Dario Argento: il (fu) Maestro del brivido
Dario Argento, il grande Maestro del brivido del cinema italiano, nasceva il 7 settembre 1941 a Roma.
Appassionato di cinema, mondo in cui è cresciuto – suo padre è il produttore Salvatore Argento, sua madre è una fotografa brasiliana -, è prima critico e poi sceneggiatore: il più notevole contributo rimane la partecipazione alla scrittura di C’era una volta il West di Sergio Leone con un altro futuro grande nome del cinema italiano, Bernardo Bertolucci nel 1968.
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Gli esordi
I primi due thriller horror di Dario Argento, L’uccello dalle piume di cristallo (1970, film inizialmente previsto per Terence Young) e Il gatto a nove code (1971), si presentano come esercizi antoniono-hitchcockiani in cui il giovane regista italiano si diverte a ingannare i sensi degli spettatori.
A fianco ai grandi capolavori, Argento presenta anche onesti polizieschi di serie B, stilizzati e disseminati di riferimenti cinefili e dettagli sadici, con le incredibili musiche di Ennio Morricone. Idem per 4 mosche di velluto grigio (1971), film più personale che chiude questa prima trilogia criminale e manierista.
Al contrario, i film seguenti sono le sue opere principali. Profondo Rosso (1975), Suspiria (1977) e Inferno (1979) si rivelano vere e proprie visioni selvagge e allucinate di un cineasta sotto varie influenze: droga, occultismo, rock progressivo, magia nera…
La trilogia del successo
Profondo rosso è un’indagine poliziesca scandita da sanguinosi omicidi con una messa in scena barocca nella grande tradizione del «Giallo» italiano, ma che rivisita anche Blow Up prendendo in prestito David Hemmings dal capolavoro di Antonioni e anche i suoi giochi sulle trappole dell’immagine, una volta eliminate le loro considerazioni metafisiche.
In Suspiria, una giovane ballerina americana (Jessica Harper) arriva in una scuola di danza a Friburgo in Germania e scopre che la terrificante dimora ospita un covo di streghe. Dario Argento, tra due citazioni di Val Lewton e Fritz Lang, realizza la sua versione “allucinata” di Biancaneve e i sette nani (motivi decorativi identici in entrambi i film), un racconto sanguinoso di luci surreali e scene di violenza parossistica, vicini al grande burattino e alla trance voodoo.
Suspiria rimane una delle esperienze cinematografiche più simili a un incubo, a causa della rottura volontaria del regista con la logica narrativa e l’aggressività inaudita delle sue immagini, al punto da sembrare più un’opera rock psichedelica che un film horror tradizionale. In Argento, regista della superficie, la profondità (psicologica o visiva) non esiste. Questa ossessione decorativa dà origine a sorprendenti reperti di regia e influenza la direzione degli attori, figurine espressioniste il cui gioco ritrova l’intensità isterica dei dive del cinema muto italiano. La sceneggiatura si regge sul filo di un enigma, la cui chiave è ovviamente nascosta tra gli elementi del decoro, labirinto sovraccarico di motivi consegnati all’interpretazione della fragile eroina.
A questo classico moderno della paura succede Inferno, che prolunga i deliri alchimisti di Argento. L’ultimo capitolo della trilogia delle Tre Madri – tre terribili arpie che sorvegliano le porte dell’inferno a Friburgo, Roma e New York – fu per molto tempo respinto dal regista (in parte per superstizione) prima che si decidesse a firmare nel 2007 La Terza madre, probabilmente il suo film più ridicolo, che è meglio dimenticare.
In Inferno, il seguito di Suspiria, una giovane donna rivela a suo fratello l’esistenza di palazzi a Roma, Friburgo e New York, costruiti dallo stesso architetto e che ospitano le Tre Madri, streghe custodi delle Porte dell’Inferno.
Inferno è una vera opera psichedelica sul tema dell’alchimia, senza dubbio il capolavoro più folle di Argento, visivamente sontuoso e obbediente alla logica degli incubi.
I migliori film di Argento fanno un uso spettacolare del colore: in Inferno le variazioni di rosa e arancio sono ispirate alla pittura preraffaellita e costituiscono straordinarie creazioni cromatiche del direttore della fotografia Romano Albani, al contrario dei colori aggressivi di Suspiria, la cui fotografia era curata da Luciano Tovoli.
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In Tenebre (1982) uno scrittore americano di romanzi polizieschi di successo, durante un soggiorno a Roma, è coinvolto in una serie di omicidi sanguinosi commessi da un lettore fanatico. L’iperrealismo di Tenebre e la luce ispirata alle serie televisive americane degli anni ’80 non fanno che accentuare la crudeltà, la freddezza e la violenza del film, in cui tutti i personaggi sono antipatici e muoiono con colpi di coltello o di ascia.
