L’intervista. Massimo Cotto e il rock al tempo dei panini McDonald’s in offerta a 3 euro
Un giorno mio figlio torna a casa da scuola con gli occhi sgranati e mi dice: “Papà, i miei compagni mi hanno detto che fra qualche giorno intervisterai Favij”.
Io e mia moglie ci guardiamo in faccia…
Poi gli dico: “Sai, Francesco, papà ha intervistato gente come Elton John, Joe Cocker, Eric Clapton, Robert Plant…”.
“Sì, ma lui è Favij”.
La mia intervista a Massimo Cotto, in merito al suo nuovo libro “Il rock di padre in figli*” (Gallucci, 2023) potrebbe già chiudersi qui. Magari una domandina sulla necessità irrinunciabile di sbattere un asterisco in prima pagina (ma di questo parliamo dopo), ma è come se avessimo già detto tutto. E però, in un momento storico in cui, per taluni, la massima trasgressione in ambito musicale è quella di far finta di distruggere il palco di Sanremo, è significativo raccontare quanto accaduto proprio nel giorno concordato per una breve chiacchierata al telefono. Chiamata finita, faccio per riprendere l’auto e tornare verso casa. La mia macchina, però, insieme a centinaia di altre, resta bloccata nel traffico a ridosso dell’uscita della città. Un incidente? Sì, ma non solo. Anzi, l’incidente è poca cosa. La vera ragione di tutto questo è l’offerta promo del McDonald’s, con code praticamente ovunque per un panino a 3 euro. Subisco la cosa con un po’ di fastidio. Poi, qualche ora dopo, una riflessione di Alberto Scotti in pasto ai social network – proprio nel luogo scelto dall’ufficio marketing della McDonald’s per far digerire l’intera operazione – mi fa riflettere.
“Nessun adolescente”, leggo, “va a farsi 4 ore di fila per risparmiare un euro su un, si fa per dire, panino. I ragazzi ci vanno perché vogliono essere parte di un evento collettivo. Ed è sempre stato così. Negli anni passati i grandi eventi giovanili potevano essere i concerti di Frank Zappa, dei Rolling Stones, le manifestazioni di piazza. Poi i rave, al limite. Oggi il grande evento consiste nel mangiare tutti insieme un panino (…)”.
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L’urgenza di questo libro, già alla seconda ristampa, è tutta qui. E, lungi dal farne melassa nostalgica, attraverso le pagine, Massimo Cotto restituisce la forza di tante storie che hanno fatto del rock leggenda. “Nella vita, le parole sono cattedrali che possono diventare musica anche senza strumenti e le storie sono religioni. Non c’è niente di più bello ed esaltante di una storia da raccontare”, scrive il giornalista nell’introduzione. Il libro è una lunga lettera rivolta al figlio Francesco. Una riflessione sul ruolo della musica, in particolare del rock, nella vita delle persone. Cotto racconta aneddoti personali, episodi buffi durante spettacoli, e sottolinea l’importanza delle storie e della musica come fonti di magia e cambiamento nella vita di ognuno. In una sorta di “Father and Son” a una voce sola (si canta solo nell’ottava bassa, in quanto il figlio non risponde mai), Cotto condivide con il figlio il significato del rock, connettendo la musica agli eventi storici e sociali degli ultimi settant’anni, con l’obiettivo di trasmettere una comprensione più profonda della cultura musicale e della vita in generale.
Massimo Cotto, a tal fine, ha costruito un monologo appassionato che racconta le storie di grandi artisti simbolo di questo stile a cui affianca il ricordo di episodi vissuti in prima persona: da Elvis Presley a Jim Morrison, da Patti Smith a Bruce Springsteen, dai Metallica ai Rolling Stones, dai Pink Floyd a Bob Dylan, dai Cure ai Queen, passando anche per molti altri grandi nomi della musica internazionale che hanno fatto la storia del rock. “Il rock di padre in figli*” è un libro per tutte le età: per gli adolescenti, interessati a capire un fenomeno musicale che ha attraversato i decenni e cambiato, a volte, il corso della storia, e per gli adulti, per cui il rock non rappresenta solo un genere musicale, ma uno stile di vita.
Massimo, nel suo libro, parla dell’importanza delle storie e della trasmissione di magia attraverso le parole. Puoi spiegare come il rock, in particolare, sia riuscito a incarnare questa idea?
