Ariete, Giasone e la ricerca del vello d’oro
Dal 21 marzo il sole entra in Ariete. Il segno zodicale di fuoco, governato da Marte, affonda le sue radici nella mitologia greca. Lega in parte la sua storia a Giasone e agli argonauti.
L’eroe greco, le cui gesta furono narrate da Apollonio Rodio (“Le Argonautiche”) e Gaio Valerio Flacco (“Argonautica”), è ancora oggi simbolo di coraggio, di virilità, di forza e intelletto. Figlio del re di Iolco Esone, partì alla ricerca del vello d’oro appartenuto all’ariete Crisomallo che pose in salvo Elle e Frisso. Costoro erano i figli del re di Iolco Atamante e sua moglie Nefele, la quale morì ben presto.
La nuova sposa del sovrano, Ino, suggerì di sacrificare i due bambini a Zeus per allontanare dalla loro terra la carestia. La madre dei pargoli, trasformata in nuvola dagli dei, chiese aiuto ad Ermes. Costui inviò proprio l’ariete dal vello d’oro, il quale una volta caricati i due giovani partì verso il lontano Oriente. Dove nessun greco aveva ancora posato i propri sandali.
Durante il volo Elle precipitò. E il luogo dove cadde fu noto come Ellesponto (oggi stretto dei Dardanelli). Frisso, invece, aggrappandosi proprio al vello riuscì a raggiungere la meta. Arrivò nella Colchide dove fu accolto dal re Eeta. Qui crebbe e sposò la figlia del regnante.
L’ariete invece, che aveva salvato dalle fiamme i bambini, fu sacrificato a Zeus che gli donò l’immortalità tra le stelle. Nacque così la costellazione omonima. Non poteva essere altrimenti. Crisomallo aveva infatti origini divine. Nacque infatti dall’unione di Poseidone, che aveva assunto l’aspetto di un montone, e da Teofane, figlia del re di Tracia, trasformata dallo stesso dio in pecora. Era infatti pretesa da innumerevoli uomini. La divinità delle acque decise allora di rapirla e nasconderla in un’isola deserta. Ma quando i pretendenti cominciarono a cercarla Poseidone decise di trasformarla e accoppiarsi con lei. Da questa unione nacque Crisomallo, l’ariete dal vello d’oro.
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Se l’animale divenne una costellazione diurna, presente nel cielo durante il giorno e quindi invisibile all’occhio umano, il suo mantello fu consacrato ad Ares e custodito da un drago, animale totemico posto da sempre a guardia di qualcosa di prezioso, a cui l’uomo sembrerebbe non essere degno di avvicinarsi. Salvo dimostrare il proprio eroismo. Proprio come accadde a Giasone, il quale tramite l’aiuto di Medea, figlia di Eeta, riuscì nell’impresa assegnatagli dallo zio Pelia, usurpatore del trono di Iolco destinato proprio a lui.
La ricerca del vello d’oro dell’ariete Crisomallo è ancora oggi uno dei classici più apprezzati. Avventure eroiche e mitiche, come i personaggi stessi che presero parte al viaggio. Eracle, Castore e Polluce, Orfeo, Linceo, Peleo, Teseo. Furono gli inventori dell’arte della navigazione. Sconfissero le arpie della Tracia che massacravano il vecchio indovino Fineo. Riuscirono a essere i primi a oltrepassare le rupi Simplegadi, alte rocce senza base che vagavano per il mare urtando tra loro uccidendo chiunque osasse passare di lì.
Ma le vicende di Giasone e del vello d’oro di Crisomallo non furono solo argomento dei classici greci e latini. Anche Dante decise di inserire nella Commedia sia l’eroe che l’ariete. Il comandante della nave Argo fu infatti inserito nel XVIII canto, nell’VIII cerchio, nella I bolgia. Quella dei seduttori. Il fiorentino fece scontare lui l’aver ingannato Medea, seducendola e abbandonandola. L’Alighieri insiste su questo tema, appoggiandosi a quanto scrisse Ovidio. Ma la condanna all’Inferno era accompagnata da una sincera ammirazione per la nobiltà d’animo che dimostrò più volte nella sua vita.
“E ’l buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: «Guarda quel grande che vene,
e per dolor non par lagrime spanda:
quanto aspetto reale ancor ritene!
Quelli è Iasón, che per cuore e per senno
li Colchi del monton privati féne”. (Inferno, XVII, vv. 82-87)