La svolta
Phenomena (1984) è stato sottovalutato dai fan di Argento alla sua uscita, soprattutto a causa degli eccessi «heavy metal» della colonna sonora. Nel film, in un college svizzero, una ragazza in grado di comunicare con gli insetti trova la traccia di un assassino sadico. Questa insolita idea di partenza, sebbene basata su una realtà scientifica, dà origine a immagini stupefacenti e poetiche.
Phenomena segna una svolta nella carriera del regista italiano, che attinge come al solito al cinema espressionista e alle produzioni di Val Lewton (un’intera scena è modellata sull’introduzione di La Maledizione degli uomini gatti) ma abbandona gli eccessi barocchi e sanguinosi di Inferno o Tenebre e dirige il suo film dalla parte di Lewis Carroll e della fiaba, nonostante scene di omicidi violenti come al solito.
La sua fragile eroina, che possiede la bellezza lunare di una Jennifer Connelly adolescente (era stata notata da Argento nel film del suo amico Sergio Leone C’era una volta in America) attraversa un mondo di terrore, popolato da esseri umani mostruosi e animali benevoli. Argento compone con gli elementi naturali (acqua, vento, notte, foresta) un affascinante gioco di pista onirica, attraversato da trappole, enigmi visivi e momenti magici.
La riconquista del pubblico
Nel 2001, dopo un disastro commerciale (La sindrome di Stendhal, il suo capolavoro sconosciuto) e un disastro artistico (Il fantasma dell’Opera), Argento torna al suoi primo amore, il Giallo.
Non ho Sonno gli offre l’opportunità di riconquistare la benevolenza dei fan della prima ora. Annunciato come un remake di Profondo rosso perché girato anche a Torino, con lo stesso secondo ruolo (Gabriele Lavia) e segnando la riformazione dei Goblin le cui musiche ossessionanti hanno largamente contribuito alla fama del piccolo maestro.
Non ho sonno assomiglia più ad una compilazione laboriosa degli effetti di stile e sceneggiatura utilizzati in tutti i precedenti successi di Argento. Così, il suo famoso feticismo morboso si trasforma qui in una successione di primi piani di oggetti eterogenei (dalla penna al boccale di birra) di cui si sa che annunceranno nei trenta secondi un colpo di scena.
L’inizio del declino
Quest’ultimo film presenta una narrazione meccanica e prevedibile, che non riesce più a mascherare l’inettitudine della sceneggiatura, la vecchia grande debolezza di Argento. I primi venti minuti virtuosi riassumono l’impasse in cui si trova Argento, ridotto ad una caricatura di se stesso.
Il lungo e irreversibile declino artistico di Argento prosegue con Il Cartaio e il film tv Ti piace Hitchcock?, o ancora La Terza Madre e Giallo che assomigliano a telefilm poco coerenti e quasi noiosi per gli amanti del genere che nei primi anni duemila ne comprano i dvd.
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Con gran sorpresa di pubblico e critica, nel 2012 il film Dracula 3D viene proiettato in selezione ufficiale, fuori concorso a Cannes. E Dario Argento diventa agli occhi del cinema internazionale l’esemplare vittima della crisi del cinema italiano e della sua ispirazione.
Non che stupisse molto: con i suoi migliori film come con i suoi peggiori è stato snobbato dai grandi festival di tutto il mondo perché non era mai stato tra i registi rispettabili e seri quando era al top della sua carriera , conservando uno status da rock star.
Un’ennesima versione molto piatta – nonostante il 3D – di Dracula, con attori, dialoghi e decori in cartapesta e una sola idea originale nella sceneggiatura: Dracula si trasforma spesso in un animale (gufo, lupo, mosca, e persino in una mantella religiosa gigante – LA scena del film).
Film che rimanda alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70, quando film di vampiri di serie B (o forse almeno C) avevano grande successo in Italia e in Spagna. Dario Argento, paragonato ad Antonioni al suo debutto, ha realizzato con Dracula 3D un’ film anacronistico con starlette dai seni ben in mostra, lunghe scene prive di azione e macchinazioni quasi scadenti.
Occhiali neri
Nel 2022 l’ultima opera di Dario Argento: Occhiali neri con protagonista Ilenia Pastorelli nei panni di Diana, una prostituta perseguitata da n serial killer. Un inseguimento finito male causerà la cecità di Diana e la morte di una famiglia cinese capitata lì per caso, di cui resterà unico superstite Chin (bando al gioco di parole), un bambino di dieci anni che diventerà coprotagonista. Un film privo di componente investigativa tipica del genere giallo e privo di colpi di scena: i fan sono rimasti delusi dal lietofine e dalla superficialità con cui (non) vengono trattati temi che avrebbero offerto ottimi spunti, anche di thrilling.
Il film ha incassato poco meno di 170 mila euro, circa 10 volte meno di quanto è costato.