Per Paolo Gambi un mondo migliore è possibile: la parola salva e crea, la bellezza e l’arte ci salveranno
“Come tutti sono recluso. Ma nella mancanza di libertà si scopre il suo vero valore”. E’ così che si presenta ai nostri microfoni Paolo Gambi, scrittore mental coach, studioso di religione e spiritualità, fondatore dell’associazione “Agape Coaching”.
“Nella vita ho fatto tante cose: il giornalista, il mental coach, il docente universitario. Ma ho mollato tutto e mi dedico solo alla poesia e all’arte. Mischio parole a immagini, suoni e sguardi. Inseguo la Bellezza perché credo che stia già salvando il mondo, ma ciascuno deve fare la propria parte.
E’ da poco uscita la tua nuova raccolta di poesie dal titolo “L’enigma del paguro, La memoria della magnolia, L’approdo del salmone”. Quale significato si cela dietro a questo titolo? Immagino che tu non abbia scelto a caso queste figure…
In realtà sono loro che hanno scelto me. Il paguro è il simbolo dell’inferno liquido in cui viviamo. Un momento storico in cui tutto è messo in discussione, tutto scorre, non c’è niente a cui appigliarsi. Per cui come paguri dobbiamo rifugiarci in una conchiglia morta – ideologia, gruppo o identità – che ci dia l’illusione della salvezza. Per salvarci dal mare liquido ci serve però del legno, dei relitti a cui aggrapparci. Che se prendono vita diventano alberi. E gli alberi conservano la memoria. Che ci porta in purgatorio, dove nasce la speranza. Ma per arrivare al paradiso solido bisogna nuotare controcorrente verso la fonte. Proprio come fanno i salmoni. Insomma, questo libro è un percorso di crescita personale dentro noi stessi.
Parlando dei testi contenuti al suo interno, come avviene la loro composizione? Ti lasci guidare dall’ispirazione o prendi spunto da ciò che ti circonda?
È la poesia che ti sceglie, non il contrario. Puoi scegliere di scrivere un romanzo o un saggio. Ma nel caso della poesia è lei che ti costringe a scrivere.
Hai dichiarato che “mettere poesie sulla carta equivale a ucciderle”. Dove credi, allora, che si nasconda la loro eredità culturale, il loro testamento su carta?
… non sulla carta. Prima che Omero mettesse per iscritto l’Iliade e l’Odissea quelle storie avevano già una vita propria, tra le labbra di chi le raccontava e le orecchie di chi le ascoltava. Così ogni poesia ha una vita propria, che pulsa insieme al cuore di chi se la ritrova dentro. Quando la mette per iscritto smette di pulsare e si cristallizza. Ecco perché la poesia sulla carta muore.
Cosa rappresenta per te la scrittura? Quale valore hanno le parole in un mondo sempre più frenetico e, per molteplici aspetti, superficiale?
La parola salva. E crea. Con le parole possiamo ricreare il mondo, cambiarlo, renderlo migliore, fargli conoscere la Bellezza. È arte. E l’arte traduce in un linguaggio comprensibile il mistero.
Lascio a te le ultime parole per salutare i nostri lettori…
Citando Walt Whitman: “il grande spettacolo continua. E tu puoi contribuire con un verso”. Chiunque voglia condividere il proprio verso mi cerchi su instagram. In tempo di quarantena faccio dirette quotidiane lasciando spazio a chi vuole condividere con il mondo i propri versi.