Parole & Suoni, gli Oasis senza la rabbia di John Osborne
Quando Noel Gallagher scrisse “Don’t look back in anger” era sotto effetto di droghe. E fu lui stesso ad ammetterlo. In pieno stile Oasis.
I fratelli di Manchester, infatti, non hanno mai nascosto i propri vizi. Il loro stile di vita è diventato famoso in tutto il mondo. Nonché anche scopiazzato a più riprese. Ma quello che caratterizza i Gallagher è il non aver mai espresso rimorsi o rimpianti per quello che hanno combinato in 30 anni sulla scena.
Sesso, droga e rock’n’roll direbbe qualcuno. Ma ormai è più semplice riassumere tutto in Oasis. Il loro nome è esplicativo del loro essere, del loro modus vivendi, del loro stile. Provenienti da una famiglia di immigrati irlandesi, cresciuti nelle difficili strade di Manchester, Liam e Noel negli anni ’90 conquistarono la folla e le copertine dei magazine di tutto il mondo. Non solo per le camere degli alberghi demolite, per le risse o per le nottate brave. Ma soprattutto per la loro musica.
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Innovatori, unici, precursori. Gli Oasis continuano ancora oggi a fare scuola. E chi, come “Melody Marker”, scrisse “Don’t look back in anger dimostra che gli Oasis sono destinati a non lasciare alcun segno rilevante sulla nostra cultura musicale” prese un granchio.
La quarta traccia del loro secondo album, “(What’s the Story) Morning Glory?”, racchiuse l’essenza del solo messaggio proposto dalla band. Noel, scrivendo e cantando questo testo, sembrò volersi liberare della paccottiglia divistica legata all’essere una rockstar. Decise così di riportare la musica alla sua più vera dimensione artistica.
E lo fece partendo da una commedia scritta nel 1956 da John Osborne. Quella “Look back in anger”, che produsse l’espressione “giovani arrabbiati”. Il che richiama molto l’essere dei fratelli Gallagher. Arrabbiati con il mondo. Affrontando tutto a muso duro.
Ma la seconda voce del gruppo mancuniano decise di metterci quel “dont” davanti per sottolineare che non bisogna guardare al passato con rabbia. Non avere rimpianti. Ma andare avanti e continuare a camminare. Come fa Sally, sorella di Lyla, che però è una donna che non esiste. Semplicemente quel nome ci stava bene.
Questo invito a non guardare indietro con livore è in contrapposizione con quanto si prova durante la commedia di Osborne. Qui il protagonista, Jimmy, è in continua lotta con il mondo. Con la sua compagna Alison, con il suo amico Cliff. Lei accusata di essere borghese e pusillanime, lui di essere ignorante e comune. La sua vita passata nella working class lo ha segnato. La morte precoce del padre che sul letto di morte riversò su di lui le sue frustrazioni, lo fecero crescere altrettanto frustrato. Arrabbiato con il mondo. Quasi che l’unico modo per avere sollievo fosse insultare le persone a cui voleva bene.
Il testo di Don’t look back in anger” invece invita a guardare solo avanti. E soprattutto senza rabbia. Ispirandosi ai “bed-in” pacifisti di Lennon e Yoko Ono dopo lo scioglimento dei Beatles. “So I must start revolution from my bed, ‘cause you said the brains I had went to my head”. Un riferimento, neanche troppo velato, alla presunta follia del cantante di Liverpool.
Ma John Lennon come sempre è il faro per gli Oasis. Anzi in questo caso Noel sottolineò come “Don’t look back in anger non è semplicemente ispirata a John Lennon: è ispirata da Lennon, è come se l’avesse scritta lui, e se il vecchio John fosse ancora vivo non avrei problemi a versargli la sua parte di royalties”.
Nel 1996 i ragazzi arrabbiati di Manchester conquistano tutte le prime pagine. Da un lato gli screzi tra i fratelli Gallagher che porterà Liam anche ad abbandonare il tour americano lasciando Noel come frontman. Al suo ritorno sarà il turno del fratello maggiore di lasciare la band. Ma dall’altro lato il loro secondo album li porterà a conquistare le prime posizioni delle charts inglesi e delle classifiche mondiali. Fu la loro consacrazione. Grazie anche e soprattutto a “Don’t look back in anger”. La canzone contro i rimpianti divenuta l’inno contro il terrorismo.