Il rock è più di un genere musicale; è un linguaggio che va oltre le note e le melodie. È un mezzo attraverso il quale le persone raccontano storie di vita, di lotta, di amore e di ribellione. Le canzoni rock sono cattedrali di emozioni, trasmettono magia perché catturano l’essenza di esperienze umane universali. Quindi, il rock diventa il veicolo perfetto per condividere storie e trasmettere quella magia che rende le parole così potenti.
Il rock ha attraversato decadi, così come i suoi eroi. Celebri passaggi come “I hope I die before I get old”, oppure “I’d rather be dead than sing satisfaction when I’m 45” fanno ormai sorridere, pur senza – paradossalmente – mai perdere di autenticità. Ma come può tutto questo arrivare ai giovani di oggi?
Il rock è un continuo dialogo tra generazioni. Nonostante sia nato come espressione della gioventù ribelle, il primo prodotto di una sottocultura giovanile, nel corso degli anni ha acquisito profondità e ha mantenuto il suo impatto attraverso le generazioni. I veterani nel mondo del rock portano con sé la storia del genere, la sua evoluzione e il contesto sociale che lo ha plasmato. La saggezza nel rock è nel comprendere il passato per influenzare il presente e il futuro. Le band e gli artisti rock spesso riflettono il loro tempo, catturando l’essenza delle esperienze umane in un determinato contesto storico. Ascoltare il rock può quindi aiutare le persone a connettersi con il loro tempo, a capire le sfide e le opportunità che affrontano, e a trovare un senso di appartenenza nella narrazione collettiva della società.
Ha menzionato l’influenza della musica nella tua vita e come Bruce Springsteen abbia detto più volte di essere in grado di “cambiartela” in pochi minuti (i famosi “three minute records” di No Surrender). Come crede che il rock abbia potuto influenzare non solo le persone individualmente, ma anche la società nel suo insieme?
Il rock ha sempre avuto il potere di trasformare le persone e, di conseguenza, la società. Le canzoni rock spesso affrontano temi sociali, politici ed emotivi in modo diretto. Hanno il potere di ispirare cambiamenti, di unire le persone attraverso esperienze condivise e di sfidare lo status quo. Il rock è stato una colonna sonora per movimenti di protesta, rivoluzioni culturali e cambiamenti sociali, dimostrando la sua capacità di plasmare la società. A 16 anni ero una promessa nel basket, ma mi è capitato, per caso, di ascoltare un disc jockey (allora si chiamavano così) che spiegava alla radio il testo di Thunder Road e da allora non ho più smesso di occuparmi di musica. In quel brano, c’era tutto quello che nemmeno sapevo esistesse, eppure era vivo, da qualche parte dentro di me.
There were ghosts in the eyes of all the boys you sent away
They haunt this dusty beach road
In the skeleton frames of burned out Chevrolets (da Thunder Road)
Nel libro, ha condiviso aneddoti personali sulla tua famiglia e la tua relazione con il rock. Come suggerirebbe ai genitori di oggi di avvicinarsi al mondo della musica con i loro figli?
La chiave è la condivisione e l’apertura. I genitori dovrebbero essere pronti a condividere la loro passione per la musica con i loro figli, esponendoli a una vasta gamma di generi e artisti. Tuttavia, è altrettanto importante lasciare spazio per l’autonomia e la scoperta individuale. Lasciar crescere l’amore per la musica in modo naturale, senza essere “ingombranti” o “condizionanti”, come ho sottolineato nel mio libro. La musica è un viaggio personale, e i genitori possono essere guide affettuose in questo percorso senza soffocare la libertà di scelta dei loro figli.
Ultima cosa, non me ne voglia, ma era proprio necessario sbattere un asterisco in copertina?
È un compromesso che ho dovuto fare con l’editore che, d’altro canto, mi ha permesso di portare avanti questo libro in piena libertà. Ne ho potuto decidere struttura, contenuti, anche la foto in copertina, perché ho dovuto un po’ faticare per far mettere Chester Bennington. Sul titolo ho dovuto cedere. Era un modo come un altro per dire che le storie che racconto vanno bene non solo per mio figlio ma per tutti i figli e le figlie. E a quel punto, se si vuole essere inclusivi a tutti i costi…