L’intervista a Giampiero Rappa: il mio “Matrioska”, tra tragedia classica e rivoluzione teatrale
Ancora in scena a Spazio Diamante (via Prenestina 230/B) da venerdì 24 a domenica 26 marzo con il notevole “Matrioska” della compagnia Lo Stormo, Giampiero Rappa è senza alcun dubbio uno dei registi più fantasiosi e dotati del nostro Paese. Uomo di teatro poliedrico, in grado di spaziare dalla regia alla recitazione, dalla drammaturgia alla formazione, il genovese, insieme al suo giovane cast, ha firmato uno spettacolo moderno, corale e naturalmente originale che, ne siamo certi, non vi lascerà indifferenti. Lo abbiamo raggiunto al telefono per una interessante chiacchierata al riguardo.
Dodici attori in scena: quant’è difficile di questi tempi far lavorare una “truppa” così numerosa a teatro, come se ne sostengono i costi?
Sono molto felice che si parli di queste cose ogni tanto, perché sembra sempre che siano argomenti off limits quando si tratta di teatro! Noi abbiamo la fortuna di avere alle spalle una produzione che crede in noi, la Viola Produzioni di Alessandro Longobardi. È facile intuire il peso di un simile onere economico, che potrebbe facilmente scoraggiare chi investe. Per fortuna, Longobardi crede molto nella compagnia Lo Stormo e nello Spazio Diamante, altrimenti spettacoli come il nostro sarebbero senza alcun dubbio non allestibili.
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Come avete lavorato con gli attori de Lo Stormo (tutti e dodici accreditati come autori della drammaturgia) per sviluppare la sua idea di partenza per “Matrioska”? A parte le ovvie tangenze di quello che raccontate con molti fatti di cronaca che ci capita di leggere, ci sono stati episodi in particolare a ispirarvi?
Tutto è nato da un’improvvisazione durante una lezione alla Stap Brancaccio (Rappa svolge il ruolo di formatore presso la Stap Brancaccio, direttore artistico Lorenzo Gioielli, e presso la Scuola Fondamenta, direttore artistico, Giancarlo Sammartano, ndr): alcuni dei ragazzi che ora partecipano allo spettacolo si sono disposti in un certo modo nello spazio e, da lì, mi è venuta l’idea di simulare l’ambiente del night club che si vede all’inizio della storia. Da questo prima “situazione”, man mano se ne sono sviluppate delle altre che sono andate a comporre una sorta di puzzle di esercizi scenici che, piano piano, a loro volta si sono trasformati nella prima stesura di “Matrioska”. Durante la pandemia, poi, abbiamo lavorato molto sul testo da remoto, sviluppando e limando vari aspetti fino a quando siamo arrivati al debutto, sempre a Spazio Diamante, nel 2021. Ovviamente nel corso del tempo ci sono stati diversi cambiamenti, abbiamo rimesso le mani su diverse cose, soprattutto per quel che concerne l’interpretazione. E ancora oggi, col susseguirsi delle repliche, ogni tanto intervengono alcune modifiche. Potremmo quasi dire che lo spettacolo sia una sorta di working progress perenne, per certi versi.
Nonostante sia una drammaturgia moderna, quella di “Matrioska”, tra vittime sacrificali, scontri tra padri e figlie e contrasti generazionali, fa pensare alle tragedie classiche. È così? E, in caso affermativo, come si collegano presente e passato in un testo teatrale, secondo la tua esperienza?
Sì, il collegamento con le tragedie classiche è assolutamente voluto, basti pensare alle continue, insistite consonanze con certi archetipi della tragedia classica, che ci hanno aiutato a conferire una certa profondità ai personaggi e che hanno svolto la loro funzione anche per sviluppare una certa “plasticità” interpretativa. Io sono convinto che sia sempre necessario partire da strutture consolidate e dalle simbologie classiche quando si vuol scrivere un testo teatrale, perché prendere le mosse da una cosa che funziona, da una base solida, aiuta tantissimo anche quando poi nella stesura definitiva e nello spettacolo provi in qualche modo a nasconderle.
Nonostante i pochi elementi in scena (tutti saggiamente utilizzati e valorizzati, a mio modo di vedere), il vostro lavoro “decolla” soprattutto grazie a certe particolari scansioni dello spazio scenico che siete riusciti ad ottenere e ad un uso quasi cinematografico delle luci. Qual è il linguaggio spettacolare che si proponeva di utilizzare all’inizio dello spettacolo e qual è quello che alla fine ha, avete effettivamente sviluppato?
Di solito, mi capita di scoprire le cose con gli attori con i quali sto lavorando, mi piace farmi guidare da loro, concedergli libertà assoluta e vedere quello che succede. A testimonianza di ciò, come dicevo prima, questo spettacolo è nato da un’improvvisazione nel corso di una lezione. Mi prefiggo sempre di prestare la attenzione a creare un ritmo di scrittura e di regia in grado di condurre gli attori al punto massimo di tensione nello spettacolo il più possibile vicino al finale della storia.
L’ormai considerevole esperienza di docente, quanto ha cambiato la sua concezione del teatro rispetto alle sue prime esperienze da attore e regista?
Formare aiuta a comprendere i problemi che può avere un attore in fase di creazione e a individuare con pazienza tutte le possibili soluzioni per farlo esprimere al meglio. Ritengo sia fondamentale creare un rapporto di fiducia tra regista e l’attore e quindi con tutto il gruppo di lavoro. Cercare di formare una squadra che ha come obiettivo primario mettere al primo posto la storia che si sta raccontando.
Tornando a “Matrioska”: se dovesse spiegare in poche parole in poche parole il messaggio, direbbe che…
…Noi esseri umani abbiamo dei “copioni familiari”: possiamo continuare a reiterarli all’infinito o provare a rompere certi schemi e proporre qualcosa di nuovo, di migliore. A volte, per salvarsi, c’è bisogno anche di saper fuggire, fisicamente e metaforicamente (come avviene ad uno dei personaggi durante lo spettacolo, tra l’altro). Una volta individuata la via di uscita ci si deve credere e lottare fortemente. rinunciando in molti casi a ciò che in apparenza ci sembra più comodo.
Ci può rivelare quali sono i suoi progetti (in qualsiasi veste) per l’immediato futuro?
L’uomo dei sogni, un mio nuovo testo che porterò in scena nella stagione 2024. Invece con Lo Stormo stiamo scrivendo un nuovo spettacolo che parlerà di politica, passione, ideali, leadership e amicizia. Il titolo provvisorio è: Noi siamo il popolo. Una scommessa ancora più difficile rispetto a Matrioska, ma allo Stormo piace cosi; volare alto e uniti.