Moonfall: troppo brutto per essere vero. La recensione
La vita ti mette di fronte a poche certezze, ma una di queste è che sai sempre cosa aspettarti da Roland Emmerich. Paladino del disaster movie, fiero alfiere della distruzione terrestre e dell’apocalisse planetaria, dei fuochi d’artificio sul grande schermo ne ha fatto il proprio marchio di fabbrica. Un trademark prevedibile e riconoscibile, scontato e ricercato in egual misura. Nel suo modo di essere è una certezza. Moonfall è l’ultima fatica alla regia del nostro, ed è suo al 100%: esplosioni, catastrofi, inondazioni, fuoco e fiamme, ecatombe umana, viaggi extraterrestri e sciagure di vario tipo.
“Il mondo si trova a un passo dell’annientamento quando una forza misteriosa sposta la luna dalla sua orbita, mandandola in rotta di collisione con la Terra. Tre improbabili eroi si uniscono in una pericolosa missione per salvare l’umanità”.
Bastano queste tre righe di sinossi reperibili su Google per descrivere come si svolgerà il film. Avviene tutto in maniera frettolosa, repentina, col piede schiacciato sull’acceleratore, che non si fa neanche in tempo a porsi il dubbio su cosa stia accadendo. O, almeno, a tentare di capirlo. Emmerich te lo serve sul piatto d’argento, non servono analisi, deduzioni e contro deduzioni. Non serve neanche lo sforzo di volontà, da parte dei più ambiziosi, di trovare un senso ai fatti narrati. Perché, e qui si va giù di citazione, un senso non ce l’ha.
I centotrenta minuti del film vanno avanti con un ritmo forsennato, senza che lo spettatore abbia a disposizione un secondo per tirare il fiato. Questo può essere un pregio e, per il genere proposto, indubbiamente lo è. Lo spettacolo, in termini di adrenalina ed effetti speciali, è così garantito. Ma i caratteri e le storie dei protagonisti vengono delineati e narrati con eccessiva superficialità. Impossibile riconoscersi nelle loro umane debolezze o esaltarsi di fronte al loro coraggio: non c’è tempo, occorre andare alla scena successiva e poi a quella dopo ancora. Halle Berry, Patrick Wilson e John Bradley sono il trio che dovrà salvare il mondo, e lo si capisce dal primo fotogramma con i primi due presenti.
Banale e prevedibile, con una sceneggiatura elementare e dialoghi che sembrano scritti per una soap opera venezuelana.
Sarà anche un film di Emmerich, dove l’ars oratoria non è di certo l’x-factor capace di determinarne il successo, ma è pur sempre Hollywood ed è pur sempre fantascienza. Resta un mistero (che comunque non ci toglierà il sonno) comprendere come si stato possibile tralasciare l’aspetto più succulento della narrazione: quelle spiegazioni tecnico-scientifiche su cui poggia la riscossa della civiltà umana e l’essenza della fantascienza stessa.
Ok, non è uno di quei film cervellotici alla Nolan, ne siamo coscienti. Ma se non è questo e non quello, allora cosa cacchio è? (Qualcuno ha riconosciuto la citazione?) Probabilmente un b-movie con un grande budget a disposizione. Troviamo il recupero di uno Space Shuttle attempato capace di decollare in mezzo a onde alte come grattacieli, forme d’intelligenza artificiale che si contrastano a vicenda, cospirazionisti esaltati e la solita melina del pazzo (o presunto tale) che prova ad allertare la comunità scientifica che, però, gli ride in faccia.
E’ talmente tutto stereotipato e colmo di cliché che si resta basiti. Perfino uno spoiler non avrebbe senso.
Sappiamo chi è Roland Emmerich, da dove viene e cosa vuole. Conosciamo i suoi “Indipendence day“, “The Day after tomorrow” e “Godzilla” (vincitore, fra le altre cose, del Golden Raspberry Awards come peggior remake/sequel) e quindi non restiamo sorpresi dinanzi alle sue intenzioni e soluzioni stilistiche. In Moonfall non c’è il carisma di Will Smith e Jeff Goldblum, non ci sono le frasi a effetto (qualcuno le chiama americanate) che ti fanno saltare sulle sedia, non c’è l’utilizzo della denuncia politico-ambientale che ha fatto la fortuna di “The day after tomorrow”, e non c’è neanche la morale spicciola tipica dei disaster movie.
La maggior parte dei fotogrammi del film richiama alle due pellicole sopra citate, ma pur non essendo dei capolavori della Settima Arte, entrambi hanno avuto un buon riscontro di pubblico e critica e, soprattutto, avevano una loro personalità. In Moonfall, invece, ci sono talmente tante cose da dire, e tutte negative, che si fatica persino a riordinare le idee per dare un senso alla recensione per cui, invece, un voto prossimo allo zero sarebbe una degna sostituzione di qualsiasi forma di scrittura.
Si tratta un film mal riuscito, senza identità o spunti interessanti. Derivativo, scontato, prevedibile e insipido. E’ un film la cui visione contribuisce all’aumento delle bollette dell’elettricità e allo sperpero del poco tempo libero che si ha a disposizione dopo una giornata di lavoro. Non occorre scomodare Kant e la critica della ragion pura per dire che Moonfall, più semplicemente, è un film pensato male e sceneggiato peggio. Insomma, un film brutto.