca un contrasto con l’interpretazione moderna e non gridata che possedeva Pino. Il quale sentì la canzone finita solo quando venne in sala di registrazione. A me lasciò la base e in sua assenza scrissi le parti di archi e fiati”.
“Quando venne nel mio appartamento per farmi ascoltare il provino compresi subito un dato decisivo: Pino voleva allontanarsi dai canoni“, spiega Antonio Sinagra. “La canzone napoletana, figlia del melodramma, ha affinità con la canzone francese o con le melodie arabo-spagnole. Lui era altrove. Poeticamente popolare, aveva costruito questa splendida canzone – una sorta di racconto in filastrocca – senza inciso, con una struttura nuda. Nello Studio Quattro 1 di Claudio Mattone, a Roma, il brano diventò quello che tutti amano».
D’altronde Pino Daniele era stato chiaro nella sua presentazione del brano: “Le parole sono abbastanza comprensibili” risulta una sorta di dichiarazione di intenti. La sua canzone riesce a trasformare in poesia non soltanto un dialetto, ma anche il linguaggio del popolo, per rendere la comunicazione il più universale possibile. Infatti “Napule è” diventerà un inno anche per tutti coloro che non hanno vissuto la stessa realtà del cantante. Quasi un modo di vivere la propria città.
Anche il modo di cantare di Pino Daniele rompe gli schemi: lascia fluire la voce in maniera insolitamente lieve. “Con la sua ‘anti-voce’ cambiò le regole“, aggiunge Sinagra, “Il suo è un canto femmineo, una voce di testa; non di petto, tipica dei cantanti partenopei che talvolta abusano di melodie. Usava la voce come un jazzista, entrando nelle linee melodiche. Faccio un parallelo con il suono della tromba di Chet Baker: per stile, esecuzione, sensibilità. Hanno in comune il dono di sapere anticipare, o ritardare, la frase ritmica“.
Il vero significato di “Napule è“
Sviluppato musicalmente con molta originalità su un sound piacevolmente acustico, il brano di Pino Daniele trova la sua forza in un testo pieno di sentimento, in grado di catturare l’essenza di Napoli dagli occhi di un diciottenne che l’ha vissuta da dentro, regalando alla città un inno in grado di rivaleggiare con ogni grande classico della canzone partenopea.
Spesso Pino Daniele sottolineò come non ci fosse nulla di simbolico nel brano: si trattava semplicemente di una descrizione di ciò che per lui era Napoli, caleidoscopio di colori, paure, sole, mare. Una città tanto bella quanto abbandonata a se stessa, colpita da un degrado frutto di un’amministrazione comunale e statale che non ha mai saputo proteggerla e valorizzarla, distrutta da una popolazione che non ha mai saputo dimostrarle l’amore meritato, e nonostante questo in grado di resistere a ogni avversità.
“Napule è“: un quadro della città con le sue bellezze e contraddizioni, fatta di mille colori, di mille paure, di gente rassegnata e indifferente al degrado che la circonda e intanto continua a sperare nella sciorta (la fortuna) per cambiare la propria vita. Tutti ne parlano, tutti la criticano, tutto il mondo la conosce ma nessuno sa davvero qual è la sua vera anima.
Leggi anche: “Nimic” al cinema il corto di Yorgos Lanthimos con protagonista Matt Dillon (trailer)
Una città che è specchio delle contraddizioni del mondo, diventata famosa ovunque anche per questo. Tutti la conoscono, anzi credono di conoscerla. “Ma nun sanno ‘a verità“, chiosa il giovane Pino nello struggente ultimo verso, facendo calare un velo di mistero su una città che si potrà studiare e analizzare per anni e anni, ma che non potrà mai essere raccontata davvero, fino in fondo, da nessuno.
“Napule è” viene spesso descritta da molti come una poesia che rievoca il sentimento di amore e odio che Pino Daniele provava per la sua terra. Ma ne siamo certi?
Ad un’analisi più attenta, parlare di un’avversione dell’autore nei confronti della città non sembra proprio esatto. Perché il vero amore è sincerità, anche cruda e amara sincerità, se necessaria per il bene dell’amato. Proprio per questo l’estrema franchezza con cui il cantautore partenopeo dipinse Napoli agli occhi del mondo, senza nasconderne le intrinseche e profonde contraddizioni, non può che essere visto come il più grande gesto d’amore che si possa fare nei confronti di una città madre e matrigna, per molti aspetti forse insopportabile, ma che non si può non amare e voler migliorare.
“Napule è” – E poi
Anni dopo l’uscita di Napule è, a proposito della sua città, Pino Daniele si esprimerà con meno poesia e più amarezza:
“Mi sento frustrato a vedere che è ancora così, che non è cambiato niente. Sono solo un musicista, un cantante, non ho soluzioni in tasca, ma non riesco a tacere di fronte a tanto scempio: i cumuli di rifiuti che soffocano una terra bellissima; giornali e Tg di tutto il mondo che ci riempiono di ulteriore monnezza, meritata e immeritata; il balletto di responsabilità di chi governa; l’opposizione che specula soffiando sul fuoco; il malaffare che ne approfitta; il Nord che offende il Sud “cornuto e mazziato”. In un altro pezzo (Il mare, 1979, n.d.r.) cantavo: E il mare il mare, il mare sta sempre llà, tutto spuorco, chino ‘e munnezza e nisciuno ‘o vo’ guarda’. Quella ambientalista è forse l’unica causa che ho sposato fino in fondo”.
Leggi anche: Charlie Chaplin da record: quando ebbe la standing ovation più lunga della storia (video)
Napule è è stata una delle poche canzoni che non è mai mancata in ogni esibizione live di Pino Daniele. Numerose sono state le cover, tra cui ricoridamo quelle di Mina, Gino Paoli, di Luciano Pavarotti, Laura Pausini e quella di Fiorella Mannoia, Francesco De Gregori e Ron con lo stesso Pino Daniele (2002).
Il regista Paolo Sorrentino ha scelto Napule è come colonna sonora della scena finale del film È stata la mano di Dio.
Testo
Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce de’ criature
saglie chianu chianu
e tu sai ca nun si sulo
Napule è nu sole amaro
Napule è addore ‘e mare
Napule è ‘na carta sporca
e nisciuno se ne importa
e ognuno aspetta a’ sciorta
Napule è ‘na cammenata
inte viche miezo all’ate
Napule è tutto ‘nu suonno
e ‘a sape tutto o’ munno
ma nun sanno a verità.
Napule è mille culure
(Napule è mille paure)
Napule è ‘nu sole amaro
(Napule è addore e’ mare)
Napule è ‘na carta sporca
(e nisciuno se ne importa)
Napule è ‘na camminata
(inte viche miezo all’ato)
Napule è tutto nu suonno
(e a’ sape tutti o’ munno).